La notte del 16 gennaio 1991, scaduto l'ultimatum, ebbe inizio l'Operazione "Desert Storm".
Il nome preliminare dell'attacco aereo pianificato dagli USA fu Instant Thunder. Tale attacco era diviso in tre fasi distinte ed avrebbe dovuto devastare le forze militari irachene con perdite minime tra i civili:
la più breve doveva essere la prima, che avrebbe utilizzato la "soppressione delle difese" per stabilire il controllo dello spazio aereo iracheno e kuwaitiano, eliminando i radar nemici, tagliando le linee di trasporto utilizzato dall'esercito iracheno e neutralizzando tutte le batterie antiaeree. La prima fase dell'operazione includeva anche il bombardamento di tutte le postazioni di comando militari e dei siti sospettati di contenere armi chimiche;
la seconda fase avrebbe dovuto disabilitare l'esercito iracheno, assieme alle infrastrutture della nazione. Per conseguire questi obiettivi sarebbero stati bombardati i depositi di armi, le raffinerie e altre strutture critiche, rendendo impossibile riparare o costruire gli armamenti. Altri bersagli sarebbero state le infrastrutture civili, come centrali elettriche e linee telefoniche.
la terza e ultima fase avrebbe compreso il combattimento diretto con le forze irachene che, indebolite dalle prime due fasi, non avrebbero fornito molta resistenza.
Il giorno dopo l'ultimatum venne avviata l'operazione Tempesta del Deserto con più di 100 uscite aeree al giorno: i primi bersagli ad essere colpiti furono due postazioni radar da parte di 8 Apache e due Pavelow lungo il confine arabo-iracheno; seguirono gli aeroporti H-2 e H-3 nell'Iraq occidentale che vennero bombardati da uno stormo di 22 F-15 guidati da due F-111 Raven; alle 3, i Raven guidarono 10 F-117 Nighthawk nel bombardamento della capitale Baghdad con la conseguente distruzione diel quartier generale del governo, delle stazioni televisive, delle piste d'aviazione e dei palazzi presidenziali. Vennero utilizzate le bombe intelligenti, i missili da crociera, le bombe a grappolo e le bombe "tagliamargherite". L'Iraq rispose lanciando un totale di 42 missili Scud contro Israele.
L'obiettivo della prima fase fu facilmente ed in breve tempo raggiunto, con la perdita di un solo F/A-18 Hornet. Gli attacchi aerei della coalizione vennero lanciati dalle basi arabe e dalle 6 portaerei presenti nel golfo Persico e nel Mar Rosso. Nel golfo Persico erano presenti la USS Midway (CV 41), la USS John F. Kennedy (CV-67) e la USS Ranger (CV-61) mentre la USS America (CV-66), la USS Theodore Roosevelt (CVN-71) e la USS Saratoga (CV-60) nel mar Rosso.
La prima settimana di operazioni vide poche uscite irachene, che causarono pochi danni. 38 Mig iracheni vennero abbattuti mentre dai 115 ai 140 aerei di Saddam si rifugiarono in Iran, prendendo in contropiede la coalizione che si era preparata con degli aerei suppenendo che i velivoli iracheni si fossero riparati in Giordania. Il 23 l'Iraq versò 400 galloni di petrolio nel gofo Persico, accusando poi la coalizione di aver colpito le petroliere irachene.
La terza fase, la più grande della campagna aerea, si concentrò sulla distruzione degli obiettivi militari tra cui lanciatori di missili Scud, siti contenenti armi, centri di ricerca e forze navali. Un terzo della potenza aerea si concentrò sulle postazioni di Scud. Le centrali elettriche di tutto il paese, le dighe, le stazioni di rifornimento e quelle di trattamento delle acque di scarico vennero colpite e distrutte. Tutti questi bersagli furono localizzati grazie a fotografie aeree utilizzando coordinate GPS in riferimento a quelle dell'ambasciata statunitense a Baghdad.
Nella maggior parte dei casi, gli aerei della coalizione evitarono di colpire edifici civili ma, comunque, alcune volte questo non avvenne causando vittime innocenti.
[Modificato da _Thomas88_ 22/12/2009 14:02]