00 05/11/2011 13:26
Sembrerebbe che il fenomeno dei cerchi del grano abbia subito una battuta d'arresto mediatica, i dati portati dai fautori dell'origine umana sembrano al momento incontrastati, il ricercatore indipendente Sergio Panizza ha analizzato la teoria del fisico olandese Eltjo H. Haselhoff, il quale aveva ipotizzato che delle sfere energetiche creassero i campi di grano.

Qua un'intervista

www.margheritacampaniolo.it/crop05/haselhoff.htm

Ho chiesto al gentilissimo Stefano che ringrazio il permesso (accordato [SM=g8320] di riportare il suo studio su Haselhoff), devo dire che ero da parecchio che vedevo un articolo serio, documentato e critico sui cerchi di grano e sulle Bols.

Haselhoff e le sfere di luce, un'analisi critica

La maggioranza degli studiosi dei cerchi nel grano ritiene che le cosiddette sfere di luce producano su di essi diversi effetti fisici, se non addirittura siano le responsabili della loro formazione.
E questo per due motivi:

- Molti testimoni hanno raccontato di apparenze luminose al di sopra dei pittogrammi



- Eltjo Haselhoff, il noto scienziato olandese, avrebbe dimostrato, calcoli alla mano, come una sfera di energia, posta ad una determinata altezza, possa, in particolare, provocare l’allungamento dei nodi delle piantine sottostanti.



Scienza e testimonianza vanno, allora, a “braccetto” confermandosi a vicenda?

Tutto è, dunque, così semplice?

Direi di no, e per due motivi:

- le sfere luminose sono state segnalate anche in formazioni sicuramente artefatte

- la teoria di Haselhoff sembra non reggere ad un’analisi approfondita.

Se il primo si commenta da se, il secondo, al contrario, merita un esame particolareggiato perché bisogna dimostrarlo con fatti circostanziati.

Cosa dice, in pratica, la teoria di Haselhoff?

Essa è, in buona sostanza, un commento ai lavori di Levengood del 1994, pubblicati sulla rivista scientifica Physiologia Plantarum Journal, nei quali si fa riferimento a diverse presunte anomalie rilevate nei cerchi nel grano, come, ad esempio, quella dell’allungamento dei nodi.



Ma Haselhoff fa, soprattutto, riferimento a quanto scritto da Levengood e Talbott nel 1999, sempre pubblicato da Physiologia Plantarum Journal, e riguardante il fenomeno sopra citato nelle formazioni circolari apparse nel 1993 a Devizes (Inghilterra), nel 1994 a Chehalis nello Stato di Washington (Stati Uniti) e sempre nel 1994 a Sussex (Inghilterra).




Devizes 1993


Chehalis 1994


Sussex 1994

Non considera, invece, la formazione a spirale del 1995 di Beckhampton (Inghilterra) pur sempre studiata dal BLT (acronimo di Burke, Levengood e Talbott).


Beckhampton 1995



Dalle prime tre formazioni sopra citate sembrava che l’allungamento dei nodi fosse correlato alla distanza dal centro del cerchio: nodo più lungo vicino ad esso, nodo più corto lontano da esso.
Questa decrescita progressiva verso l’esterno si accordava con l’idea di un vortice di plasma sospeso sopra il campo, in grado, con il suo spostamento d’aria, di piegare le spighe, mentre, con il suo calore, di allungare i nodi per dilatazione termica dei fluidi cellulari, seguendo la cosiddetta legge di Beer-Lambert.

Questa dice, in pratica, che quando un fascio di luce monocromatica, e con una energia prestabilita, attraversa uno strato di materia con uno spessore ugualmente fissato, si possa conoscere quanta energia residua ne esca dall’altra parte (e di rimando quanto ne venga assorbita dalla materia).



La cosa strana è che il duo Levengood – Talbott non ha mai fatto alcun esperimento per verificare questa teoria, se non quello relativo alla dilatazione dei pori delle pareti cellulari (che non ha, però, un riferimento con il discorso “allungamento nodi”).
Si diceva, poc’anzi, che Haselhoff ha commentato gli scritti della coppia.
Ebbene, mette subito in evidenzia un paio di errori.
Il primo, che la lunghezza dei nodi degli steli non interessati al fenomeno (i campioni di controllo) non poteva essere considerata uguale a zero. Il secondo, che non si era tenuto conto del fatto che l’energia del plasma, nel propagarsi nello spazio, avrebbe perso progressivamente ed inevitabilmente potenza.
Poi, pensa di utilizzare i dati pubblicati per proporre una sua personale teoria.
Per far questo integra gli studi di Levengood e Talbott analizzando il cerchio falso di Nieuwerkerk, citato nel suo libro La natura complessa dei cerchi nel grano del 2001 (stesso anno dell’edizione originale) con il nome di Dreischer.





Le sue conclusioni sono rintracciabili in Physiologia Plantarum Journal del gennaio 2001.



Successivamente pubblica altri articoli, ma non più su riviste scientifiche, a seguito degli studi sui tre cerchi apparsi a Hoeven (a volte citato con il nome di Noord-Badant).
Si può, allora, dire questo: mentre l’allungamento progressivo dei nodi partendo dal centro è dovuto, per il gruppo BLT ad una sorta di vortice di plasma, per Haselhoff, che ha ripreso, puntualizzato e dato una vernice matematica al concetto, è causato, invece, da una sorgente puntiforme o sferica di energia.




Egli sostiene in parole semplici, ed al di la di formule matematiche che si rifanno comunque al famoso teorema di Pitagora “l’area del quadrato costruito sull’ipotenusa è uguale alla somma delle aree dei quadrati costruiti sui cateti”, che la sfera, posta ad una determinata altezza su un campo di cereali, sia la responsabile dell’allungamento dei nodi delle spighe sottostanti. Tanto più esse sono lontane dalla verticale della sfera, tanto minore sarà l’effetto dei nodi, secondo una ben precisa rispondenza matematica.





Questa suggerisce che l’intensità delle radiazioni diminuisca proporzionalmente al quadrato della distanza. Come lui scrive “In altre parole: allontanandosi di una distanza doppia, l’intensità delle radiazioni diminuisce di quattro volte, mentre allontanandosi di una distanza tripla, essa diminuisce di nove volte, e così via.”



Essendo gli articoli di Levengood e Talbott, e poi di Haselhoff, pubblicati in Physiologia Plantarum Journal, nel 2004 il Cicap pensa, per controbattere, di inviare la sua “risposta” alla medesima rivista.
Riceve, però, e a sorpresa, una mail di diniego:
“After serious consideration I believe that to "continue this discussion", when clearly from the citation record there is not a scientific discussion in progress, only gives gives it substance and credibility it does not merit. I can therefore not accept your manuscript for publication in our journal.”
Che tradotto recita:
“Dopo un serio esame credo che a continuare questa discussione, quando è evidente che non vi è nessuna discussione scientifica in corso, si da solo sostanza e credibilità ad una cosa che non merita. Non posso quindi accettare il manoscritto per la pubblicazione sulla nostra rivista.”
Ma il Cicap non si da per vinto e spedisce l’articolo al Journal of Scientific Exploration, che lo pubblica nel 2005.



Tra parentesi, sullo stesso giornale e nel 1995, Levengood e Burke hanno pubblicato i loro studi sul ritrovamento di ferro meteorico in un cerchio inglese del 1993.
Bene, leggendo con pazienza le quattro pubblicazioni scientifiche, il libro di Haselhoff e consultando altre fonti, la teoria dello scienziato olandese mi ha lasciato piuttosto perplesso.
Vediamo il perché.

1) Il modello fisico presentato è incompleto perché non prende in considerazioni alcune importanti variabili. Ad esempio non si fa cenno al fatto che l’aria assorba inevitabilmente l’energia che viene diretta verso il suolo (lui sostiene, in realtà, che il particolare è trascurabile), non si valuta l’angolo di incidenza della radiazione rispetto ai nodi e si considera che le varie spighe siano fra di loro come “trasparenti” , senza cioè che ostacolino o riflettano la radiazione. Non si parla poi di durata, frequenza ed intensità della presunta radiazione. In poche parole il modello prende in considerazione una situazione non realistica.

2) L’espansione termica dei liquidi cellulari non è giustificata in un modo fisicamente accettabile.
Il problema è, infatti, questo: se il riscaldamento prodotto dalla sorgente energetica non è sufficiente a trasformare i liquidi in vapore allora non ha neppure abbastanza “forza” per giustificare gli allungamenti misurati nei nodi. Qualora invece lo fosse, le piantine morirebbero bruciacchiate. Di questo se ne deve essere accorto anche Levengood che, in un suo esperimento, mise le spighe in un forno a microonde, ma non disse mai né che le piante erano sopravvissute né che i nodi si erano allungati.

3) Haselhoff non ha mai testato il modello termico ipotizzato. A questo punto, però, vorrei fare una precisazione. Si legge spesso che la scienza non accetti di investigare i fenomeni che non siano riproducibili in laboratorio. In realtà non è così. Mi viene in mente la teoria del Big Bang, mica si può riprodurre dentro un ufficio, eppure essa ha la sua patente di scientificità. Questo perché nei suoi contenuti prevede che si debbano manifestare ed osservare determinati effetti. Ad esempio se le galassie si stanno davvero allontanando da un’esplosione iniziale (cioè il Big Bang), allora l’analisi del loro spettro luminoso deve mostrare quello che tecnicamente si chiama uno “spostamento verso il rosso”. Così come deve trovarsi una qualche traccia residua dell'immane botto primordiale. Entrambe le cose sono stato poi effettivamente rilevate.



Ritornando alla teoria di Haselhoff, la parte sperimentale manca e quella previsionale, come visto e come vedremo, è lacunosa e non trova riscontri.

4)I campioni analizzati non sono statisticamente significativi. I cerchi analizzati direttamente sono solo due, oltre ai tre ripresi dagli studi del BLT.

5)Ad un esame dei dati ci si rende conto di alcune cose perlomeno curiose. Campionature che sfortunati incidenti hanno mescolato ma ugualmente rese note. Deprecabili disguidi hanno, poi, fatto pubblicare per il medesimo cerchio due grafici diversi, uno nell’articolo, l’altro nel libro. Ed appare singolare che questi “incidenti” siano usciti solo a seguito di indagini di alcuni ricercatori.
Prendiamo, per spigare meglio, il cerchio falso di Nieuwerkek del 1997 (con questo nome è citato nell’articolo, con quello di Dreischor nel libro).



Si scopre che i grafici pubblicati sono diversi perché mentre per l’articolo ha usato il set denominato A



per il libro il set denominato B.



Sfido chiunque a non aver pensato, di fronte a nomi diversi e grafici diversi, che si trattasse di due cerchi differenti con ovvie campionature differenti. In realtà, e la cosa a mio avviso ha dell’incredibile, il cerchio era il medesimo, ma le campionature diverse perché, nonostante un incidente avesse rovinato i dati del set B, questi erano stati ugualmente pubblicati al posto del set A (visibili nell’articolo). Insomma, Haselhoff voleva pubblicare il set A, ma ha pubblicato per sbaglio il set B e per giunta rovinato. Trovo strano che la storia non sia uscita per spontanea ammissione di Haselhoff ma solo a seguito di una precisa domanda nel forum it.discussione.misteri dove si può leggere testualmente:
“e sai cosa ti dico: hai ragione! :-) Il grafico nel
libro sembra quello sbagliato. Dimostra la striscia "b", non quella "a".
Grazie per averlo notato. Se facciamo una ristampa del libro, lo farò
sostituire”.

6) Haselhoff sembra fare una selezione ingiustificata delle campionature. Un esempio ne è il cerchio di Hoeven (o Noord-Badant).



Tutto nasce dalla testimonianza di un tale Robbert vd Broeke (presunto medium e famoso per le sue foto taroccate di alieni ) che nella notte del 7 giugno del 1999 vede una luce sopra un campo di grano e poco dopo il formarsi di un cerchio. Nei giorni successivi i cerchi diventano ben tre, due più grandi rispetto ad un terzo.



Haselhoff preleva sul posto 25 campioni di piante (ciascuno di circa 25 spighe) da ognuno dei 2 cerchi maggiori (“tracce” A-B-C e D-E-F), due dal cerchio piccolo (“traccia” G) e nove lontani dai tre cerchi come campioni di controllo.



Il diagramma di campionamento (in pratica dove sono stati prelevati i campioni), mostrato nel libro, riguarda solo i due cerchi maggiori e le tracce A-.B-C-D-E-F, e non il cerchio piccolo (traccia G) ne i campioni di controllo al di fuori dei cerchi.
Per quanto riguarda la lunghezza dei nodi, mostra i dati relativi solo per le tracce A-B-C.
Perché mancano quelli delle altre tracce?
Propone poi un’indagine statistica per giustificare il modello della sfera di luce dei dati della sola traccia B.
Come Mai?

7) La scelta dei campioni di “controllo” e di “non controllo” non segue sempre la stessa regola.
In generale considera che piante erette molto lontane dalle formazioni siano valutate come non toccate dal fenomeno e quindi prese come campione di controllo. Al contrario le piante schiacciate dentro i cerchi considerate “affette”.



In realtà a volte anche piante erette raccolte al di fuori dei cerchi sono considerate “affette” e cioè non dei campioni di controllo.
Ne sono un esempio i casi delle formazioni del Sussex, dove sono state raccolte spighe a 6 e 14 metri dal bordo del cerchio, e del Devizes, prelevate a 30 centimetri.
Come mai queste regole diverse? Detto in altre parole, non si capisce quando un campione possa essere di “controllo” o “non controllo”. Con pochi campioni e ambigue regole credo che diventi difficile tirare conclusioni attendibili.

8)Haselhoff non spiega come mai siano stati esclusi nel calcolo statistico le spighe centrali nelle formazioni del Sussex e Chehalis, proprio quelle più vicine alla fonte di radiazione e che quindi dovevano risentirne gli effetti maggiori.

9)I dati “scomodi” ai fini della teoria sembra non siano considerati. È il caso della sopra citata formazione di Beckhampton, pur studiata e dettagliatamente descritta da Levengood e Talbott, e ai cui lavori Haselhoff si rifà esplicitamente. Probabilmente perché la sua forma a spirale, e cioè diversa dal semplice cerchio, non ha modo di essere giustificata. Infatti l’allungamento dei nodi non sembra correlato alla distanza dal punto centrale del cerchio.



10) Non spiega come una sfera di luce possa piegare le spighe. A dire il vero non scrive che sia essa a farlo, ma nonostante questo, è convinzione di molti del contrario.

11) Non fa ipotesi sulla natura dell’energia della sorgente puntiforme, limitandosi ad una non ben definita miscela di infrarossi e radiazioni ionizzanti.

12) La sua teoria si interessa solo dei semplici cerchi e non dei pittogrammi, cioè delle figure più complesse, perché in questi casi la sfera, che non può rimanere fissa in un unico punto ma si deve muovere, fa cadere la regola dell’allungamento decrescente dei nodi.

13) Haselhoff considera inizialmente i suoi studi come un semplice punto di partenza, affatto conclusivo. Questo, almeno, è quanto scrive nella pubblicazione scientifica Physiologia Plantarum Journal del 2001. Credo perché, in pratica, non avesse trovato nulla di sostanzialmente significativo. A dire il vero, in campo scientifico, ciò significa, però, che non vi sono risultati. Comunque, nonostante questo approccio prudenziale, successivamente, e nella sostanza, valuta la sua teoria ben più di una annacquata ipotesi iniziale. Basta leggere quanto scrive nel suo libro La natura complessa dei cerchi nel grano, dove si può trovare:
“Ciò non è più soltanto un’ipotesi (n.d.a. cioè quella del coinvolgimento delle sfere di luce), ma un fatto riconosciuto e scientificamente provato e rimarrà tale finché qualcun altro non presenterà una spiegazione alternativa che giustifichi la simmetria circolare dell’allungamento dei nodi, o dimostri come l’analisi fosse sbagliata.”
A far cambiar idea è stata l’analisi del solo cerchio di Hoeven (non citata nel suo articolo) cioè quello della selezione ingiustificata dei dati …?

A questo punto che conclusioni si possono trarre?
La teoria di Haselhoff non sembra reggere ad un’analisi critica e puntuale. E quando si parla di scienza l’approccio non può che essere di questa fattura.
Innanzitutto, il modello prodotto, mai testato, non tiene conto di troppe variabili ambientali, non spiega l’espansione termica, non mostra come si piegano le spighe, non chiarisce di che tipo è l’energia coinvolta e non può essere applicato a formazioni complesse.
E poi non si comprende con quali regole vengano scelte le campionature, come mai vengano esclusi dati ed altri compresi e c’è confusione nei dati pubblicati.
Haselhoff cerca un riconoscimento in casa della scienza ma senza attenersi alle regole del “padrone di casa”. Egli ha scelto una strada, mi sento di dire una delle strade, per poter comprendere il fenomeno. Ma i mezzi cognitivi possono essere diversi, non può sicuramente la “fredda” scienza dare ragione a 360° del mondo che ci circonda. Se però decidi di usare questo strumento devi anche adeguarti ai suoi meccanismi.
Tutto da buttare, allora?
Forse no, perché, comunque, sembra esserci una irregolare, incerta tendenza di fondo all’allungamento dei nodi verso l’interno del cerchio.
Essa da l’idea di non seguire regole precise, di sfuggire a qualunque inquadramento, pare farsi beffe di numeri e regole.
Ma sembra esserci.
Ora si tratta di dare un senso a tutto questo.
Sposando la teoria che i cerchi siano dei semplici artefatti, mi viene in mente che, girare attorno ad un cerchio a distanze sempre maggiori dal suo centro, implica una velocità diversa di camminamento, questo perché chi è all’esterno deve compiere un tragitto più lungo rispetto a chi è nel mezzo. Velocità maggiore significa anche meno tempo di “sosta” sulla piantina.
E meno sosta significa meno schiacciamento e meno schiacciamento vuol dire che essa deve fare meno fatica per “allungarsi” verso la luce. Quindi la lunghezza dei suoi nodi potrebbe essere minore.
E rimanendo sempre in un ambito razionale val la pena di sottolineare come quest’ultima sia influenzata da una serie quasi infinita di fattori (vento, umidità, terreno, tipo di pianta, irraggiamento solare, entità dello schiacciamento della pianta etc) e che, di conseguenza, diventa difficile capire quando un allungamento sia “normale” o “non normale”.
Andando invece alla ricerca di un’interpretazione eretica, si può ipotizzare che le sfere di luce possano si essere coinvolte in tutta la faccenda ma in un modo, al momento, totalmente incomprensibile. Questo sia per la loro natura completamente sconosciuta, sia per i conseguenti effetti biologici anticonvenzionali. In pratica, al momento, la scienza non sarebbe in grado di inquadrare la vicenda con le sue regole tradizionali (e la storia di Haselhoff potrebbe esserne un esempio).
Al momento non credo, comunque, che il fenomeno dell’allungamento progressivo dei nodi, se davvero esiste, sia di facile soluzione.
Rimangono, però, aperti altri due interrogativi ai quali il presente articolo non da una risposta:

- se i lavori di Levengood, Talbott e Haselhoff non sono scientificamente consistenti, come mai sono stati pubblicati in riviste scientifiche?

- se le sfere di luce non sono responsabili né della creazione né degli effetti sulle formazioni (come credo), cosa ci fanno sui campi di grano? Naturalmente la presenza di sfere sopra un cerchio artefatto, di per se, non prova nulla. Si tratta, però, di percorrere strade alternative che diano giustificazione del loro manifestarsi, esentandole, al contempo, da un coinvolgimento di causa – effetto come oggi comunemente si crede.
Seguiranno articoli esplicativi.

Stefano Panizza

Bibliografia e sitografia:

www.ecn.org/cunfi/Levengood1994.pdf
www.ecn.org/cunfi/LevengoodandTalbott1999.pdf
www.ecn.org/cunfi/Haselhoff.pdf
www.cicap.org/crops/en/jse_19_2_159-170_2005.pdf
www.cicap.org/crops/008.htm
www.bltresearch.com/
tinyurl.com/lesod
www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=2466&com_mode=thread&com_order=1&com_id=104967&com_rooti...
www.cicap.org/crops/en/013.htm
www.wikipedia.org
La natura complessa dei cerchi nel grano – Eltjo H.Haselhoff – Natrix

Fonte articolo

ilgiornaledeicerchinelgrano.myblog.it/archive/2011/10/20/haselhoff-e-le-sfere-di-luce-un-analisi-crit...