00 19/10/2014 23:35
Un articolo di Wired da spaccarsi le mascelle sul congresso internazionale di Ufologia dove sono stati introdotti i protocolli per il contatto. Redatti non si capisce bene da chi [SM=g3061177]

www.wired.it/attualita/politica/2014/10/19/diritto-extraterrestre-se-arrivano-gli-alien...


Sabato 12 ottobre a Roma i lavori del Convegno Internazionale di Ufologia sono iniziati alle 9. Ma tra una cosa e l’altra – bar, benzina, strade perdute, le lungaggini di Peppe Fiore (che ritardava ripetendo: «tanto lo Spazio mica se ne va!») – arriviamo all’alba di mezzogiorno.

Entrambi accompagniamo Francesco Lettieri, impegnato nella realizzazione di un documentario sull’Ignoto, l’unico della nostra delegazione a riporre interesse nel simposio.

All’ingresso di Villa Maria, nel quartiere Monteverde, veniamo accolti da un’infermiera. Comincio a sospettare che si tratti di uno psicodramma («sì certo, il convegno, gli UFO… venga venga, tutti i suoi amici la stanno aspettando…»). Poi l’infermiera entra in cucina, rivelandosi una cuoca, e per un attimo mi vergogno della mia malignità.

In quel momento nella sala congressi, davanti a una quarantina di persone (probabile picco assoluto di affluenza), tramontava la relazione di un anziano ufologo francese, Gildas Bourdais, a proposito del “rapporto COMETA” (acronimo di COMité d’ÉTudes Approfondies, l’associazione che l’ha redatto). M’è parso si trattasse di una silloge di avvistamenti transalpini, per lo più rappresentati da disegni fatti a mano, ma non posso esserne sicuro.

La relazione successiva non dico che sarei andato a sentirla anche se non avessi dovuto accompagnare Lettieri, perché direi una cosa falsa, ma ammetto che mi ha interessato più di tutto il resto.

Paolo Guizzardi e Roberto Pinotti (presidente emerito del Centro Ufologico Nazionale (CUN) e autore di una bibliografia sterminata in tema di UFO) presentano i “Protocolli per il conseguimento del Contatto iniziale con Extraterrestri già presenti sul pianeta Terra” (qui il testo completo), cioè «il primo documento di burocrazia contattistica» mai realizzato.

“Burocrazia”, nella retorica guizzardo-pinottiana, sembra una deminutio auto-ironica per dire che la riflessione ufologica si è imbattuta in alcune questioni (tipo: in caso di contatto, quali autorità umane dovrebbero trattare con gli alieni? Autorità religiose? Politiche? La NATO? E con quale livello di trasparenza?) che incrociano tematiche giuridiche classiche (la rappresentanza, l’indipendenza dell’ordine civile da quello religioso, la gestione dello “stato di necessità”, la partecipazione) e ha abbozzato una risposta giuridica “dal basso”.

Un approccio che pare assecondare, manco troppo involontariamente, lo spirito di questi tempi in cui il diritto e la politica, sempre meno statocentrici, normativisti e verticali, sono disposti in vari campi ad affidare alla società civile transnazionale, e in particolare alle varie “comunità” di operatori di settore (studiosi inclusi), la produzione di regole (soft law) plasmate sulle istanze e sugli usi e che emergono di volta in volta dalla vita vissuta.

I Protocolli si presentano perciò come un elenco di operazioni che il CUN consiglia di eseguire per stabilire, quando sarà il momento, un ottimale “primo contatto” tra genere umano e alieni sulla Terra.

Per risultare “ottimale”, il contatto dovrebbe essere non soltanto “aperto” – nel senso che tutto il mondo dovrebbe esserne informato – ma anche “ufficiale”, intendendo con ciò che gli alieni, secondo il CUN, verranno sulla Terra in rappresentanza dell’intera loro specie, e dunque vorranno trattare non con singoli Stati o aggregazioni di Stati terrestri (tipo l’Unione Europea), ma con una sorta di amministratore di condominio dell’intera umanità.

A chi toccheranno i panni del corifeo, nella tragedia dell’umanità da inscenare di fronte al visitatore alieno? «Vedremo», è la risposta del CUN, che rimette la decisione ai destinatari dei Protocolli.

Questi ultimi non sono ovviamente gli alieni – che potrebbero non essere disposti a sottostare a una regolamentazione giuridica umana, né conoscere, o voler conoscere, o poter conoscere il concetto di diritto quale modalità di gestione delle dinamiche interpersonali – e nemmeno i singoli governi, né soprattutto i loro enti militari e di intelligence, i quali hanno «finalità e modus operandi […] antiteticamente incompatibili con le finalità di questo Progetto». Al contrario, i destinatari sono le organizzazioni internazionali, statali o private, che possano garantire l’approccio “mondialista” necessario al contatto con gli alieni.

Ora, se la storia dell’uomo – che in fondo è l’unica che conosciamo, e nemmeno troppo bene – può insegnarci qualcosa, ci insegna che mai un esploratore è approdato su terre sconosciute in virtù di un mandato dell’intera sua specie.

Al contrario, le grandi esplorazioni hanno sempre assunto la forma di operazioni politiche, i cui elevati costi sono sempre stati sostenuti da specifici sovrani per interessi singolari.

È per questo che Cristoforo Colombo, Vasco da Gama, persino Neil Armstrong (che sulla luna ci andò a piantare una bandiera degli USA a supremo scorno del nemico sovietico) hanno rivendicato ai propri mandanti il dominio delle nuove terre.

Se volessimo proiettare sui non-umani gli schemi storicamente consolidati dell’esperienza umana (procedimento peraltro anch’esso discutibile, ma lecito), a me umilmente pare che la cosa più probabile, in caso di contatto, sia che l’alieno arrivi sulla Terra come il generale Graziani arrivò in Etiopia, per rivendicare il nostro pianeta al dominio del proprio Stato (o fazione, o gruppo sociale, o quello che è) esattamente come faremmo noi al suo posto.

Presumere che invece gli alieni («ma alieni è una parola che non mi piace», diceva uno dei relatori, «preferisco extraterrestri») debbano venire sulla Terra in pace, in rappresentanza dell’intera loro specie e nel rispetto della biodiversità cosmica, mi sembra del tutto arbitrario.

Questo perché l’unica inferenza logica non arbitraria che potremmo operare dall’eventuale sbarco degli E.T. sarebbe la loro superiorità tecnologica rispetto a noi umani, tale da consentirgli appunto i viaggi intergalattici.

Ma nessuno ci assicura che:

- alla superiorità scientifica debba conseguire anche una superiorità morale e politica. Gli jihadisti dell’ISIS, ad esempio, maneggiano tecnologie belliche e informatiche tra le più avanzate al mondo, ma sono socialmente fermi a un millennio fa;

- l’eventuale avanzamento morale e politico conduca necessariamente al pacifismo e al rispetto della vita umana. In fondo la battuta paradossale del Prof. Farnsworth di Futurama, secondo cui «non esiste alcuna prova scientifica dell’importanza della vita», nasconde una verità profonda (cioè che morale e scienza non vanno per forza di pari passo).

I relatori del CUN, sorvolando su tutto questo, passano poi a illustrare le principali regole di contatto proposte nei Protocolli, mentre Peppe Fiore e altri tre soggetti in platea danno evidenti (ma ingiustificati) segni d’abbiocco.

Innanzi tutto, secondo il CUN, in caso di contatto noi umani non ci dovremmo “sbracare” né accogliere gli alieni come dei. Ma ciò presuppone che gli alieni non siano effettivamente delle divinità. E se invece lo fossero? Se fossero molto simili agli Elohim, i creatori dell’umanità di cui parla la il culto raeliano? Chi potrebbe impedire – e perché, poi?! – di trattarli come dei?

Inoltre, i Protocolli individuano, come possibili rischi nella gestione del primo contatto, che:

a) dagli alieni non provenga alcuna risposta (l’incomunicabilità gorgiana cosmica);

b) il contatto scateni nei popoli della terra uno shock culturale (ma rispetto a quale “normalità” dovrebbe misurarsi l’entità dello shock? E chi potrebbe dirsi depositario di tale “normalità” al punto da incaricarsi di fare informazione agli altri su un fenomeno totalmente sconosciuto?);

c) prevalgano i fanatismi e i fondamentalismi religiosi (rimedio proposto dal CUN: altra idonea campagna informativa. Sarebbe bello implementarla fin da adesso);

d) venga «spalancata la porta al nemico». Dalla relazione non ho capito chi sia il nemico: se la civiltà aliena (casomai si dimostrasse aggressiva) oppure i militari e l’intelligence Comunque, ha detto un relatore che «la natura intrinsecamente aperta e ufficiale del contatto basta da sola a mantenere lontani i malintenzionati, perché non farebbero le loro malefatte davanti agli occhi del pubblico». Ora, se i “nemici” sono i Governi (gli unici che potrebbero spaventarsi dell’opinione pubblica), non mi pare il caso, davanti agli alieni, di additare preconcettualmente i nostri politici come i cattivi (che fine farebbe l’unità di intenti della specie umana?); se invece il nemico è l’alieno, forse dell’opinione pubblica terrestre non gliene può fregare di meno.

La giornata si è conclusa in trattoria, a rimuginare con Lettieri e Fiore su quanto sentito. I due insistono che se gli alieni davvero possono viaggiare in tutto il creato, è difficile che finiscano sulla Terra («che è un po’ la Borgata Finocchio dell’Universo», dice lo scrittore).

Io mi pongo invece una domanda sul rapporto tra diritto e vita.

Tutti dicono che il diritto dovrebbe regolare l’esistente, assecondandolo e, se del caso, modificandolo. Un grande giurista, a questo proposito, diceva che «il legislatore può far tutto, fuorché cambiare l’uomo in donna», ma da quando è stata approvata la legge 164/1982 sulla riassegnazione del sesso anche quel limite è caduto.

Una cosa però forse il legislatore non può ancora farla, e cioè modificare la vita fino al punto da rendere esistente qualcosa che ancora non esiste.