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Apocalisse dietro l' angolo? Forse abbiamo superato i limiti dello sviluppo

Ultimo Aggiornamento: 01/06/2012 20:38
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01/06/2012 20:38

La storia della fine del mondo prevista dai Maya è una bufala, ma alcuni ricercatori ritengono che la simulazione che 40 anni fa previde un collasso socioeconomico e una brusca riduzione della popolazione umana entro questo secolo potrebbe aver colto nel segno



Ricordate in che modo Vil Coyote, nella sua ossessiva caccia a Beep Beep, cade in fondo al canyon? Lo sventurato predatore corre oltre il limite del baratro, si ferma a mezz'aria come solo un personaggio dei cartoni animati può fare, guarda sotto di sé spalancando gli occhi in un barlume di recuperata lucidità e precipita verso il suolo, alzando una nube di polvere.

Circa 40 anni fa, un modello computerizzato elaborato al Massachusetts Institute of Technology, chiamato World3, avvertì che un simile destino aspettava la civilizzazione umana nel XXI secolo. Il libro I limiti dello sviluppo, uscito nel 1972, che scatenò un aspro dibattito, spiegava quei risultati: i ricercatori sostenevano che il sistema industriale globale avesse un'inerzia tale da non riuscire a correggersi in corsa in risposta ai segnali dello stress planetario. A meno che la crescita economica non si fosse fermata prima di raggiungere l'apice, sottolineavano gli autori, la società era destinata a passare il segno e precipare, con miliardi di possibili vittime.

Non guardate giù, ma siamo a mezz'aria – afferma adesso un nuovo libro. In 2052: A Global Forecast for the Next Forty Years (Chelsea Green Publishing), Jorgen Randers della BI Norwegian Business School di Oslo, uno degli autori della simulazione World3, sostiene che la seconda metà del XXI secolo ci porterà vicino all'apocalisse, sotto forma di un grave riscaldamento globale. Dennis Meadows, professore emerito di politiche dei sistemi all'Università del New Hampshire che guidò il gruppo originario del MIT e che ha rivisto World3 nel 1994 e nel 2004, ha una visione ancora più pessimistica. Il programma degli anni settanta produsse una gamma di scenari, in alcuni dei quali l'umanità imparava a gestire la produzione e la popolazione per vivere entro i limiti planetari (definiti come i limiti dello sviluppo). Meadows

sostiene che le opzioni sostenibili non sono più disponibili perché l'umanità non è riuscita ad agire tenendo conto di questi limiti.

Confronto tra gli scenari previsti dal libro "I limiti dello sviluppo" e i dati reali raccolti negli ultimi anni (cortesia PBL Netherlands Environmental Assessment Agency)Al contrario, gli ultimi dati globali stanno tratteggiando uno degli scenari più allarmanti, in cui queste variabili aumentano costantemente fino a raggiungere un picco e poi diminuiscono bruscamente in un processo definito collasso. In effetti, “si possono scorgere i segni del collasso già in atto”, spiega. “La quantità di cibo pro capite sta scendendo, l'energia va scarseggiando e le riserve di acqua nelle falde si vanno esaurendo”. Ma l'elemento più preoccupante, sottolinea, è che i gas serra vengono emessi a un ritmo doppio rispetto a quello di assorbimento di oceani e foreste. Mentre nel 1972 gli esseri umani usavano l'85 per cento della capacità rigenerativa della biosfera per supportare attività economiche come produrre cibo e altri beni e assorbire gli inquinanti, il valore è attualmente del 150 per cento, e aumenta.

Le idee di Randers somigliano molto da vicino allo scenario di World3, in cui l'efficienza energetica previene i peggiori effetti del cambiamento climatico solo fino al 2050. Per i pochi decenni a venire, Randers prevede che la Terra andrà avanti più o meno come ha fatto finora. Le economie ricche continueranno a crescere, benché più lentamente perché occorrerà distogliere investimenti per gestire l'impoverimento delle risorse e i problemi ambientali, che perciò lasceranno meno capitali per produrre beni per il consumo.

La produzione di cibo migliorerà: l'incremento della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera farà sì che le piante crescano più velocemente, e il riscaldamento consentirà di coltivare nuove aree, come la Siberia. La popolazione crescerà fino a un massimo di circa otto miliardi entro il 2040.

© Ton Koene/Visuals Unlimited/CorbisAlla fine, tuttavia, alluvioni e desertificazioni prenderanno il sopravvento, riducendo le aree coltivate e con ciò la disponibilità di grano. Nonostante gli sforzi umani per mitigare il cambiamento climatico, Randers prevede che i suoi effetti diventaranno devastanti dopo la metà del secolo, quando il riscaldamento globale s'intensificherà, per esempio, innescando incendi che trasformeranno le foreste in aree che emettono carbonio invece di assorbirlo. “Molto probabilmente, scoppierà una guerra prima di arrivare a quel punto”, aggiunge Randers, che si aspetta che la migrazione di massa da zone diventate invivibili porterà a conflitti armati localizzati.

Graham Turner, della Commonwealth Scientific and Industrial Research Organization australiana, teme invece che il collasso possa avvenire anche prima, ma a causa del picco del petrolio anziché del cambiamento climatico. Dopo aver confrontato i vari scenari generati da World3 con dati recenti su popolazione, produzione industriale e altre variabili, Turner e, separatamente, la PBL Netherlands Environmental Assessment Agency, concludono che il sistema globale sta fedelmente seguendo una curva di sviluppo senza cambiamenti rispetto al passato. In questo modello, l'economia continua a crescere come atteso fino a circa il 2015, per poi vacillare a causa del fatto che le fonti non rinnovabili cominciano a diventare più costose da estrarre.

“Non si tratta dell'esaurimento di qualcuna di queste risorse”, spiega Turner. “È che andando alla ricerca di fonti non convenzionali, per esempio nel fondo degli oceani, occorrerà molta più energia per estrarre ogni singola unità di energia.” Per mantenere la fornitura di petrolio, il modello prevede che la società distoglierà investimenti dall'agricoltura, causando una caduta della produzione di cibo. In questo scenario, la popolazione raggiungerà un picco, tra sette e otto miliardi, intorno al 2030 per poi diminuire bruscamente, raggiungendo infine i quattro miliardi entro il 2100.

Fonte: www.scientificamerican.com/article.cfm?id=apocalypse-soon-has-civilization-passed-the-environmental-point-of-n...
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