La sonda statunitense
Phoenix ha rilevato la caduta di
neve su Marte, osservazione senza precedenti per il Pianeta Rosso: ora gli scienziati analizzeranno i dati per stabilire se la neve, originatasi a 4mila metri di altezza, abbia raggiunto il suolo o se, come sembrerebbe più probabile, sia evaporata prima di toccare terra.
In precedenza
Phoenix aveva trovato la conferma della presenza di ghiaccio nel sottosuolo, a circa cinque centimetri di profondità, nelle vicinanze del suo punto di atterraggio nel polo nord del Pianeta Rosso.
Le
missioni fin qui lanciate verso Marte hanno finalmente accertato che l'ipotesi dei geologi, ovvero che il Pianeta Rosso abbia in passato ospitato degli oceani, è corretta: rimane appunto da vedere se tale situazione sia durata abbastanza a lungo da permettere lo sviluppo di
forme di vita unicellulari, che potrebbero avere lasciato delle tracce fossili.
La massa del pianeta è infatti troppo esigua per trattenere un'atmosfera significativa, e temperatura e pressione atmosferica sono dunque attualmente troppo basse per permettere la formazione di
H2O in forma liquida alla superficie (il ghiaccio è possibile, ma sublima direttamente in vapore di ghiaccio, rilevato dalle sonde orbitanti). E' tuttavia possibile che sotto la superficie, dove pressione e temperatura sono maggiori, possano essere rimaste delle sacche di acqua in grado di aver conservato anche
forme di vita elementari.
La Nasa ha annunciato che la missione della sonda
Phoenix sarà prolungata di altri due mesi rispetto ai tre inizialmente previsti. Gli esperimenti, iniziati dopo l'
atterraggio della sonda il 25 maggio scorso, proseguiranno dunque fino alla fine di settembre, con un costo aggiuntivo di 2 milioni di dollari sui 420 spesi finora per la missione. Le "batterie" di Phoenix però non le consentiranno di andare oltre la fine dell'anno, non avendo sufficiente corrente per superare l'inverno marziano. (Apcom)