Bergamo, 9 ottobre 2007 - “Star Trek”, forse la serie di telefilm di fantascienza più popolare, ha avuto il merito di rendere noto al grande pubblico il teletrasporto: Kirk, Spook e compagni potevano essere trasportati a grandi distanze in modo praticamente istantaneo e soprattutto senza dover utilizzare alcun mezzo di trasporto fisico. Ma cosè è in realtà il teletrasporto? Ed è destinato a rimanere un sogno confinato ai limiti della fantascienza? A questi interrogativi ha risposto
Samuel Braunstein, giovane professore di Computer Science all’Universit` inglese di York, relatore a Bergamoscienza in un’affollata conferenza. Il teletrasporto è una sorta di trasporto incorporeo: un computer analizza l’oggetto da trasferire, ne crea una mappa digitalizzata, la salva e quindi la trasmette ad un punto di arrivo riassemblandola. Per certi aspetti noi sperimentiamo già diverse forme di teletrasporto nella nostra vita quotidiana: telefono, fax, tv, web sono forme di trasporto a distanza di onde sonore, elettricità, immagini che vengono catturate, copiate e poi “sparate” nello spazio in qualche forma incorporea. In questi casi naturalmente l’originale rimane e si trasmette solo una copia. Ma sarà mai possibile trasmettere l’originale? E se volessimo poi passare da oggetti molto semplici, come un fascio di luce o una particella atomica, al corpo umano quali problemi ostacolerebbero il teletrasporto? Il primo scoglio è teorico: il principio di indeterminazione di Heisenberg. Per trasportare un corpo occorre sapere con la massima precisione non solo com’è, ma anche dov’è e a quale velocità si sta muovendo, mentre gli atomi che compongono un corpo a temperatura ambiente hanno un’oscillazione ordinaria: ovviamente io non posso copiare ciò che non posso misurare. Ma, anche superato questo primo ostacolo, un problema molto più pratico arriva da una domanda all’apparenza banale: quanto “pesa” l’informazione totale di un corpo umano? Se volessimo rendere visibile in cd rom l’intero corpo di un essere umano con un’accettabile risoluzione tridimensionale avremmo bisogno di una quantità di dischi argentati pari ad un cubo di 1000 km di lato; ma, al di là dei problemi di stoccaggio di una simile mole di dati, una fibra ottica attuale impiegherebbe centinaia di milioni di anni a trasmetterla. “Infine poi”, aggiunge Braunstein, “rimane aperto il problema dell’originale. E’ necessario distruggerlo oppure è possibile conservarlo? Ma allora ci sarebbero due “io”: chi di loro dovrebbe pagare le tasse? E, soprattutto, sarà mai possibile “copiare” l’anima? Se quindi il teletrasporto di un uomo è destinato a rimanere una lontana e forse non raggiungibile prospettiva, fin dal 1998 gli scienziati sono invece riusciti a teletrasportare particolari sistemi complessi grazie alla meccanica quantistica e la quantum computation. Si tratta dell’applicazione di un fenomeno, che va al di là della fisica classica, per cui un fotone pur essere nello stesso momento in due posti diversi. Da una parte la meccanica quantistica ci permette di superare lo scoglio del principio di indeterminazione perchè permette di misurare senza interferenza. Dall’altra la quantum computation aumenta enormemente la nostra capacità di informazione: infatti se l’informazione classica viene processata grazie ad una combinazione binaria, per cui il Bit o è 0 o è 1, con l’informazione quantistica abbiamo un parallelismo nel processare l’informazione per cui l’unità informativa Qubit è nello stesso tempo 0, 1 e tutto ciè che sta tra 0 e1: una possibilità teoricamente infinita di aumentare la nostra capacità di misurare l’informazione. .
Attualmente
Samuel Braunstein è riuscito a teletrasportare una particella talmente piccola che non è visibile al telescopio ma solo percepita attraverso un apparecchio che ne certifica l'avvenuto trasporto...un clone, la particella stessa o altro?