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La Rivelazione Delle Piramidi

Ultimo Aggiornamento: 25/01/2015 17:54
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Utente Esperto
30/06/2014 10:23

Vi metto questo documento sulla lavorazione del granito, basalto e marmo nell'antichita.

Dovremmo chiederci se sia giunto il momento di prestare più attenzione al nostro passato per cercare di comprendere appieno tutte quelle “arti di costruzione” adottate dai popoli antichi. Templi, abbazie, chiese, castelli, monumenti: tutte costruzioni che dopo 5, 10, 20 millenni sono ancora sotto i nostri occhi e ci guardano dall’alto dei secoli.
Alla luce degli ultimi avvenimenti, soprattutto dopo i disastrosi eventi sismici degli ultimi anni, pare che tutto ciò che scaturisce dalla moderna tecnologia altro non sia che un mondo di carta, che al primo soffio di vento o al primo tremolio, cade rovinosamente a terra senza lasciare traccia di sé.

Di fatto sembra siano state dimenticate tutte le nozioni di base per costruire un qualche cosa di solido e duraturo nel tempo.
Eppure abbiamo moltissimi esempi intorno a noi, lasciti di antichi popoli, che come fieri giganti di pietra ancora si ergono al di sopra delle nostre teste.
Come cita l’ormai famosa Wikipedia, la costruzione edilizia è rappresentata dall’assemblaggio di materiali diversi, che dalla loro unione generano un nuovo oggetto, che va a realizzare unito ad altri l’ambiente costruito.

Un tempo venivano adoperati blocchi di pietra di vari tipi e provenienze: granito, basalto, marmo, che hanno garantito lunga durata e stabilità, alle costruzioni, pur considerando che la loro lavorazione ha comportato un maggior dispendio di energie e mezzi. “Pietre” che hanno suscitato molti quesiti, ancora non del tutto risolti, circa il loro taglio, la loro lavorazione, il trasporto e la messa in opera con quella perfezione che affascina tuttora il mondo intero.
Sono giunti a noi molti esempi di “pietre problematiche”, le quali generano ipotesi, ma non certezze riguardo la tecnica utilizzata per ottenerle.



Tra questi sicuramente “Il Tempio delle tre Finestre” a Machu Picchu, situato in una magnifica posizione panoramica sulla catena montuosa, con tre aperture trapezoidali sul lato orientale in blocchi di andesite bianca, di esecuzione molto ricercata. Questo tempio è costruito soprattutto con blocchi molto grandi, e una delle pareti appare caratterizzata da una pietra che presenta addirittura 32 angoli nelle superfici visibili: un lavoro di estrema difficoltà.
Anche nel “Tempio della Sfinge” si può osservare una pietra curva ad angolo, anche se in modo meno netto.

Nel 1979 lo scienziato e chimico francese Joseph Davidovits ha proposto al "secondo congresso internazionale di egittologia", organizzato dal CNRS a Grenoble, una controversa ma innovativa ipotesi sulla costruzione delle piramidi basata sull'idea che gli antichi egizi fossero in grado di sintetizzare dei geopolimeri utilizzando calcare, calcio, natron e argilla gettati all'interno di casserature costruite man mano sulla piramide. La teoria, la cui validità ancora oggi è oggetto di dibattito, ha il pregio di spiegare aspetti lasciati irrisolti da altre teorie precedenti (ad esempio come fosse possibile ottenere in cava blocchi dal peso di svariate tonnellate e perfettamente combacianti quando messi in opera, o come fosse possibile nutrire la manodopera, che secondo Davidovits sarebbe stata di 1500 unità anziché numeri molto più grandi secondo le precedenti teorie).



La “leggenda” narra che in uno dei suoi viaggi in Egitto, Davidovits, esaminando i blocchi di pietra della Grande Piramide, trovò un capello. Da q ui dedusse che non poteva trattarsi di una pietra naturale, bensì del prodotto di una lavorazione simile al calcestruzzo. A sostenere questa sua ipotesi fu anche la decifrazione di una stele rinvenuta nel 1889 nell’isola di Sehel vicino l’isola Elefantina, a nord di Assuan, venne rinvenuta da C.E. Wilbour una incisione su di una stele di roccia. Successivamente, il minuzioso lavoro di traduzione compiuto da Brugsch (1891), Pleyte (1891), Morgan (1894), Sethe (1901) e Barguet (1953) ha permesso di riportare alla luce forse uno dei più intriganti manufatti dell’antichità. Questa stele è oggi conosciuta con il nome di “Stele della Carestia” e sembrerebbe custodire al suo interno un importantissimo segreto, che potrebbe rivoluzionare le conoscenze sull’antica tecnologia egizia. Il testo venne studiato ed esaminato per diversi decenni conducendo gli studiosi a proporre differenti traduzioni, e quindi interpretazioni, per i suoi contenuti.


Ciò che incuriosì maggiormente alcuni egittologi si trova nella terza parte della stele, la parte che, concordemente in tutte le traduzioni, tratta della costruzione di edifici e monumenti. In questa parte della stele vengono chiamate in causa tre delle più importanti figure che caratterizzarono l’antico Egitto, il faraone Zoser (costruttore dell’omonima piramide), l’architetto Imhotep (custode dell’antica sapienza egiziana) e il dio Khnum. L’aspetto più controverso di questo reperto risiede proprio in questi passi che secondo alcuni egittologi potrebbero introdurre nuovi concetti tecnologici mai rinvenuti prima nella storiografia egiziana.


Uno degli aspetti più controversi, ed attualmente dibattuti, che possiamo evincere dal testo risiede nella totale mancanza di riferimenti a materiali per la costruzione comunemente utilizzati nell’antico Egitto. Le istruzioni date ad Imhotep dal dio Knuhm per la costruzione di templi ed edifici infatti non menzionano neanche una volta l’utilizzo di blocchi di granito, sabbia o fango. L’iscrizione ci presenta inoltre un sogno (colonna 19) che Zoser ebbe grazie all’intervento del dio, in cui al posto delle pietre, per la costruzione vengono dati riferimenti precisi per l’utilizzo di “minerali (1) per la costruzione in loco di pietre”.

“Dai tempi antichi nessuno li ha più utilizzati per costruire i templi degli dei…”, così il dio Knuhm si riferisce al giovane faraone dandogli inoltre riferimenti quantomeno curiosi per la costruzione di edifici e della propria sepoltura. Nel sogno, Zoser riceve infatti una lista di minerali che molte traduzioni non avevano precedentemente interpretato dal geroglifico per la grande difficoltà nell’identificarle. Secondo ricercatori come Joseph Davidovits risiederebbe proprio in questi passi la chiave fondamentale per poter acquisire una nuova conoscenza delle tecniche di costruzione anticamente utilizzate in Egitto. Grazie al fondamentale aiuto di un team di ricercatori, traduttore ed egittologo Davidovits ha iniziato a studiare gli antichi termini geroglifici contenuti nel testo ottenendo dei “riferimenti chiave” (sic) che con estrema difficoltà hanno permesso di ottenere un testo coerente e soprattutto “funzionale”.



La nuova interpretazione della Stele della Carestia effettuata da Davidovits ha cercato di spiegare come il faraone Zoser, che costruì la prima piramide conosciuta dell’Egitto nel 2.750 a.C., fosse stato “istruito” per la “costruzione di pietre” (ARI-KAT, in egiziano) attraverso un procedimento che oggi potremmo definire di tipo chimico. Quando risultati di queste ricerche furono disponibili al grande pubblico di studiosi e di appassionati, si ebbe modo di assistere ad una vera e propria rivolta del mondo accademico nei confronti di un ricercatore che non era un né egittologo né uno studioso del settore ma “semplicemente” un chimico con una specializzazione in geopolimeri.

Davidovits, dal canto suo, suggerì attraverso studi di alto valore scientifico la possibilità che le pietre di granito con cui furono costruite le piramidi non fossero state, nella loro totalità, estratte dalle cave di Assuan (distanti centinaia di chilometri), ma fossero per la maggior parte state “ri-costruite” in loco attraverso una tecnica particolare da lui ri-scoperta all’interno della Stele della Carestia. Se realmente le piramidi furono costruite con questo ingegnoso sistema, sarebbero stati utilizzati meno uomini di quanti se ne fossero ipotizzati prima, e dati a riscontro di tale ipotesi vengono oggi forniti dal responsabile per la piana di Giza il Prof. Zahi Hawass, con le scoperte effettuate negli ultimi anni nel “Villaggio dei Costruttori”.
Alcune colonne della stele contenenti termini forse interpretabili al di là delle traduzioni convenzionali.

La domanda che da sempre gli studiosi e gli appassionati dell’antico Egitto si sono posti è come abbiamo potuto migliaia di uomini erigere delle strutture che ancora oggi sembrano sfidare qualsiasi tecnologia. La domanda si ripresenta se pensiamo che recenti esperimenti compiuti in Giappone e ancora in Egitto ci hanno dimostrato l’attuale impossibilità di poter ricostruire tali monumenti se non utilizzando tecnologie appena oggi ipotizzate o progettate. È da ridimensionare inoltre il mito dell’utilizzo di una quantità di uomini illimitata per la costruzione delle piramidi. Le scoperte effettuate dal Prof. Hawass dimostrano che i costruttori delle piramidi sarebbero stati all’incirca 30.000 e non 100.000 ed oltre come suggerito nel passato.


L’utilizzo di strumenti semplici (rame, pietre, legno, corde etc.) rende ancora più difficile immaginare come siano stati posizionati poco meno di 2.300.000 blocchi di granito, con un peso medio dalle 2 alle 15 tonnellate (ed in alcuni casi anche oltre).
Le investigazioni compiute da Davidovits in oltre due decenni di studi hanno fornito nuovi elementi che sembrerebbero proporre nuove ipotesi di lavoro, se non quantomeno spiegare, le possibili tecniche utilizzate per erigere questi colossali monumenti. Come studioso di geopolimeri la sua via preferenziale è stata quella di cercare di capire se i dati contenuti nella Stele della Carestia potessero essere validi per la messa a punto di un composto che potesse risultare simile al granito.

Può risultare difficile pensare che una tecnica così progredita e raffinata potesse essere utilizzata oltre tremila anni fa. Davidovits ha posto ai suoi detrattori però un’obiezione ricordando come forme altamente tecnologiche, e anacronistiche, siano state possedute e rinvenute in tante civiltà del nostro passato. Basti ricordare le ormai famose pile di Baghdad che costituiscono un vero e proprio anacronismo storico-archeologico, l’elettricità viene infatti scoperta verso la metà del XIX secolo ovvero circa quattromila anni dopo la costruzione di queste pile rudimentali.
La casta sacerdotale egiziana deteneva un potere pari forse a quello del faraone stesso, ma era soprattutto depositaria delle conoscenze scientifiche, oltre che religiose, del tempo. Questo ha fatto suggerire a diversi autori che antichi residuati di “civiltà precedenti” o il frutto stesso di scoperte effettuate prima della loro “scoperta” ufficiale potessero essere parte del patrimonio scientifico-religioso della casta sacerdotale egizia. Con tale spiegazioni forse potremmo comprendere meglio questa dicotomia tecnologia del nostro passato.

Denominata “Stele della Carestia”, questo blocco di pietra venne scolpito in epoca relativamente recente, durante le dinastie Tolemaiche (~200 a.C.), ma certi indizi indicano che possa essere in parte la ritrascrizione di documenti molto più remoti risalenti all’Antico Regno (2.750 a.C.). Incapaci di porre rimedio ad una vasta carestia che imperversava nel regno gli scribi tolemaici avrebbero ricercato responsi in antichi documenti trovando una risposta nella grande libreria di Ermopoli. Durante il regno del Re Zoser (2.500 anni prima) si era verificata una carestia simile la cui soluzione era stata data dal dio Khnum. Ciò portò probabilmente alla ritrascrizione di antichi documenti sulla Stele della Carestia.

Secondo l’egittologia ufficiale l’utilizzo di pietre prima del regno del faraone Zoser non era molto comune, i corpi dei grandi dignitari veniva inumati in sepolcri conosciuti con il nome di Mastabe. Con l’avvento di Zoser assistiamo però ad un vero e proprio sconvolgimento, non solo con la costruzione delle prime piramidi ma anche con l’edificazione di una quantità impressionante di templi e strutture civili.
Davidovits da tali assunti ha cercato di comprendere se le nozioni inserite all’intero della stele potessero essere alla base della costruzione geopolimerica (con il termine “geopolimerizzazione” si intende un processo chimico di aggregazione di minerali il cui risultato riproduce fedelmente e chimicamente una roccia partendo dai suoi costituenti base) delle rocce calcaree della piramide.
Dal punto di vista geochimico il 90% delle rocce presenti nella Grande Piramide è costituito da materiale di tipo calcareo mentre il restante 10% è costituito dal materiale “cementante” delle roccia.

Secondo Davidovits ci possiamo trovare davanti ad “ottime imitazioni di rocce” costruite con una tecnologia di non difficile reperibilità per gli antichi egiziani. Davidovits è riuscito a riprodurre fedelmente rocce calcaree partendo dai loro costituenti base. Osservando le proprietà disgreganti di acidi presenti anche presso le antiche dinastie egiziane Davidovits ha proposto un modello chimico che, anche se estremamente avversato, ha ottenuto ampio successo nel mondo della ricerca e della chimica. L’acido formico, l’acido ossalacetico, l’acido acetico, l’acido idrocloridrico sono in grado di “disciogliere” letteralmente una pietra fino a farla diventare una sostanza simile al fango.

Quasi come se sottoposta ad un rito magico, questa sostanza, se riarricchita con polvere di granito, insieme ad alcuni estratti vegetali, riassume, solidificandosi, l’aspetto e la composizione di un blocco di granito naturale (per una spiegazione dettagliata e completa del procedimento rimandiamo il lettore agli attenti ma specialistici “papers” inseriti dal Prof. Davidovits all’interno del suo sito Internet: www.geopolymer.org). Migliorando e collaudando questo procedimento Davidovits, nel corso degli anni, è riuscito a riprodurre fedelmente blocchi di granito anche di diverse tonnellate in tutto e per tutto uguali a quelli utilizzati per la costruzione delle piramidi o di templi egiziani.



Se questo metodo sembrerebbe, in prima analisi, poterci spiegare come le piramidi sarebbero state costruite, dobbiamo altresì essere molto attenti e rigorosi per quanto il passato ci ha preservato fino ad oggi. Sembra infatti fuori discussione che debba essere trovata una via “super partes” tra gli studi condotti dal Prof. Davidovits e quanto l’egittologia ufficiale ci presenta. La geopolimerizzazione ci permette di capire come le pietre potrebbero essere state “assemblate” negli strati alti della piramide, per esempio, ma le testimonianze e gli antichi documenti ci indicano senza ombra di dubbio come non oltre 30.000 uomini fossero gli artefici reali della Grande Piramide.
Forse le assunzioni di Davidovits sono state troppo totalitarie e generalizzate, non prendendo in considerazione alcuni dati sicuri che ci vengono dall’egittologia, ma riteniamo non si debba negare o avversare a priori questo nuovo approccio poiché sarebbe in grado di spiegare molte più anomalie di quante ne possiamo immaginare.

Uno scenario in cui al normale iter costruttivo si può affiancare questo sistema di costruzione ci permetterebbe di capire, e comprendere appieno, come questi monumenti siano stati eretti nella loro maestosità. Forse è oggi troppo semplice, con i progressi quasi giornalieri della scienza, teorizzare e connotare determinate scoperte nel passato, ma nulla vieta di ritenere, che come nel caso delle pile di Baghdad (che sicuramente ebbero un utilizzo limitato all’ambito sacerdotale) una forma particolare di costruzione magico-religiosa di pietre ex-novo possa aver costituito la base per la costruzione o l’ultimazione degli antichi monumenti lasciati dal popolo egiziano. Nulla lo vieta e non poche prove sembrerebbero dimostrarcelo.
La teoria di Davidovits è stata presa in seria considerazione dal prof. Hobbs del MIT di Boston che ha provato, con l' aiuto di alcuni collaboratori, a ricostruire una piramide secondo i dati in possesso dal chimico francese.

Concludendo, gli Egizi avrebbero usato questo calcestruzzo. In questo modo sarebbero stati ricavati i giganteschi blocchi di pietra calcarea e ciò spiegherebbe anche come potessero essere lavorati, lisciati e posti in file con estrema precisione senza neanche "un'esile sbavatura agli angoli".
A questo punto sorge spontanea una domanda: come mai questo “antico cemento” ancora resiste mentre quello da noi prodotto ha una vita così limitata ?
Senza andare così indietro nel tempo, possiamo notare che altre costruzioni/monumenti relativamente recenti sono ancora quasi totalmente integri.

Basti pensare al Colosseo per esempio o al Duomo di Milano o a San Pietro a Roma, ma anche a tutte quelle chiese/cattedrali gotiche sparse in tutta Europa che furono erette nel periodo compreso fra la metà del XII secolo e, in alcune aree europee, fino ai primi decenni del XVI secolo.



Siamo forse “regrediti” tecnologicamente parlando tanto da non riuscire a compiere simili imprese ? O forse è colpa delle tempistiche per la realizzazioni di quest’ultime, o per il materiale utilizzato particolarmente scadente ? O per il costo eccessivo ?

Nel caso delle cattedrali gotiche sicuramente per il costo eccessivo e per il fatto che alla fine il guadagno risulta essere irrisorio paragonato alla fatica nel realizzarle.
Costosissime ma anche avveniristiche: la novità più originale dell'architettura gotica è la scomparsa delle spesse masse murarie tipiche del romanico. Il peso della struttura non veniva più assorbito dalle pareti, ma distribuito su pilastri e una serie di strutture secondarie poste all'esterno degli edifici.
Le cattedrali sono altissime. Chartres possiede una navata di 100 metri e la volta si trova a 37 metri di altezza; quella di un palazzo di dodici piani. Centocinquantamila blocchi tenuti assieme da pietre poste ai vertici delle volte, chiamate "chiavi di volta". Una pietra di 250/300 chilogrammi, con un diametro di circa 120 centimetri che s'incastra con gli altri elementi della costruzione e scarica il peso sorretto dalla volta stessa sui pilastri laterali sostenendo l'intera costruzione.

La cattedrale di Amiens ha la volta a 42 metri, l'80% delle pareti sono formate da finestre con ampie vetrate e rosoni di vetro, comuni ad ogni cattedrale, capaci di catturare la luce in modo invidiabile. Altra caratteristica di tali costruzioni. Rosoni anche di mezza tonnellata, formati da vetro e metallo, in grado di resistere alla spinta del vento. Cattedrali che somigliano a foreste di pietra, con le loro massicce e alte colonne, raccolte in fasci, al cui interno si scarica tutto il peso della costruzione, tanto che i pilastri dove tale peso scende risuonano se percossi.

Per deviare tale peso, in basso sono state erette due navate laterali e un corridoio sopra di esse chiamato "matroneo", a sostegno della navata centrale, ammortizzando la spinta laterale. Una pressione neutralizzata anche dalle ali del transetto. A chiusura un'imponente ed elaborata facciata, provvista di ampi monumentali accessi che blocca il tutto.
Per frenare la spinta laterale, a causa dell'imponenza della cattedrale, si sono puntellate le mura all'esterno con enormi travi in muratura note come "archi di spinta". Archi che raccolgono le spinte laterali e le dirigono verso il basso e possono essere raddoppiati e allungati fino a quando non si deviano le forze e la pressione laterale verso terra.
A volte per timore di crolli si è provveduto a circondare la navata con "catene" di ferro, ossia lunghe e grosse sbarre del miglior metallo di Toledo; benché il ferro corra in tutte le cattedrali, da colonna a colonna e al loro interno nei punti in cui si congiungono, nelle vetrate e sui i tetti.

Nel procedere in tali costruzioni è stato risolto anche lo smaltimento delle acque piovane con una rete di canalette di scolo e grondaie che corrono ovunque fino alle bocche dei doccioni, trasformando anche gli archi di spinta in un acquedotto autopulente grazie alle loro curve.
( it.wikipedia.org/wiki/Tecniche_costruttive_dell%27architettur... )

Con tale sistema sono sorte in Europa ben 80 cattedrali in soli due secoli.
Se calcoliamo che solo pochi decenni prima, intorno all’anno 1000, nessun uomo nell’Europa Medievale avrebbe potuto costruire un edificio così impressionante. Si potrebbe essere indotti a pensare che i costruttori delle cattedrali gotiche traessero la propria conoscenza da un mondo da tempo dimenticato. Colpisce anche il fatto che la maggior parte degli architetti di questi edifici una volta considerati sacri siano rimasti invece sconosciuti. Da dove venivano questi geni, intagliatori di pietra, la cui conoscenza e il cui numero servivano giusto per erigere queste divine cattedrali di cotanta grandezza ? E dove sparirono ?

Senza contare l’altro enigma di queste costruzioni che ruota intorno alle misteriose sculture in pietra, ai motivi scultorei che potrebbero essere presi come modello per un film di fantascienza, alle forme architettoniche che si sviluppavano su base esagonale e ottagonale, ai labirinti, ai chiaroscuri e principi astronomici delle figure stellari seguiti nella costruzione, a sogni di culti sotterranei e sopraterreni, ecc.

Antiche e segrete tecniche di costruzione riportate dai templari dalla Terra Santa?

Nonostante gli edifici venissero eretti per la Chiesa cattolico romana, esistono molte incongruenze circa le innumerevoli sculture e il loro significato simbolico che esprimono magia, generano impressioni frutto di alchimie proprie addirittura dell’era precristiana.
E gli architetti di questi capolavori erano forse devoti a divinità diverse dal Dio della Chiesa cattolico romana ? Se così fosse, quelli erano queste divinità e quale il loro credo ?

I tagliatori o i committenti hanno lasciato tracce visibili di un credo diverso da quello della Chiesa di Roma negli edifici sacri cristiani ? Segreti custoditi dagli eredi di Hiram Abif ?
Sembra essere chiaro comunque che l’improvvisa costruzione di questi grandiosi edifici fu frutto di volontà. Fu voluta da persone che possedevano la conoscenza necessaria e che poterono avvalersi di scultori e architetti le cui conoscenze nei campi dell’astronomia, della matematica e dell’architettura superavano di gran lunga quelle tradizionali che si potevano trovare in Europa Occidentale.
Inoltre i committenti di queste costruzioni dovevano avere la disponibilità di grandi risorse economiche con le quali poterono pagare in maniera cospicua questi geniali architetti e scultori.

Forse non siamo più capaci di ricavare, lavorare, spostare, erigere e porre in opera pietre gigantesche come hanno fatto a suo tempo i nostri predecessori che, peraltro, usavano solo martelli di pietra, di rame, o di ferro.
Eppure questi monumenti sono ancora qui di fronte a noi.
Se alcuni di essi non sono giunti intatti è per causa dei frequenti conflitti bellici, perché depredati per costruire e ricostruire palazzi, regge e ville. Le piramidi ne sono l'esempio; la loro copertura di calcare non esiste più, è servita a suo tempo per ricostruire parte del Cairo.
Ricordiamo le proprietà del granito, del quarzo in esso contenuto, ben conosciute nell'antichità. Un materiale naturale, classificato come roccia sovrassatura, ossia con contenuti di quarzo compresi tra il 20 e il 60%, in grado di vibrare con il suolo assecondandone i movimenti, garantendo la compattezza e l'equilibrio delle costruzioni.
Gli obelischi di Karnak sono in grado di produrre vibrazioni; al Museo del Cairo l'obelisco di Hatshepsut, prima che venisse ancorato al suolo, produceva per molti secondi una risonanza, quando la guida lo percuoteva.
Stessa proprietà riscontrata nel sarcofago della Grande Piramide.

Questo perché il quarzo contenuto nel granito è capace di vibrare ed entrare in risonanza "per simpatia" permettendo agli egizi, secondo Christopher Dunn, ingegnere americano espertissimo in tecnologie avanzate delle lavorazioni meccaniche con la passione per l'Egitto, di forare la dura pietra con trapani diamantati a ultrasuoni.
La risonanza di un corpo o di una costruzione è determinata dalla sua dimensione, dalla massa, dalla simmetria, dai componenti del materiale che possono influire sulla vibrazione per simpatia. La risonanza acustica è il fenomeno di amplificazione delle onde sonore che caratterizza i risuonatori: tale amplificazione è indotta da un impulso esterno trasmesso al risuonatore attraverso vincoli meccanici oppure attraverso l'aria, ed è tanto maggiore quanto la frequenza dello stimolo è vicina alla frequenza di risonanza naturale del risuonatore.

La risonanza acustica è, di fatto, un caso particolare di risonanza meccanica, ed è un principio su cui si basa il funzionamento di quasi tutti gli strumenti musicali. Ogni sistema fisico che sia caratterizzato da frequenze proprie di oscillazione (si comporta cioè come un oscillatore armonico o come una sovrapposizione di più oscillatori armonici) può risuonare con una sorgente esterna. Dal punto di vista fisico l'onda sonora viene assorbita dal risuonatore: ad alcune frequenze caratteristiche (che dipendono dal tipo e dalla conformazione del risuonatore, cioè essenzialmente dalla sua massa, rigidità ed elasticità) l'energia non viene esaurita, ma si accumula ad ogni impulso, causando l'aumento di intensità sonora.
La risonanza acustica è un fenomeno sfruttato per praticare fori nel quarzo, utilizzando trapani ad ultrasuoni. Vi sono minerali che non rispondono perfettamente agli ultrasuoni e diventano difficili da lavorare.

La camera del Re della Grande Piramide è stata costruita basandosi sulle regole di Pitagora, che servono ad ottenere proporzioni armoniche in grado di produrre note musicali. Nel caso specifico sembra che le note musicali in questione siano il "Do" derivante dalla combinazione del "Re", "Sol" e "Mi".



I manufatti Egizi che presentano perforazioni tubolari sono infatti la più chiara, stupefacente e conclusiva prova finora esibita per identificare il livello di cultura e di tecnologia esistenti in quel periodo. Gli antichi costruttori di piramidi utilizzavano, per praticare dei fori, una tecnica nota come "trapanazione". Questa tecnica lascia all' interno del foro un nucleo centrale ed è un efficiente metodo di perforazione. Nel caso di fori che non dovevano attraversare tutto lo spessore del materiale, gli operai raggiungevano la profondità desiderata poi rompevano il nucleo togliendo lo da Questo metodo risulta evidente dai fori e dai nuclei gettati via dai muratori che avevano praticato la trapanazione. C’è da premettere ora che durante la “trapazione” la punta del trapano avanza nella roccia con un moto elicoidale (a spirale) somma di due moti.

Il primo un rotazione pura e l’altro un’ approfondimento nella roccia. A parità di trapano se voglio perforare due rocce di diversa composizione, osservando il foro posso notare che i solchi lasciati a forma di spirale sono diversi. Nel caso di roccia tenera l’avanzamento è maggiore; nel caso di roccia dura sia avanza con difficoltà.
Quindi ci si aspetta delle spirali più allungate per i materiali “morbidi” e più schiacciate per quelli “duri”. Considerando ora una sola pietra il solco a spirale cambierà al variare del trapano (più o meno potente e veloce) e della forza applicata sul trapano stesso. Quindi osservando la forma della spirale si possono dedurre velocità di rotazione forza applicata. Degli studiosi hanno analizzato questi fori ricavando risultati a dir poco stupefacenti: tali strumenti egizi hanno lasciato una scanalatura a forma di spirale del taglio che affonda di 25 millimetri nella circonferenza che è di 15 centimetri circa, ovvero con un rapporto di 1 a 60 con una velocità di penetrazione nel quarzo e nel feldspato che è assolutamente stupefacente. Si tratta di una velocità di avanzamento davvero incredibile per la perforazione di qualunque materiale, figurarsi per il granito.

Oggi, quando si perfora il granito (con le trivelle a punta di diamante che ruotano ad una velocità di 900 rotazioni al minuto), penetrano di 2,50 centimetri ogni 5 minuti. Ovvero di pochi millesimi di millimetro ad ogni rotazione. Ciò significa che gli antichi Egizi riuscivano a tagliare il loro granito con una velocità di avanzamento che era di 500 volte superiore alla nostra! Ma anche ammesso che avessero trapani a quelle velocità ad essi doveva essere applicata un forza di 2 tonnellate (un blocco di pietra calcarea).



Altri indizi che sono stati ricavati dallo studio dei vari solchi di lavorazione ci inducono a pensare che nessun metodo meccanico di trivellazione poteva lasciare quelle tracce. Infatti si nota un assottigliamento conico alle estremità sia del foro che del nucleo. Un solco simmetrico elicoidale che segue questi assottigliamenti e che dimostra come il trapano penetrasse nel granito con una velocità di avanzamento di circa 25 millimetri ad ogni rotazione del trapano. Lo sconcertante fatto sta che il solco a spirale si incide più profondamente nel quarzo piuttosto che nel più morbido feldspato. Nella lavorazione meccanica convenzionale dovrebbe accadere il contrario. Il granito è infatti costituito da una matrice di feldspato (più morbido) con annegati dei “pezzi” duri di quarzo.

Perchè allora il quarzo si è tagliato meglio del feldaspato?
Di che genere di materiale erano fatti i loro strumenti da taglio?

Nella lavorazione meccanica tradizionale l'utensile dovrebbe essere sufficientemente duro da tagliare uno dei più duri materiali esistenti e tuttavia abbastanza resistente da non rompersi sotto la pressione di 2 tonnellate.
E se non avessero usato mezzi meccanici? Ma il metodo ad ultrasuoni?
Quando Petrie studiò e catalogò i vari manufatti da lui recuperati il metodo ultrasonico non era ancora conosciuto.

L'applicazione di macchine ultrasoniche è il solo metodo che soddisfa completamente la logica di una tecnica e spiega tutti i noti fenomeni. L'oscillazione del movimento di uno strumento che scheggia il materiale molto più velocemente vibrando da 19.000 a 25.000 cicli per secondo (hertz) ha trovato applicazione nella macchine di precisione usate per formare fori nel materiale duro, quale acciai induriti, carburi, ceramica, semiconduttori. I residui abrasivi e la colla sono usati per accelerare l'azione del taglio. Anche l’antico popolo per accelerare l' azione di taglio utilizzava probabilmente un impasto abrasivo (tra l’altro di materiale abrasivo ne avevano in quantità…. la sabbia del deserto).

Nella produzione di suoni ultrasonici sono impiegati i cristalli al quarzo responsabili della vibrazione nelle gamme ultrasoniche, perché il quarzo può essere indotto a vibrare ad alte frequenze e permette di praticare fori più velocemente.

La teoria di macchine ultrasoniche risolve la questione dove le altre teorie hanno fallito dal momento che molti manufatti provano, senza ombra di dubbio, che sono stati usati, dai costruttori delle piramidi, strumenti altamente avanzati e metodi specializzati.
Dunn è rimasto impressionato da manufatti trovati nel tempio Serapeum di Saqqara, che oggi, pur usando metodi di lavorazione moderni, necessitano di essere tracciati e controllati. Occorre infatti un interferometro al laser con superficie piana al controllo delle capacità, un calibro ultrasonico per controllare lo spessore, un piano ottico con fonte di luce monocromatica.

Scrive ancora Dunn: insieme a Eric Leither, della Tru Stone Corp., abbiamo esaminato i giganteschi contenitori di granito del tempio di Serapeum. Eric Leither afferma che nella sua azienda non possiede l'equipaggiamento o la capacità di produrre contenitori in quel modo. La sua compagnia può creare le scatole in cinque pezzi che potranno essere assemblate successivamente sul luogo d'arrivo. Molti dei manufatti che vengono prodotti adesso sarebbero impossibili da produrre usando il semplice lavoro manuale. La precisione di questi manufatti è indiscutibile.
Perché era necessaria questa precisione nella costruzione?
Dove sono adesso le macchine usate per la costruzione?

Più di 80 piramidi sono state scoperte e gli utensili serviti a costruirle e a costruire i vari manufatti rinvenuti all’interno di esse non sono mai stati trovati. I pochi strumenti di rame che sono stati scoperti non rappresentano ne il numero ne il genere di utensili che potrebbero essere stati usati da ogni lavoratore che ha lavorato alle piramidi.

Siamo arrivati ad una unica soluzione possibile logicamente ma impossibile.

Forse tutto ciò farà sorridere molti di voi ma credo che dovremmo farci un piccolo esame di coscienza cercando di riflettere sulle antiche tecniche di costruzione e riappropriarci dei loro “segreti” o quanto meno cercare di concepire agglomerati edilizi più longevi.
Forse sarebbe opportuno smettere di cercare il lucro giocando con la vita e l’esistenza altrui, ma si sa, il dio denaro è molto più potente di quanto si possa credere.


Fonti:
www.ilportaledelmistero.net/articolo0368.html
M.Gout – Il simbolismo delle cattedrali medievali – edizioni Arkeios
Christopher Dunn - Lost Technologies of Ancient Egypt: Advanced Engineering in the Temples of the Pharaohs – Edizioni Paperback
Christopher Dunn – Lost knowledge of the Ancients: a Graham Hancock Reader – Edizioni Paperback
[Modificato da _Seven 30/06/2014 10:29]
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