00 27/02/2017 22:32
Re: Re:
Hybrid1973, 27/02/2017 01.09:




uando, 24/02/2017 18.58:

Mi dispiace Zarcaco ma io non concordo a pieno.
Vedi io trovo del tutto normale che l'uomo sin dall'antichità abbia avuto una ricerca del "divino", di sapere cosa ci sia dopo o chi ha creato tutto, in qualche modo di sapere e di cercare di Dio, ma questo non è da confondere con le varie religioni che ci sono in giro per il mondo e che secondo il mio modesto parere sono piu un fatto culturale/geografico che altro, intendo dire qui in Italia sono quasi tutti cattolici, nel mediooriente cè l'islam, poi c'è il Buddhismo e così via ma è una questione geografica, se tu fossi nato dalla parte opposta del mondo probabilmente avresti avuto un altro credo religioso.
Quello che voglio dire è che io sono convinto che tutti abbiamo un'anima che potete chiamare come vi pare, spirito, chi, energia vitale, che quest'anima sia la parte fatta a immagine e somiglianza di Dio, quindi non serve assolutamente seguire alcun tipo di religione , basta ascoltare quello che ci dice la nostra anima perchè tutti nel nostro intimo sappiamo ciò che è giusto e cio che non lo è, il problema è che ci ascoltiamo poco....



Scusa Uando quoto te ma non vuole essere una critica a te; mi hai dato solo gli spunti di riflessione giusti.

La spiritualità è una cosa privata e riservata. Tutti parlano di un Dio unico il che dovrebbe significare che l'immagine che si ha di lui sia l'archetipo più univocamente definibile che c'è.
Invece probabilmente ogni credente ha la sua visione della cosa dell'etica e del giusto e non giusto.
Tu dici che rubare o uccidere (e altre cose) è peccato. Sfido chiunque si ritenga civilizzato a smentire un'affermazione come quella di Uando. Eppure non in tutto il mondo è un principio universale e in alcune zone varia da individuo a individuo; c'è cioè chi può e chi non può.
Io invece che "peccato", la ritengo una mancanza di rispetto nei confronti della forma di vita che si ha davanti.
So che possono sembrare sinonimi ma non coincidono del tutto.

Nel secondo significato (mancanza di rispetto verso di), è un fenomeno dettato squisitamente dalla logica intelligente e del reciproco quieto vivere; una parte di logica che troviamo anche nella frase di Gesù "non fare agli altri, ciò che non vorresti fosse fatto a te" che togliendo i NON, può essere parafrasato con "fai agli altri, ciò che vorresti fosse fatto a te". Siccome però questa parafrasi stimola la mente del perverso e del maniaco, non la voglio usare.
Se parliamo di mancanza di rispetto nei confronti di qualcuno, il soggetto, il centro dell'attenzione non è più chi manca di rispetto ma la controparte.

Nel primo significato invece (peccato) il soggetto è chi pecca. E' lui che viene giudicato da un ente superiore. E' lui che si gioca il "paradiso" punto dopo punto. L'altro appare come un oggetto messo lì per testare il tuo libero arbitrio, l'esito del quale dio non sarebbe in grado di prevedere.

In una visione della vita spirituale non è sè stesso che conta; è chi si ha davanti ogni momento, ogni giorno della propria vita.
Non è detto che chi non sia credente metta questo concetto in pratica peggio di chi invece è credente (non è il mio caso; io sono pessimo).

Al parroco che ha detto a Uando quella massima, direi che ha sbagliato a esporre il tema centrale. L'obbiettivo non è il paradiso. L'obbiettivo è rispettare (e quindi in quel senso amare) gli altri.
Se Gesù avesse detto "aiutare gli altri porta all'inferno!" noi dovremmo sbattercene i c@&£!@#ni e comunque aiutare gli altri in difficoltà; ma non perchè siamo blasfemi a tutti i costi, ma perchè tra viventi E' LA COSA GIUSTA DA FARE perchè a noi se fossimo in difficoltà piacerebbe essere aiutati.

L'uomo fin dall'antichità ha cercato il divino tra le righe del creato è vero. Ma inizialmente lo faceva per spiegarsi gli innumerevoli fenomeni fisici del mondo che lo circondava e per sperare che i morti continuassero il loro cammino altrove, nella speranza che neanche la loro morte esistesse . La ricerca di Dio è sempre stata incentrata sull'uomo, per soddisfare i suoi "perchè".
In ultimo e chiudo dico che quando noi interroghiamo noi stessi sul da farsi, non credo che in realtà stiamo ascoltando l'anima. L'anima se c'è è molto in profondità e a mio avviso - che può essere anche errato - influisce pochissimo sulla vita della persona. Se noi fossimo guidati dall'anima i traumi al cervello e/o la demenza senile e/o altre malattie che influiscono sulla personalità, non cambierebbero il nostro modo di essere e di comportarci.
Quando noi interroghiamo noi stessi in realtà parliamo con il cosiddetto "io" che è un'insieme di archetipi, standardizzazione di comportamento, educazione, convenienza, esperienza da ricordi, ambizione al futuro, sicurezze, debolezze, credenze varie e altro.
Per poter ascoltare l'anima - se esiste - occorre prima mettere a tacere tutti questi moti. Quando nei momenti di forte dolore come alla scomparsa di un amato, tutti questi moti quasi tacciono, allora c'è vero "silenzio" e il vero "sè stessi" si manifesta.




Allora hybrid innanzi tutto sono contento che mi hai preso come spunto per le tue riflessioni, ora ti pongo anche io le mie. Andiamo per ordine: cos'è il peccato? Per come la vedo io è proprio la mancanza di rispetto verso "il resto", anche gettare una lattina vuota in un bosco può essere un peccato, semplicemente il peccato è compiere un'azione che non si dovrebbe compiere o non fare ciò che si dovrebbe fare, se vedo un anziano che cade e non mi fermo ad aiutarlo a rialzarsi è un peccato, poi dire che questa cosa sia dettata dal buon senso, oppure dalla buona educazione o da un qualcosa che hai già dentro cambia poco.

Per quanto riguarda la storia del parroco non direi che l'obiettivo deve essere quello di rispettare gli altri, quella è una regola inderogabile da seguire, vedi, lui mi voleva dire che non è importante se segui una religione o un'altra, le strade che portano al raggiungimento meta (quale è la meta?...ne parlerò fra un po) sono molteplici come quelle che portano sulla cima di una montagna, ognuno sceglie quella che più gli si addice. E' una bella risposta che denota una apertura di mente fuori dal comune se consideri che l'ha detta un parroco.
Parliamo sinteticamente della meta: qual è la meta della nostra vita? Il paradiso, il Nirvana, l'illuminazione? Io non lo so perché non posso sapere cosa c'è dopo e sinceramente non mi ci scervello neanche troppo, per ora la mia meta è lasciare il posto (non solo in senso geografico) in cui vivo migliore di come l'ho trovato, vivere in armonia con gli altri, cercare di liberarmi dai preconcetti, raggiungere e trasmettere serenità. E' 'na sciapata... [SM=g8908]

In ultimo sul fatto del contatto con la propria anima ti dico che secondo me l'"IO" non è composto solo dall'anima ma da anima, cervello e cuore e bisogna cercare l'armonia di queste tre cose per vivere bene sennò c'è uno sbilanciamento. Nella società odierna la parte spirituale normalmente viene tralasciata un po e c'è un sopravvento o del cervello ( e si vive in maniera fredda e razionale calcolando tutto senza dare spazio alle emozioni) o di cuore (e al contrario ci si lascia trasportare dalle emozioni senza riuscire a controllarle). Poi con l'età se prende una malattia celebrale...siamo uomini, se il cervello non funziona più anche se abbiamo un'anima è normale che non siamo perfetti e non riusciamo a ragionare. [SM=g1950677]