E' una notizia un pò vecchiotta che come puoi leggere dal blog risale al 2010.
Ultimamente è comparso il seguente articolo su "le Scienze" che rivela come nella comunità scientifica si stiano sollevando delle forti obiezioni sulla reale validità della scoperta. Stiamo a vedere.
Fonte
www.lescienze.it/news/2012/01/29/news/vita_all_arsenico_probabilmente_no...
Vita all'arsenico? Probabilmente no
In dubbio la controversa scoperta di un microrganismo nel cui DNA l'arsenico sostituirebbe il fosforo: i ricercatori che hanno cercato di riprodurre i risultati dello studio, pubblicato su "Science" nel 2010, riferiscono sul web di non esserci riusciti. Altri esperti sostengono però che la smentita non è definitiva, mentre l'autrice della scoperta spera di vederla pubblicata su una rivista peer review di Erika Check Hayden
Il caso del batterio all'arsenico
Uno strano batterio scoperto nel Mono Lake, una laguna californiana, non è in grado di sostituire nel suo DNA il fosforo con l'arsenico: lo affermano i ricercatori che hanno tentato di riprodurre i risultati riferiti in un lavoro pubblicato su "Science" nel 2010, che all'epoca avevano suscitato forti controversie.
Un gruppo di scienziati, diretto dalla microbiologa Rose Redfield dell'Università della Columbia Britannica a Vancouver, ha pubblicato sul blog della Redfield dei dati che, secondo la scienziata, costituiscono una "chiara confutazione" di alcuni risultati chiave del lavoro precedente. [N.d.R.: il 31 gennaio 2012 il lavoro è stato pubblicato su ArXiv.org]
"La cosa più sorprendente sostenuta in quel lavoro era che nello scheletro del DNA fosse stato incorporato dell'arsenico; quel che possiamo dire noi oggi è che nel DNA di arsenico non ce n'è affatto", dice la Redfield.
Gli autori del lavoro pubblicato su "Science", però, non recedono dalle loro conclusioni. "Siamo molto eccitati nel vedere che i nostri risultati stanno stimolando nuovi esperimenti nella comunità scientifica, oltre che da parte nostra", ha scritto in un messaggio di posta elettronica a "Nature" la prima firmataria dell'articolo, Felisa Wolfe-Simon, che oggi lavora al Lawrence Berkeley National Laboratory in California. "Non capiamo appieno i dettagli essenziali degli esperimenti riportati sul web, e le relative condizioni. Quindi speriamo di vedere il lavoro pubblicato su una rivista peer review, visto che questo è il modo migliore per far progredire le conoscenze scientifiche."
Critiche alla prova
Nel 2010, Wolfe-Simon e collaboratori
avevano riferito di aver trovato un batterio, denominato GFAJ-1, che può usare l'elemento arsenico al posto del fosforo in alcune molecole essenziali per la vita. Una scoperta davvero sorprendente, poiché mentre il fosforo è un elemento essenziale per la vita, l'arsenico in genere è tossico.
Dopo che vari ricercatori, tra cui la Redfield, avevano sollevato numerose obiezioni, molte delle quali riportate pubblicate in forma di commenti tecnici su "Science", la studiosa si è accinta a mettere i risultati alla prova , documentando il procedere del lavoro sul suo blog, in omaggio alla causa della cosiddetta open science.
La Redfield ha coltivato il batterio GFAJ-1 in un terreno contenente arsenico e pochissimo fosforo, come avevano fatto Wolfe-Simon e colleghi. Poi ha estratto il DNA dalle cellule, lo ha purificato e lo ha inviato a Marshall Louis Reaves, dell'Università di Princeton, New Jersey. Questi ha utilizzato un gradiente di cloruro di cesio per separare il DNA in frazioni di diversa densità, e poi ha identificato gli elementi presenti in ciascuna delle frazioni ottenute mediante spettrometria di massa. E non ha trovato arsenico in nessuna delle frazioni del DNA
I metodi adottati dalla Redfield, tuttavia, lasciano forse ancora un po' di spazio di manovra ai sostenitori dell'ipotesi della vita all'arsenico. La scienziata, per esempio, ha detto di non esser riuscita a far crescere nessuna cellula in totale assenza di fosforo. Dato che non è chiaro quanto fosforo fosse stato usato per coltivare i batteri nel lavoro originario, gli autori di quest'ultimo potrebbero sostenere che le cellule della Redfield non erano abbastanza deprivate di fosforo da esser costrette a usare l'arsenicoal suo posto .
La Wolfe-Simon dice anche che non si aspetterebbe di trovare dell'arsenico in DNA analizzato su un gradiente di cloruro di cesio, perché il DNA contenente arsenico potrebbe essere tanto fragile da spezzarsi, apparendo quindi soltanto in bande assai deboli separate dalla massa del DNA delle cellule batteriche.
A questo la Redfield però replica che Reaves ha analizzato tutto il DNA purificato su gradiente, e quindi avrebbe comunque individuato ogni presenza di arsenico. La Redfield ha inoltre determinato le dimensioni del DNA provenienti da cellule che erano state conservate per due mesi nel frigorifero del suo laboratorio. I frammenti di DNA provenienti da cellule coltivate in presenza di arsenico e senza di esso avevano dimensioni simili, il che indica che il DNA proveniente dalle cellule coltivate in arsenico non è instabile.
Una smentita non definitiva
David Borhani, biochimico e biologo strutturale di Hartsdale, New York, avrebbe voluto vedere ulteriori esperimenti di controllo - per determinare quale fosse, per esempio, il livello minimo di arsenico che avrebbe potuto essere individuato dalla Redfield, e per verificare dove va a finire l'eventuale arsenico proveniente dal DNA del GFAJ-1 quando si purifica il DNA su gradiente di cloruro di cesio. "Con gli appropriati controlli, i dati ricavati dal gradiente di cloruro di cesio costituirebbero una confutazione relativamente definitiva, almeno per la maggior parte degli scienziati", ha scritto in una email a "Nature".
Altri ricercatori che hanno pubblicato osservazioni critiche sul lavoro di Wolfe-Simon dicono che la confutazione presentata da Redfieldd e collaboratori è ragionevole, ma che sarà difficile provare in maniera definitiva la completa assenza dell'arsenico nel DNA di GFAJ-1.
"Io temo che i sostenitori di quest'idea ingaggeranno una lenta e prolungata battaglia di retroguardia fino a che l'intera storia non sarà dimenticata, piuttosto che rinnegare apertamente il lavoro originale", dice Stefan Oehler, biologo molecolare del Centro di ricerche biomediche Alexander Fleming di Van, in Grecia.
Ronald Oremland, dell'U. S. Geological Survey di Menlo Park, California, che ha diretto il lavoro sull'arsenico, dice che i risultati "non sembrano incoraggianti per l'ipotesi dell'arsenico nel DNA", ma aggiunge che esprimerà un commento ufficiale solo dopo che i revisori avranno esaminato i dati della Redfield.
Redfield e collaboratori sperano di sottoporre il lavoro a "Science" entro la fine del mese. La Wolfe-Simon invece cerca ancora l'arsenico nel batterio. "Stiamo cercando l'arseniato nei metaboliti, oltre che integrato nell'RNA e nel DNA, e ci attendiamo che possa esserci anche qualcun altro che lo sta facendo. Con tutto il lavoro in più che sta facendo la comunità scientifica, certamente l'anno prossimo ne sapremo molto di più."
La Redfield, però, non ha in programma ulteriori esperimenti in materia. "Noi la nostra parte l'abbiamo fatta", dice. "È una chiara dimostrazione, e non vedo ragioni per dedicare altro tempo a questa faccenda".