UFO in Brasile - 19 maggio 1986

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AlessandroCacciatore
00lunedì 26 marzo 2012 20:07
Invasione UFO in Brasile
E' un articolo piuttosto lungo, quindi esporrò qui i punti salienti di questo importantissimo caso:

21 oggetti volanti non identificati
- 5 caccia intercettori supersonici fatti decollare nel (vano) tentativo di identificarli
- 2 velivoli civili coinvolti
- 11 piloti fra civili e militari coinvolti
- 3 centri di controllo radar
- numerosi operatori radar civili e militari
- oltre 5 ore di durata
- rapporti ufficiali

Nel rapporto finale redatto dall'Aeronautica Brasiliana è possibile constatare l'assoluta inconfutabilità di alcuni elementi, ossia:

-Produzione di echi radar, non solo segnalati dagli apparati del Ssiteam della Difesa Aerea, ma anche da parte della strumentazione dei caccia, più dalla conferma visiva da parte di questi

-Variazione di velocità subsonica alla supersonica da parte degli UFO, mantenendosi anche in volo a punto fisso *

-Manifestazione ottica sotto forma di variazioni di colore: bianco - verde o rosso

-Capacità da parte degli UFO di accelerare e decelerare in modo brusco

-Capaticà di effettuare curve con raggio costante come di raggio indefinito

* Non sono mai stati avvertiti suoni provenienti dagli UFO, neanche il cosiddetto "bang sonico", che viene normalmente formato da un un aereo terrestre quando supera la barriera delle velocità del suono.

E ora il caso in dettaglio

"...Giunsi in prossimità del bersaglio, posizionandomi
a circa sei miglia di distanza da
esso, una distanza eccessiva per un accertamento
preciso, tanto più che era
notte. Il bersaglio smise di muoversi nella
mia direzione e cominciò a salire. Io non
persi il contatto radar iniziale e cominciai a
salire assieme a lui. Continuai seguendo il
contatto fino a circa 30 mila piedi, quando
persi il contatto radar e rimasi solo col
visivo. Ma in quel momento quella forte
luce si stava già confondendo con la
luce delle stelle"

La deposizione di uno dei piloti dell'aeronautica militare, inviati ad intercettare gli UFO che "invasero" il Brasile la notte del 19 maggio 1986

Invasione UFO in Brasile
19 maggio 1986


Nella notte del 19 maggio 1986, i radar che controllano i cieli del Brasile sopra San Paolo, Rio de Janeiro e Anapolis cominciarono improvvisamente a "vedere" cose strane. A tutt'oggi i fenomeni di quelle frenetiche ore non sono stati spiegati. Oltre agli operatori radar del CINDACTA 1 (Primo Centro Integrato di Difesa Aerea e Controllo del Traffico Aereo), vari piloti dei caccia e dell'aviazione civile parteciparono nel tentativo d'idenfifcazione di quei plot (punti sullo schermo radar) inesplicabili, ottenendo anche contatti visuali, ma non vi sono ancora spiegazioni per ciò che successe quella notte.

Gli eventi ebbero inizio intorno le ore 19, quanto il colonnello pilota Ozires Silva, comandava quello che avrebbe potuto essere uno dei suoi ultimi voli per la Embraer, visto che stava per lasciarne la presidenza per assumere quella della Petrobras. Dopo quasi due ore di volo, a bordo di un turboelica Xingu, in prossimità di Pocos de Caldas, a 22 mila piedi di altezza, il colonnnello Ozires e il suo copilota Aleir Pereira da Silva, furono sorpresi da una domanda posta loro dal CINDACTA 1. Il controllore di questo Centro chiedeva loro informazioni in merito ad un possibile contatto visuale con tre bersagli non identificati che apparivano sul loro radar. Non avendo avvistato nulla, decisero di mantenere la prua, approssimandosi alla città di Sao José dos Campos, nella direzione indicata dal controllore. Fu così che più tardi avvistarono qualcosa che aveva l'apparenza di un astro. Una luce molto forte e fissa nello spazio. Il suo colore era di un giallo intenso, con tendenza al rosso. Verso le ore 22, più si avvicinavano all'oggetto, più si riduceva, per poi infine scomparire. Decisero allora di volare verso est, sorvolando l'aeroporto di Sao José, verso un secondo oggetto, apparentemente sito a sud di Taubaté. Al di sotto del loro livello di volo, a circa 600 metri dal suolo, si imbatterono in una nuova luminosità, dall'apparenza di una lampada fluorescente. Era difficile che il controllore potesse avere quest'oggetto sul suo radar, dato che stavano volando basso e si trovavano a 250km di distanza dall'antenna del radar di Sorocaba.

Questo avvenimento fu solo l'inizio di una notte misteriosa, nella quale cinque caccia della forza aerea Brasiliana furono impiegati nel tentativo di identificare tali oggetti. Eventi di questo tipo non sono frequenti, ma fu l'urgenza di identificare quei plot radar il fattore determinante che indusse il CINDACTA 1 a far decollare i caccia quella notte. Quello che i controllori stavano osservando nei loro schermi non era un traffico aereo di aeromobili, ne tantomeno nuvole. Per i computer del Controllo del Traffico aereo quei punti non si configuravano come normali eco radar, e la situazione venne immediatamente riferita al CINDACTA 1 a Brasilia, che a sua volta girò le informazioni al Centro Operativo della Difesa Aerospaziale (CODA).

Erano le 21:20 quando il capo del CODA, l'allora Maggiore pilota Ney Antunes Cerqueira, già informato dei fatti, giunse al Centro Operazioni Militari (COpM). La sua prima decisione fu di far decollare l'aereo d'allerta della Base di Santa Cruz, nello stato di Rio de Janeiro, onde intercettare il più rapidamente possibile il bersaglio non identificato. Nello stato di Rio, pilota di turno era il Tenente pilota Kleber Marinho, oggi primo Tenente della Riserva, con all'attivo 250 ore di volo sul caccia Northrop F-5, ed un totale di 900 nell'Aviazione: "Come pilota d'allerta, fui contattato nella Villa degli Ufficiali, dove risidievo, dall'ufficiale di servizio. L'informazione che ricevetti era che il pilota dl'allerta era stato attivato, quindi per dottrina e per addestramento, mi diressi direttamente all'aereo e solo dopo il decollo ricevetti le istruzioni per svolgimento della mia missione. Il pilota d'allerta non ha bisogno di passare per la normale burocrazia dei voli ordinari. L'aereo è già pronto al decollo". Con i motori che ruggivano, l'F-5 decollò diretto verso il cielo stellato. Erano le 22:10

Nel contempo, un altro bersaglio veniva avvistato a nordest di Anapolis, nel vicino Goiàs, il che provocò lo scramble dei piloti da caccia della Base Aerea di quella città. Il primo a decollare, su un Mirage F-103, fu l'allora Capitano pilota Rodolfo de Silva Souza. E' importante ricordare che i radar dell'epoca erano progettati per rivelare bersagli di almeno due metri quadrati, senza comunque dar modo al suo operatore di valutarne le reali dimensioni. Nella base aerea di Santa Cruz fu fatto decollare un secondo aereo. "Fu una vera coincidenza" dice l'allora capitano Marcio Brisola Jordao, il secondo pilota di F-5 che si levò in volo quella notte. "Io non ero di servizio. Ero rimasto a Santa Cruz perché dovevo studiare per una prova di volo. Quando scattò l'allarme, pensai che si trattasse di addestramento, e continuai a studiare, fino a quando il soldato di servizio venne riferendomi che avevano bisogno di un altro pilota. Disse solamente che vi era una situazione di identificazione di contatti sconosciuti e che anche l'aereo di scorta doveva essere attivato".
"C'è sempre un aereo di riserva pronto" dice Jordao, "in quel caso quello non pronto ero io, il pilota! Ma facevo parte dello Squadrone e dovetti partire. Kleber fu il primo. Per noi era un normale addestramento ma, con l'evolversi della situazione, fu fatto decollare un altro F-5".

Prima di decollare, il Capitano Jordao chiamò il Centro delle Operazioni Militari a Brasilia per sapere cosa stava succedendo. Fu con l'informazione che i radar stavano rilevando diversi bersagli in varie zone del cielo brasiliano, e con l'aspettativa di contattarne qualcuno, che si levò in volo alle 23:51. I piloti ricevettero l'ordine di interccettare i bersagli senza assumere un atteggiamento aggressivo. Come da procedura standard in tali casi, decollarono armati solo con i cannoni, ma senza l'intenzione di utilizzarli. Altri due velivoli, pilotati dai capitani Armindo de Souza Viriato e Julio Cezar Rozenberg, decollarono dalla base aerea di Anapolis, totalizzando cinque diversi tentativi d'intercettazione.

L'intercettazione

"Il decollo fu normale, rimasi intorno ai 20 mila piedi in direzione di Sao José dos Campos. Su ordine del comando della difesa aerea, spensi tutti gli apparati di bordo: radar, luci di navigazione, ecc...Rimasi con la sola radio di comunicazione accesa" racconta il Tenente Kleber. E continua: "Siccome i bersagli non possedevano alcun apparato che trasmettesse onde elettromagnetiche, non era possibile sapere a quale quota volassero. L'unico ordine che mi venne dato fu di effettuare ricerche visuali".
"D'accordo con i radar di Brasilia, avrei dovuto scrutare nella direzione delle mie ore 2 e delle ore 11, sia in alto che in basso. Ma non vedevo nulla". Quando fu più vicino a Sao José, il controllore radar cominciò a dare istruzioni più incisive affinché il pilota guardasse alla sua sinistra: "Io ero proprio sopra alla fabbrica della Embraer e non avevo ancora avvistato nulla. A causa di questi bersagli agglomerati alla mia sinistra, il controllore mi chiese di virare a destra ritornando in direzione di Santa Cruz, con una variazione di 180 gradi".
Una volta stabilizzatosi in questa virata, il tenente Kleber fu istruito di guardare alla sua destra, ancora senza risultati. Il controllore, che aveva i bersagli sul suo radar, comandò al pilota una virata verso il loro, con prua verso il mare: "Effettuai la virata, stabilizzai il velivolo sulla prua che mi aveva raccomandato e, come richiesto, comincia ad effettuare un esame visivo dell'area. Fu in quel momento che avvistati una luce molto forte che spiccava per intensità su tutte le altre del litorale. Era un poco più bassa di me. Ebbi in quel momento nitida l'impressione che si muovesse da destra verso sinistra".
Essendo la visione notturna molto critica, esponendo il pilota al rischio di una vasta gamma d'errori di valutazione, e non avendo l'F-5 il pilota automatico, il tenete Kleber prestò molta cura nella stabilizzazione del velivolo in quel momento. "Osservai quella luce. Il suo movimento era molto evidente per me. Chiesi alla Difesa Aerea se vi era del traffico in quel settore al momento, dato che la zona dell'epoca si trovava in prossimità della rotta del Ponte Aereo (servizio che collega Rio de Janeiro con San Paolo). Mi risposero negativamente. In quella zona non vi era alcun velivolo".
"Informai allora il controllore che stavo effettivamente osservando una luce che si muoveva nella mia rotta di intercettazione alle ore 2 (alla mia destra), un po’ più basso di me. Fu in quel momento che potei farmi un'idea della quota del contatto, circa 17 mila piedi. Ricevetti subito l'istruzione di dirigere verso il bersaglio e di proseguire con l'avvicinamento e la sua possibile identificazione".
Il tenente Kleber aprì allora il postbruciatore dell'F-5, raggiungendo la velocità supersonica e cominciò a dirigersi verso la luce che vedeva all'orizzonte. "Non avevo molto tempo per pensare, né per provare paura. E' l'adrenalina che ti fa funzionare in quei momenti. Hai l'aereo per volare, è un volo notturno, a velocità supersonica, a rischio di disorientamento spaziale....Confesso che non ho ricordo preciso dei miei sentimenti di quel momento. L'unica cosa che sapevo era che dovevo raggiungere il bersaglio, e man mano che si svilupparono, grazie anche al nostro addestramento, le reazioni diventavano un pò automatiche".
"Cominciai a discendere, andando direttamente verso l'obiettivo, ma prendendo tutte le precauzioni contro possibili illusioni ottiche causate dalla visione notturna. Avrei anche potuto vedere una luce sull'acqua, come il faro di ricerca di una grande nave....Per questo motivo non volli rimanere con il solo orientamento visuale ed accesi il mio radar, anche senza ricevuto l'istruzione di farlo. E, davvero, ad una distanza comprsa fra le 8 e le 12 miglia, apparve un bersaglio sullo schermo, confermando la presenza di qualcosa di solido davanti a me. Esso coincideva con la direzione della luce che avevo avvistato. Nei radar dei caccia di allora, la dimensione del bersaglio variava in base alle dimensioni del contatto. Il radar indicava un oggetto di circa 1cm, il che stava a significare le dimensioni di un Jumbo (Boeing 747)".
"Giunsi in prossimità del bersaglio, posiziondandomi a circa sei miglia di distanza da esso, con una distanza eccessiva per un accertamento preciso, tanto più che era notte. Il bersaglio smise di muoversi nella mia direzione e comincia a salire. Io non persi il contatto radar iniziale e cominciai a salire assieme a lui. Continuai seguendo il contatto fino a circa 30 mila piedi, quando persi il contatto radar e rimasi col solo visivo. Ma in quel momento quella forte luce si stava già confondendo con la luce delle stelle".
"Le mie radio di navigazione, sintonizzate su Santa Cruz erano già fuori portata. In certi momenti, l'ago del mio ADF smetteva di vagare senza direzione mettendosi a puntare in direzione della prua. La finestra del mio DME, che aveva il flag attivo, indicava 30 miglia fisse, senza alcun motivo. Il combustibile stava già arrivando al limite, a causa del grande consumo dovuto alla velocità supersonica, e dovetti tornare. Meno di un minuto dopo aver messo la prua di nuovo verso Santa Cruz, il mio ADF tornò a vagare senza alcuna informazione e la finestrella del mio strumento DME si richiuse scomparendo".
Intanto, nella base aerea di Anapolis, nell'interno dello stato di Goias, si stava preparando una situazione simile. Pilota dell'allerta quella notte era il capitano pilota Rodolfo da Silva e Souza, che aveva allora al suo attivo 500 ore di F-103, che al momento della chiamata si trovava nella sua abitazione. Il cercapersone emise un segnale e si visualizzò un messaggio d'allarme con convocazione per le ore 23. Il pilota doveva dirigersi subito alla base aerea e fu ciò che egli fece.
"Arrivato alla base, mi diressi immediatamente agli hangar, assieme agli altri membri dell'equipe d'allerta, dove si trovavano due F-103E. La squadra di manutenzione aveva già completato il suo lavoro e si stava aspettando ai piedi della scaletta, con i velivoli armati e pronti al decollo".
"Completati i controlli prima del decollo e contattai l'ufficiale di Permanenza Operativa (OPO) per informarlo che ero pronto. Ricevetti subito l'ordine di accendere i motori e decollare isolato. Il mio gregario rimase da solo".

Appena iniziato a rullare sulla pista, il capitano Rodolfo entrò in contatto con la torre di controllo. Ricevette istruzioni di virare dopo il decollo verso il settore nord-est dell'aeroporto ed iniziare una salita a massima potenza per il livello 200 (20.000 piedi): "In seguito, entrai in contatto con Anapolis, che mi fece subito passare sulla frequenza del COpM che dirigeva l'intercettazione".
"La prima informazione che ricevetti fu che il mio obiettivo si trovava a una distanza di 100 miglia da me. Notai che il tempo era buono, senza nubi e senza luna. Il cielo, completamente stellato, faceva un bel contrappunto all'oscurità della notte".
Quando fu informato che l'obiettivo si trovava alla portata del radar di bordo, il capitano Rodolfo cominciò ad osservare attentamente lo schermo, cercando il plot che indicava la presenza del bersaglio. Ma non vi era nulla: "Man mano che la distanza diminuiva, non riuscendo ad entrare in contatto col mio radar di bordo, cominciai simultaneamente ad effettuare una ricerca visuale nello spazio aereo intorno alla posizione comunicata dal COpM, solo per rendermi conto che una volta di più che nulla appariva".
Trovandosi in una situazione con diversi plot confusi, con il pilota e l'obiettivo a meno di un miglio di distanza, e senza contatto visivo, il capitano Rodolfo ricevette istruzioni di entrare in orbita su di un punto e continuare la ricerca. "Mi trovavo ancora intendo a quest'operazione che il mio obiettivo aveva cambiato di posizione ed ora si trovava in un'altra direzione, a 50 miglia di distanza. Fui così orientato per questa nuova intercettazione".
Raggiungendo il punto dove avrebbe dovuto trovarsi l'obiettivo, non ebbe contatto col radar di bordo né visivo. Venni istruito di ridurre ulteriormente il mio livello di volo, permanendo in orbita su di un dato punto e continuando la ricerca. Dopo un certo periodo trascorso in questa ricerca, ed in condiserazione del fatto che la mia autonomia di volo aveva già raggiunto il livello appena sufficiente a permettermi il rientro all'aeroporto in piena sicurezza, ricevetti istruzioni per il rientro".
Alle 22:45, ovvero poco dopo il Mirage del capitano Rodolfo, era decollato da Anapolis l'allora capitano Armindo de Souza Viriato de Freitas, pilotando un altro F-103. Secondo il suo racconto, il contatto col suo obiettivo fu esclusivamente effettuato mediante il suo radar di bordo, senza alcun contatto visivo. Ciò che più sorprese il pilota fu l'incredibile velocità del bersaglio, e la sua improvvisa sparizione. Senza aver avvistato alcunché, dopo pochi minuti il Mirage del capitano Rodolfo toccava la pista della base aerea di Anapolis. "Dopo l'atterraggio telefonai al mio controllore per il debriefing di routine. Fu così che appresi degli altri F-103 che erano stati fatti decollare. Essi decollarono dopo di me a causa della comparsa di diversi contatti radar sugli schermi del CINDACTA, in varie zone della regione Centro-Est".
"Terminate le procedure standard post-volo, fui autorizzato a ritornare alle mia residenza, dove arrivai alle 01:30. Un'ora piu tardi fui svegliato da un nuovo messaggio sul cercapersone. Era un nuovo allarme".
"Arrivando alla base ed entrando nuovamente in contatto con l'OP appresi che lo stato di allerta doveva essere mantenuto sul posto, con gli aerei pronti al decollo. Il mio gregario ed io rimanemmo così per circa 45 minuti. Poco prima delle 04:00 ricevemmo l'informazione che l'allerta era terminata e noi liberati".
Il secondo pilota a decollare dalla base aerea di Santa Cruz alle 23:15, il capitano Marcelo Brisola Jordao, racconta anche lui la sua esperienza: "Una cosa che mi colpì in quella notte fu la chiarezza del cielo. Non avevo mai visto una notte tanto chiara. Sai, quelle notti che puoi andare in macchina a luci spente e riesci a vedere tutto? Si poteva vedere la valle del Paraiba fino San Paolo. Non c'era alcuna nuvolosità, si poteva vedere il contorno delle montagne. Ben poche volte mi capitò di volare in tali condizioni di ottima visibilità".
"Andando in direzione di Sao Josè dos Campos, fui istruito da Brasilia di fare il controllo dell'armamento. Fu a questo punto che m'informarono di avere circa cinque contatti a me, ad una quindicina di miglia di distanza. Io non vedevo nulla, né sul radar né fuori, ma l'informazione era che si stavano avvicinando sempre di più. Dieci miglia, cinque, tre, e io che continuavo a pensare che non era possibile non individuare un tale contatto".
Il controllore informò il pilota dell'F-5: "Adesso li hai dietro, ti accompagnano come se fossero in formazione con te", ma lui continuava senza avvistare nulla.
"Fui autorizzato a fare un 180 e continuai senza vedere alcunché. Arrivai a Sao José dos Campos, volando a circa 15 mila piedi e cominciai ad orbitare. Chiamami Kleber sulla frequenza tattica per sapere se lui aveva visto qualcosa. Lui mi disse di si, ma che quando aveva tentato di andargli contro, questo aveva cominciato a salire".
"Quando mi trovavo a Sao Josè dos Campos, guardai verso l'Isola Bela per la prima volta vidi una luce rossa, ferma. Per me stava a livello dell'orizzonte, ma io stavo guardando verso l'oceano, il che mi fece pensare che si potesse trattare di una grande nave o di un qualche altro tipo di illuminazione. Era come la luce di segnalazione alla sommità di un edificio molto alto. Rimase ferma, non mutò di colore, non lampeggiò né mutò di aspetto. Avvisai il controllo che stavo osservando una luce di prua, a 90 gradi in direzione dell'oceano. Siccome il mio avvistamento corrispondeva con quanto osservato dal radar di terra, fui istruito di andare nella sua direzione".
"Accelerai a velocità supersonica e l'aspetto della luce non mutava. Fui informato che questa stava procedendo alla stessa mia velocità. Mantenni questa velocità fino a quando non raggiungi al livello di combustibile minimo e fui costretto a fare ritorno. Per me, decollato su ordine dato da Brasilia, fu la maggior frustrazione della mia vita. La luce che vidi poteva essere una nave all'orizzonte, o chissà, qualsiasi altra cosa. Ma è impossibile arrivare ad una qualsiasi conclusione definitiva".
Ad Anapolis, un quinto pilota partecipò alla missione d'intercettazione: l'allora capitano pilota Julio Cezar Rozenberg, con all'epoca 1.900 ore di volo su aerei da caccia, di cui 550 sul Mirage. "Era un giorno normale al 1° Gruppo della Difesa Aerea, fino al momento in cui il mio cercapersone suonò di mattina presto. Era scattato l'allarme. M'alzai senza nemmeno sapere che ore fossero. Fa tutto parte della routine. Mi vestii e sulla strada per la Base continuavo a chiedermi se quella potesse essere un'altra esercitazione".
"Io speravo di volare; non c'è nulla di peggio che andare all'hangar in stato di allerta, dover rimanere là per poi alla fine essere rilasciato. Ogni missione della Difesa Aera è reale fino a quando non è cancellata, così indossai la tuta anti-g, il colletto ed i meccanici confermarono che il velivolo era pronto. Anche l'armamento era a punto e rifornito di munizioni. Erano passati solo 22 minuti dal momento in cui era scattato l'allarme. Mi preparai per il decollo cercando di immaginare quello che stava succedendo".
"Data la prossimità con Brasilia, immaginai che avrei dovuto andare dietro ad un qualche volo commerciale, ma in questo caso avrei dovuto avvistare le luci anti-collisione. Seguii tutti i comandi del controllore. La notte era bella, con visibilità illimitata. Era possibile vedere tutto laggiù, dalle luci della città fino ai fari delle auto".
"Fui istruito di aumentare la quota. Verificai ancora una volta il radar di bordo ed abbassai un poco l'elevazione dell'antenna. Continuai accompagnando il radar di bordo ed effettuando la ricerca visuale. La nostra distanza, riferita dal controllore, era di sole tre miglia ed io continuavo senza riuscire ad avvistare nulla. Immaginai che fossero gli F-5 del Gruppo Caccia che andavano ad attaccare la base in missione di addestramento".
"Chiesi al controllore di potermi avvicinare ancora di più fino a 'confondermi' con i plot, arrivando in mezzo a loro provenendo da dietro. Pensai che i contatti avrebbero finito con l'accendere le luci, dato che immaginavo stessero ascoltando i canali della Difesa Aerea. Il controllo annunciò un miglio di prua, ma io non avevo nulla sul radar né in visuale. Il mio volo durò circa 30 minuti e dopo questi tentativi di intercettazione feci ritorno alla base senza aver avuto alcun tipo di contatto".
Dopo che la situazione nelle basi aeree del paese ritornò normale, verso le 03:00 quando apparentemente i cieli brasiliani non erano più frequentati da nulla fuori del normale, un volo cargo della Varig, decollato da Garulhos per l'aeroporto Galeao, a Rio de Janeiro partecipò anch'esso all'evento.
Il comandante del Boeing 707 cargo, Geraldo Souza Pinto, il co-pilota Nivaldo Barbosa ed il tecnico di volo Guntzel, assieme all'allora capitano pilota Oscar Machado Junior, che all'epoca prestava servizio nel 2°/2° GT e partecipava al volo per addestramento ai sistemi del 707, non immaginavo certo quello che stava per succedere: "quando ci trovavamo a circa 12 mila piedi, il CINDACTA chi chiamò per radio e chi chiese se avevamo in vista del traffico nella posizione delle nostre ore 11. E' normale che questo si verifichi durante un volo, ma fu strano quando, dopo aver risposto negativamente, il controllore disse: "Per vostra informazione, si tratta di un OVNI (Oggetto Volante Non Identificato)", riferisce il comandante.
"Ci guardammo in faccia, immaginando di non aver compreso il messaggio e chiedemmo che l'informazione venisse ripetuta. Il controllo confermò il messaggio e disse anche che, da circa le ore 22 di quella notte, oggetti non identificati stavano comparendo sotto forma di plot sugli schermi radar. Fu allora che apprendemmo che l'Aeronautica era entrata in azione qualche tempo prima. Confesso che in quel momento provai un'emozione incredibile".
"Chiedemmo se aveva il contatto sul suo radar, e la risposta fu positiva. Il controllore ci disse che la posizione del contatto in quel momento era alle nostre ore 11 e ci chiese di tentare un avvistamento. Fu in quel momento che lo vidi. Una luce molto forte che brillò, come un faro bianco. L'emozione che provo ancora oggi si confonde con la certezza che esso stava ascoltando il nostro colloquio radio. Nello stesso momento in cui ci avevano risposto di no, quello si era acceso, come per dire: 'Eccomi qua!' ".
"Non avevamo idea dell'altezza di questo traffico, dato che i radar degli aerei commerciali sono di tipo meteorologico e a differenza di quelli dei caccia, è molto difficile che riescano a captare altri velivoli, non essendo costruiti per quello scopo. Il controllore inoltre non poteva sapere la quota dell'oggetto, dato che, in assenza dei dati del trasponder, tutto ciò che vede ha un'unica dimensione sul radar, senza differenziazioni di quota". L'oggetto era vicino a Santa Cruz, e la nostra distanza era intorno alle 90 miglia. Quello che posso dire è che esso era, visualmente, di circa 20 gradi più in alto di noi. Raggiungemmo la quota di crociera di 23 mila piedi e durante tutto il volo il controllore continuò ad informarci sul suo avvicinamento. Passò a 60 miglia, poi a 50, sempre di prua".
L'equipaggio del Boeing abbassò le luci dentro la cabina ed accese i fari esterni cercando di individuare il contatto: "Eravamo quattro persone dentro il cockpit oscurato di un aereo cargo, che scrutavano il cielo, avidi di trovare una spiegazione per quella cosa che si avvicinava tanto al nostro 707. D'un tratto, guardai Nivaldo e notai una sua espressione, come se volesse mostrarmi qualcosa. Disse che qualcosa si era spostato lasciando una scia luminosa, ma che avrebbe potuto essere un meteorite, evento molto comune".
"Il controllore allora ci informò che il bersaglio si era spostato con alta velocità verso la nostra destra, raggiungendo in una frazione di un secondo una velocità incredibile, superiore a Mach 5. Un essere umano non potrebbe sopportare una accelerazione così forte. Morirebbe con un tale dislocamento". Proprio in quel momento l'oggetto scomparve dal lato destro per poi tornare a posizionarsi direttamente in prua dell'aereo, già ad una distanza minore, secondo il pilota. "Eravamo a circa 30 miglia da lui. L'impressione che dava era che si stesse spostando a bassa velocità e che noi ci stavamo avvicinando a lui".
"L'avvicinamento continuò. Il radar continuava a fornirci le distanze: quindici miglia, dieci, cinque...Nella migliore delle ipotesi entreremo nella Storia!", scherza il comandante Souza Pinto. "Ma io guardavo, guardavo e non vedevo nulla. In quel momento il controllore disse: 'Tre miglia, due, una...Varig, il traffico adesso si è fuso con il plot del vostro aereo'. Noi guardavamo in su, guardavamo in giù, ma non riuscivano a vedere nulla! Il controllo poi ci informò che il contatto stava passando dietro al nostro velivolo, ma cominciarono ad esserci interferenze dovute al suolo e alla fine il radar lo perse di vista".

Conclusioni finali

Due decadi sono passate dalla "Notte degli OVNI", senza che si sia giunti ad alcuna conclusione scientifica. I resoconti di chi ha vissuto questa esperienza sono la forma migliore di valutare i fatti e di trarre le proprie conclusioni. Ciò che ha sorvolato il territorio brasiliano nel corso di quella notte continuerà con tutta probabilità ad essere un mistero per gli anni a venire.
Il Ministro dell'Aeronautica dell'epoca, il generale di Brigata Octavio Julio Moreira Lima, dice che ancora oggi, anche con tutti i rapporti dei controllori e dei piloti a disposizione, non c'è modo di arrivare a delle conclusioni definitive. "Ci sono molte ipotesi. Potrebbe essersi trattato di un fenomeno elettromagnetico, un qualche tipo di interferenza...Ma la situazione continua ad essere indefinita. Ci tengo solo a sottolineare, che il radar non registra illusioni ottiche", afferma.
"Il pilota si che, soprattutto la notte, è soggetto a fantastiche illusioni ottiche. Volando sull'acqua, ad esempio, laggiù in basso ci vedi il cielo, ed è per questo che occorre volare con gli strumenti. Vi sono stati casi di persone che vedevano cose strane, ma la maggior parte di queste storie è del tutto fantasiosa. Una autorità quindi deve prestare molta attenzione per evitare di far diventare critica una situazione già di per sé allarmante".
"Quando qualcuno rileva un contatto, informa il controllo del traffico aereo, che a sua volta riferisci ai centri integrati, situati a Curitiba (stato di Paranà), a Brasilia, a Recife (stato di Pernambuco) e nell'Amazzonia...Questi centri sono in contatto permanente fra loro, tutto è automatizzato. Io venni immediatamente informato. Quando si verifica una tale situazione, il comando Generale dell'Aria informa subito il Ministro. E' da qui che viene dato il via alle intercettazioni".
"E' fu così che si verificò. I caccia si levarono in volo con l'ordine di verificare. In alcun momento venne mantenuta una postura aggressiva. Come avremmo potuto colpire qualcosa che non conoscevamo? Le luci vennero rivelate sul radar e noi dovevamo tentare di identificarle. Non c'era quella preoccupazione di decollare carichi di missili, come nei film. I velivoli di allerta normalmente sono armati. Rimangono 24 ore su 24 con il pilota al fianco, pronti al decollo in pochi minuti ma, in principio, senza ordine di fare fuoco".
Le opinioni sul fatto variano da persona a persona. Anche chi non riuscì ad effettuare alcun tipo di contatto ha comunque le sue idee. E' il caso del capitano Julio Cezar Rozenberg, oggi colonnello della Riserva, che dovette accontentarsi degli altrui resoconti. “Il giorno dopo vidi i servizi televisivi e radio che annunciavano le varie intercettazioni di OVNI della notte trascorsa. E proprio io, un appassionato di tali questioni, non vidi nulla! Ma ci sono arrivato vicino. Ritengo che in un Universo infinito, con tutte le possibilità che ci sono, non c'è modo che siamo soli".
Pensieri simili a quelli del generale di Brigata Moreira Lima: "Mi chiedono spesso se credo o no alla presenza di oggetti volanti non identificati quella notte" rivela il generale. "Io non posso dire che ci credo come non posso dire che non ci credo, perché così come l'Universo in generale, questo è un qualcosa che va oltre la nostra comprensione. Si arriva ad un punto in cui le cose oltrepassano le nostre capacità di intendere ed è li che hanno inizio le speculazioni. Io dico sempre che siamo prodotti dell'Universo; prodotti chimici, fisici, di tutti i tipi. Sarà mai possibile che questo prodotto esista solo qui sulla Terra? Ci sono miliardi di stelle e pianeti là fuori".
Il tenente Kleber, oggi ufficiale della riserva e pilota comandante nella Varig, anche dopo aver steso la sua relazione, confessa che non è arrivato ad alcuna conclusione: "Ebbi contatto visuale ed elettronico. Era qualcosa di solido. Dicono che in quella zona vi sono molte anomalie magnetiche, ma io non credo che c'entrino. Le anomalie hanno movimenti irregolari, aleatori. Nella mia relazione chiesi che venisse accertato se vi fossero state navi portaerei in prossimità della costa, o velivoli nel nostro spazio aereo che potessero attuare contromisure elettroniche, iniettando dei plot nei nostri radar".
"Nulla di ciò che immaginai venne confermato. Sulla base di questo, affermare che io credo agli OVNI, o che quello era effettivamente un OVNI, è un'altra cosa. Ciascuno di noi ha le sue proprie opinioni. Penso che questo Universo è troppo grande per ospitare solo noi. Sarebbe un grande egoismo da parte nostra credere che sia veramente così, ma la realtà è che siamo su di una linea molto tenute. Era la posizione che avevo all'epoca, l'aereo su quale volavo, e tutte le mie credenze. Quindi preferisco riferirmi solo alla parte tecnica".
Per chi accompagnò e partecipò agli eventi restando davanti allo schermo del radar, come nel caso del maggiore pilota Ney Antunes Cerqueira, oggi colonnello della Riserva, in quella notte ci fu davvero qualcosa al di sopra del Brasile: "E' solo che non possiamo dire che cosa fosse. Ma, a causa della concomitanza di diverse osservazioni radar di bordo, non possiamo negare che ci sia stato veramente qualcosa. Fu che non disponevamo di mezzi tecnici per verificare visivamente di che potesse trattarsi, a parte il contatto visuale dei piloti".
"Come si potrebbe spiegare ad esempio il comportamento degli strumenti di bordo dell'F-5, che rimasero in qualche molto influenzati dagli avvenimenti? La radio invece non subì alcun disturbo e fu possibile mantenere le comunicazioni per tutta la durata degli eventi".
"C'erano anche i nastri con le conversazioni fra controllori e piloti, che vennero attentamente analizzati. All'epoca fu anche fatta una relazione, ma non saprei dire dove si trovano oggi quei nastri. Probabilmente non esistono più. Quando lasciai l'incarico di Capo del CODA le indagini erano già state chiuse".
"Analizzando l'avvenuto come tecnico della Difesa Aerea, perché quella era la funzione che svolgevo, posso affermare che nel fare questo ci si attiene solamente ai fatti. Fin dall'inizio e per tutta la durata degli avvenimenti, io ho sempre verificato la presenza dei contatti. Se traiamo le conclusioni sulla base delle analisi tecniche dopo aver preso in esame le registrazioni dei radar di Brasilia, Santa Cruz e Pico do Couto, vicino a Petrolis, è possibile affermare che si è effettivamente manifestato qualcosa di strano".
"Un momento l'oggetto rimaneva fermo nello spazio, per poi sviluppare velocità gli oltre Mach 3, con variazioni a volte instantanee ed a volte graduali. I bersagli circondavano i nostri velivoli e cambiavano direzione relativamente a loro. Movimenti che non permisero di avvicinarsi. Tutto ciò che venne avvistato furono delle luci che presentavano intense variazioni".
"Potrei addirittura arrivare a dire che si, volevano proprio essere visti. Ma l'incognita rimane. Quello che è successo è successo. Ma che cosa? Io non saprei dirlo. Ma sono avvenimenti che si imprimono nella mente delle persone, perché sono fatti molto fuori dal comune. Io, di sicuro, non dimenticherò mai quel 19 maggio".

Il comandante del Boeing Geraldo Souza Pinto, dopo che ebbe presentata la sua relazione, non venne convocato per ulteriori chiarimenti. "La maggior parte delle persone non sa che alle 03:00 ancora c'era un oggetto lassù. A dire il vero, a molta gente proprio non piace parlarne, ma fu cosa che io vidi. Sinceramente, trovo che sia stato un privilegio!" , afferma.
Anch'egli conferma il fatto che i piloti sono soggetti a molte illusioni ottiche: "Io stesso ormai mi sono stancato di vedere Venere che prende forme strane, e molta gente pensa che si tratti di un OVNI. Gli aerei attraversano strati d'aria di densità differente, il che provoca fenomeni di rifrazione, tali da creare effetti ottici che fanno sembrare che le cose cambino forma".
"Questa volta però ci fu la conferma del radar, il che prova che non si tratta d'una illusione. Avrebbe potuto essere un aereo? All'inizio pensai di si. Avrebbe potuto essere un aereo di contrabbandieri, o un aereo spia, non so".
"All'epoca vi furono diverse interviste con persone di vari segmenti della società, con ciascuno che cercava di trovare soluzioni in accordo con il suo settore di conoscenza, generalmente attribuendo la causa a fenomeni fisici, chimici o di ambito spirituale. Ma anche così io non riesco a convincermi. E quelle accelerazioni? La localizzazione precisa in prua? Il contatto radar? La 'coincidenza' di farsi vedere nel momento del contatto radio iniziale? Non quadra. Era qualcosa veramente al di fuori della nostra comprensione. Potrebbero essere cose da altri pianeti, o dalla Terra stessa, insomma mi resta solo da concludere che si trattava di un Oggetto Volante Non Identificato", afferma il comandante.

Per il generale Moreira Lima, la sua maniera chiara di parlare su questi eventi - in fin dei conti fu una delle prime autorità mondiali ad ammettere pubblicamente la presenza di OVNI - fu uno dei principali motivi delle tante speculazioni che fiorirono: "Dissi che avrei fatto un'intervista pubblica e la feci. Ho riferito ciò che sapevo, quello che successe e che venne fatto, e che ancora oggi non possiamo spiegare. Chissà un giorno...."
"Ai tempi dei cannibali un fulmine era una informazione divina. Ritengo che esista una spiegazione qualsiasi cosa, ma devo ammettere che gli spostamenti di quelle luci erano veramente assurdi, e lì è molto difficile cercare di capire. Ci si può immaginare qualsiasi cosa. Devo ammettere che da questo lato sono piuttosto scettico, non mi impressiono facilmente. Se la fisica non ci dà spiegazioni oggi, sicuramente ce le darà domani".

E noi, semplici terrestri, continueremo ad aspettare...

Fonte: Articolo comparso originariamente su“Força Aerea”, rivista Brasiliana specializzata in aviazione militare. L'articolo è stato interamente tradotto da Paolo G su PDF, e riportato sottoforma di articolo dal sottoscritto

Fonte originale: www.saindodamatrix.com.br/archives/2007/06/a_noite_dos_...

Rapporto del Comandante della Difesa Aerea Brasiliana



Questa è la parte più importante del rapporto, dato che è la conclusione finale, cioè l'idea finale che si è fatta l'aeronautica.



Si legge che:

Sulla base dei fenomeni costanti osservati in quasi tutti gli eventi, questo Comando è del parere che i fenomeni sono solidi e dimostrano una certa forma d’intelligenza, data la capacità di accompagnare e mantenere le distanze rispetto agli osservatori come anche di volare in formazione, anche se non necessariamente pilotati.

Il Rapporto dell'Aeronautica interamente tradotto da Paolo G. paolog.webs.com/casi/bras/nuub/RappUffNUUB-Ita.pdf

saturn_3
00martedì 27 marzo 2012 14:01
[SM=g8884] Un altro caso che non conoscevo ma ricco di dettagli e rilevamenti radar!
AlessandroCacciatore
00martedì 27 marzo 2012 14:06
Bisogna anche sottolineare che l'aeronautica Brasiliana ha una sua certa apertura nei confronti del fenomeno, mica come accade in Europa (discorso a parte comunque lo meritano i francesi e quanto detto dall'AM Belga nel'90), incluso da noi. L'aeronautica non ha escluso la possibilità che la matrice UFO sia aliena, che il fenomeno esiste, e che sono stati più volte coinvolti (i piloti) in incontri ravvicinati. Lo stesso lo riferì qualche anno fa il Cile. Insomma, tutti paesi cosiddetti non industrializzati, ma comunque con una certa apertura, importante e giusta, che aiuta la vera ricerca ufologica. A noi questo torna comodo, e infatti siamo ora a conoscenza di questo importante caso avvenuto nel 1986.
saturn_3
00martedì 27 marzo 2012 14:17
Il problema è che poi paesi come il Cile portano come prove filmati patacca come quelli degli insetti durante la parata aerea. E questo mi lascia dubbioso riguardo a degl' enti come il CEFAA. Non capisco come possano essere tratti in inganno da degli insetti! resta il fatto che nei casi che hai riportato ci sono rilevamenti radar, analisi chimiche e molte testimonianze. Questo è già un buon punto di partenza per una ricerca seria.
AlessandroCacciatore
00martedì 27 marzo 2012 14:41
Purtroppo le patacche che ci son venute dal Cile non aiutano, affatto, e portano seri dubbi sulla professionalità del gruppo CEFAA, e questo mi dipiace molto, è stata una vera delusione. Sia come sia, io non prendo tutto con pessimismo, e spero comunque che trovino casi realmente anomali, interessanti, e che vengano pubblicati.
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