Energia: la nuova èra del carbone

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(richard)
00mercoledì 30 luglio 2008 18:02
Si inaugura oggi nei pressi di Civitavecchia la nuova centrale ENEL di Torrevaldaliga Nord. Entrata in funzione tra il 1984 ed il 1986, la centrale produceva elettricità da olio combustibile ed è ora stata riconvertita a centrale a carbone.

L'esistenza della centrale, del resto, era già salita agli onori delle cronache in questi anni per via delle proteste, le raccolte di firme e gli appelli dei comitati di cittadini nati per opporsi alla riconversione della centrale.

Lo scorso 16 luglio era stata anche depositata una petizione del comitato "No Coke" di Tarquinia al Parlamento Europeo: l'apertura della centrale era avversata dagli abitanti della zona per la paura di conseguenze nocive sulla salute e sull'ambiente.

I No Coke di Tarquinia e Civitavecchia, del resto, non sono gli unici ad opporsi alla presenza di una centrale elettrica a carbone sul loro territorio. Nella Repubblica Ceca e in Germania ci sono state negli ultimi mesi altrettante proteste.

Anche l'Inghilterra ha iniziato i lavori per un impianto a carbone che entrerà in funzione nei prossimi anni nella regione del Kent. E anche in Inghilterra i cittadini si sono organizzati in comitati locali per opporsi a questa scelta, al grido di "no coke!".

Le proteste italiane hanno perfino attirato l'attenzione del New York Times che a maggio ha dedicato un articolo di prima pagina all'argomento. L'impianto di Torrevaldaliga sarebbe per molti versi un modello di efficenza.

E' dotato di dispositivi per il riciclaggio di sostanze potenzialmente inquinanti e, ad esempio, il nitrito di ossido prodotto nella lavorazione può essere trasformato in ammoniaca che così può essere riciclata vendendola alle industrie che la utilizzano.

L'impennata dei prezzi dei combustibili degli ultimi mesi e le conseguenti impennate delle bollette degli italiani renderebbero ormai auspicabile la possibilità di produrre energia eletttrica a costi più bassi. Ma si parla, è ovvio, solo di costi che toccano il portafoglio.

Secondo uno studio sull'energia a carbone fatto da Greenpeace nel 2006 l'Italia avrebbe tentato di forza le direttive dell'Unione Europea sulle emissioni di sostanze inquinanti, "per far spazio al carbone, la fonte più sporca e con le maggiori emissioni specifiche di gas a effetto serra.

L'applicazione della Direttiva in Italia tende a salvaguardare il carbone, vanificando il senso della norma, che vorrebbe invece introdurre un meccanismo di mercato per premiare le soluzioni più pulite ed efficienti".

L'Unione Europea con la Direttiva Emissions Trading (2003/87/CE), ha infatti istituito un sistema scambio di quote di emissioni tra le imprese, che ha preso avvio il 1°gennaio 2005 e prevede 2 periodi: 2005-2007 e 2008-2012.

L'Emission Trading è uno strumento economico di politica ambientale che riguarda specificamente le emissioni di gas serra e ne fissa un tetto di emissione per le imprese. La direttiva, inoltre, istituisce un sistema di mercato dei permessi di emissione.

La Commissione Europea ha anche dato supporto finanziario a ricerche tecniche ed economiche che riguardassero la produzione e l'uso di carbone.

Del resto, bisogna ricordare che in altri paesi si utilizzano altre modalità alternative alla produzione di elettricità da oli combustibili solo perchè si ricorre al nucleare, come negli Stati Uniti e in Francia, o perchè si fa un massiccio uso di centrali a carbone, come in India e in Cina, che è il maggiore consumatore di carbone al mondo.

Secondo il rapporto di Greenpeace, in Italia sono già undici gli impianti che producono elettricità lavorando il carbone: Brindisi Sud (Enel), Fusina (Enel), Fiumesanto (ENdesa), Vado Ligure (Tirreno Power), La Spezia (Enel), Monfalcone (Endesa), Genova (Enel), Sulcis (Enel), Marghera (Enel), Bridisi Nord (Edipower) e Bastardo (enel).

Il problema è, quindi, che le nuove centrali a carbone andrebbero ad aumentare le emissioni di biossido di carbonio, finendo così per innalzare le emissioni totali.

L'Italia, dice Greenpeace, farebbe così dei passi che la allontanerebbero dai traguardi che si dovrebbero raggiungere, entro il 2012, secondo le direttive del protocollo di Kyoto cui si rifanno le direttive CEE.

Le accuse di Greenpeace si sono anche spinte oltre: "il Piano Nazionale di Assegnazione dei permessi di emissione" sarebbe servito "esclusivamente a consentire all’ENEL di completare la conversione a carbone dell’impianto di Civitavecchia (1980 MW), che emetterà circa 10-11 MtCO2 all’anno".

I dirigenti dell'ENEL, del resto, assicurano che l'impianto di Torrevaldaliga lavorerà con carbone pulito e per il momento il livello di energia prodotta sarà contenuto così come, di conseguenza, anche le emissioni di carbonio.

Il comitato No coke contesta la definizione di carbone pulito, dicendo che di fatto non esiste ancora un carbone che si possa chiamare pulito. Che questo sia vero o no, la prudzione di energia a carbone tocca un problema non solo italiano ma globale.

Le recenti fuoriscite dalla centrale nucleare di Romans-sur-Isere, in Francia, ci hanno ricordato il lato più pericoloso di una modalità di produzione di energia che è una delle poche alternative agli olii combustibili.

Intanto, le fotografie delle strade di Pechino ci mostrano una città dove l'inquinamento è così forte, e le emissioni di gas serra sono così forti, da oscurare il cielo nei giorni di sole.

Non a caso, il già citato articolo del New York Times, firmato da Elisabeth Rosenthal, parla della possibilità di catturare e stoccare il carbonio emesso dalle centrali a carbone, come da molti altri stabilimenti industriali, quasi si trattasse di un'impresa simile allo sbarco sulla luna, un'impresa per la quale le tecnologie sono ancora in fase di ricerca e di studio.da:Nuova Agenzia Radicale
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