Di cosa sono fatti gli anelli di Saturno?

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papero16
00lunedì 9 aprile 2012 11:28
La storia degli anelli di Saturno inizia con Galileo. Lo scienziato aveva infatti avvistato, molto vicino alla superficie del pianeta, un qualcosa, forse dei satelliti. Così vicino che nell’insieme Saturno gli appariva come tricorporeo, ovvero con un grande corpo centrale e due protuberanze ai lati. Ci aveva visto bene. Forse non benissimo, ma abbastanza da rendere quel pianeta speciale, degno di essere studiato più a fondo. Solo le limitazioni del suo telescopio non gli avrebbero permesso di andare oltre e capire cosa fossero realmente quelle protuberanze. E così il merito per la scoperta di quel disco attorno a Saturno sarebbe toccato a Christiaan Huygens, mentre invece qualche anno dopo Giovanni Domenico Cassini ne avrebbe proposto un’iniziale suddivisione.

Così dalla fine del Diciassettesimo secolo era chiaro che Saturno aveva degli anelli, ma per sapere di cosa fossero fatti ci sarebbe voluto ancora un po’ di tempo. Cassini per esempio aveva innanzitutto capito una caratteristica fondamentale degli anelli: non si trattava di una struttura continua intorno al pianeta, perché c’era anche uno spazio vuoto che li separava in due diverse porzioni (quello che oggi viene appunto riconosciuto come divisione Cassini, altre vennero scoperte poi, così come i diversi anelli).

Ad aggiungere un altro pezzo al puzzle è William Herschel, nel Diciottesimo secolo: quegli anelli erano sottili, al massimo qualche centinaio di chilometri (oggi in realtà si stima che siano spessi addirittura appena 10 metri, in media). Poi James C. Maxwell intorno alla metà dell’Ottocento smentì la teoria secondo la quale questi gli anelli fossero solidi. Secondo fisico scozzese, infatti, un modello del genere era instabile e suggerì che gli anelli fossero costituiti di tanti parti più piccole che ruotavano intorno al pianeta sembrando dei corpi unici nel complesso.

Ma non solo: Maxwell completò la sua teoria suggerendo che i corpi più vicini a Saturno si muovevano più velocemente di quelli più lontani. Una teoria che avrebbe ricevuto conferma grazie all’astronomo americano James Edward Keeler che annunciando la sua scoperta, avvenuta grazie allo spettrogramma del 9 aprile 1895, scriveva: “Ho recentemente ottenuto la prova spettroscopica della costituzione meteoritica dell’anello, che è di notevole interesse perché rappresenta la prima prova diretta della correttezza dell’ipotesi accettata, e perché dimostra in un modo bellissimo (penso io) l’utilità del principio di Doppler e del valore dello spettroscopio come strumento per misurare i moti celesti”.

La prova era questa. Keeler aveva ottenuto una serie di spettrogrammi dall’ Allegheny Observatory di Pittsburgh, dove lavorava in qualità di direttore, sulla luce solare riflessa dagli anelli di Saturno. E fu analizzando quello della notte di aprile che intuì che Maxwell aveva ragione. Aveva infatti dedotto, anche grazie all’ effetto Doppler, che la velocità degli anelli non era uniforme.

Ovvero che gli stessi anelli erano fatti di tanti piccoli pezzi, ognuno con la propria velocità in funzione della distanza dal pianeta: più veloce in prossimità di Saturno, meno nelle zone più esterne. Keeler aveva quindi dimostrato che potendo fare uno zoom su quei dischi piatti avvistati da Terra ci avremmo trovato dentro tanti singoli corpi. Gli stessi che sarebbero stati studiati poi dalle missioni Voyager e Cassini-Huygens.

Fonti: daily.wired.it/news/scienza/2012/04/09/anelli-di-saturno-23424.html?page=1...
_Thomas88_
00martedì 10 aprile 2012 18:55
Ottimo articolo.

Gli anelli di Saturno mi hanno sempre affascinato...e non solo a me!
papero16
00mercoledì 11 aprile 2012 20:32
Infatti oltre a essere interessanti dal punto di vista scentifico, sono anche stupendi da guardare [SM=g2201349]
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