Dalla canna al serbatoio: le nuove frontiere del biocarburante

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_Thomas88_
00venerdì 24 dicembre 2010 12:45
È migliore della canna da zucchero brasiliana. Recupero di terreni marginali non utilizzati dall'agricoltura.

La semplice canna comune, Arundo donax è il suo nome botanico, quella che cresce lungo i fossi o i margini delle strade, rappresenta il futuro dei biocarburanti, in particolare dell'etanolo che può essere addizionato alla benzina. In Brasile l’etanolo ricavato dalla canna da zucchero ormai è una realtà da oltre 30 anni, ma come fare per tradurre anche nei nostri climi questa possibilità che ci viene offerta dalla natura se la canna da zucchero in Italia non cresce? Impresa non facile, che ha richiesto 120 milioni di euro di investimenti e cinque anni di ricerche per arrivare a trovare la pianta più adatta e mettere a punto il processo di lavorazione ottimale.
M&G - I soldi sono stati investiti dal gruppo M&G (Mossi e Ghisolfi), multinazionale con sede in Italia, leader mondiale nella produzione del Pet (la plastica delle bottiglie), 3 mila dipendenti e 3 miliardi di dollari di giro d’affari. Nel 2004 con l’acquisizione della Chemtex il gruppo italiano ha dato una svolta alla propria strategia, entrando nella chimica «verde» dei biocarburanti. E a Rivalta Scrivia, in provincia di Alessandria, utilizzando anche le possibilità offerte dal Parco scientifico tecnologico e dall’onlus EnergEtica, il distretto agro energetico del Nord Ovest, è sorto il laboratorio dove è nato il bioetanolo avanzato di seconda generazione, quello appunto derivato dalla canna comune.
5 caratteristiche - «Era necessario trovare una pianta che unisse cinque caratteristiche», spiega l’ingegnere Giuseppe Fano, direttore M&G del centro di ricerca di Rivalta Scrivia. «Non fosse alimentare - per uomini o animali - per motivi etici; avesse scarso bisogno di acqua e di concimi; fosse disponibile tutto l’anno; crescesse su terreni marginali poveri e non utilizzati dalle coltivazioni intensive; e fosse autoctona, ampiamente diffusa, disponibile e con un’alta resa. Dopo cinque anni di ricerche e sperimentazioni, l’abbiamo trovata», prosegue Fano. «È la canna comune, che ha tutte le caratteristiche necessarie e inoltre fornisce 40 tonnellate per ettaro di sostanza secca equivalente e, una volta lavorata, consente di ottenere 10 tonnellate per ettaro di bioetanolo, addirittura di più di quanto si ricava dalla canna da zucchero in Brasile».
Motivi – L'impegno è trovare prodotti alternativi al petrolio e diminuire la dipendenza dalle importazioni dall’estero che ogni anno costano al Paese miliardi di euro e, tramite i biocarburanti (che hanno un bilancio tra CO2 seqeustrata ed emessa quasi zero) diminuire le emissioni di gas serra. Ma qual è la sostenibilità economica del progetto? In parole povere: quanto costa un litro di bioetanolo? «Il bioetanolo è competitivo se il prezzo del petrolio non scende sotto i 60-70 dollari al barile». E in questi giorni le quotazioni sono intorno a 88 dollari, mentre un paio d’anni fa sono giunte anche a 140 dollari a barile.
Stati Uniti apripista - Lo scorso ottobre l’Ente di protezione ambientale statunitense (Epa) ha autorizzato nelle automobili costruite dopo il 2007 l’impiego dell’E15, carburante composto per il 15% da bioetanolo e per l’85% da benzina. Per i veicoli costruiti tra il 2001 e il 2006, è prevista un’altra autorizzazione entro il 2011. Sempre gli Usa hanno stabilito che nel 2022 il 58% dei 136 miliardi di litri di biocarburanti che verranno prodotti nel Paese non potranno derivare da coltivazioni alimentari come il mais. Due gli obiettivi: diminuire la dipendenza dalle importazioni dall’estero ed evitare, come avvenuto negli anni 2006-2008, l’aumento eccessivo dei prezzi di prodotti essenziali all’alimentazione umana e animale, come grano, mais e soia. Attualmente negli Usa vengono prodotti 41,6 miliardi di litri di biocarburanti.
Convenienza – «Per essere conveniente, l’etanolo prodotto dalla canna deve però soddisfare altre condizioni: per esempio la cosiddetta filiera corta», spiega ancora l’ingegner Fano. «Stiamo realizzando un impianto pilota a Crescentino, in provincia di Vercelli, da 40 mila tonnellate di bioetanolo che entrerà in funzione nel 2012. Per alimentarlo sono necessarie canne raccolte un’area di 4 mila ettari, che però non devono provenire da una distanza superiore a 30-35 chilometri. Altrimenti le spese di trasporto e il consumo di carburanti diventano eccessivi e il gioco non vale più la candela». Secondo Fano, inoltre, l’impianto ideale dovrebbe avere una taglia di 150-200 tonnellate di bioetanolo, quindi occorrono 15-20 mila ettari coltivati a canna – che si raccoglie tutto l’anno - a una distanza non superiore di 70 km dall’impianto.
Essenziale – Per arrivare a centrare il traguardo che l’Unione europea (e l’Italia) si è data con l’obiettivo 20-20-20, cioè entro il 2020 diminuire del 20% le emissioni di CO2, aumentare del 20% l’efficienza energetica e produrre il 20% dell’energia da fonti rinnovabili, nel nostro Paese sarà necessario produrre 1,5 milioni di tonnellate di bioetanolo. Quindi, come conferma Fano, bisognerà «coltivare» 150 mila ettari ad Arundo donaxe costruire 8-10 impianti per la produzione.
Ciclo produttivo – Da quando le canne entrano nell’impianto a quando viene prodotto il bioetanolo passano cinque giorni, anche se recenti studi americani basati sul batterio Zymomonas mobilis nella fermentazione dello xilosio, indicano che il ciclo può essere abbassato a un giorno e mezzo. Il trattamento è semplice e senza additivi chimici, che consumano energia. Dopo lo sminuzzamento, la massa vegetale viene «cotta» e fatta fermentare, più o meno come la birra. Se ne ricava un liquido con un certo contenuto di etanolo che, attraverso altri passaggi arriva a un contenuto di alcol etilico fino al 99%. Come sottoprodotto rimane la lignina, che ha un potere calorifico superiore al legno e viene bruciata per alimentare il processo industriale. Ciò che resta sono acque reflue contenenti carbonio dalle quali si può ricavare ancora metano e biogas e chiudere il ciclo industriale «bio» fino in fondo.

Fonte: Corriere della sera.It
filovirus59
00sabato 25 dicembre 2010 18:43
il bio carburante come l'alcool etilico ecc non derivati dal petrolio non verranno mai usati per autotrazione. le lobby dei petrolieri sono molto potenti e lo stato su 1,47 euro che costa al litro la benza ne guadaga 1 di tasse. il mancato introito come verrà recuperato?
(richard)
00sabato 25 dicembre 2010 20:52
....mi chiedo pero' fino a quando potra' andare avanti con questi idrocarburi......bisogna fare una svolta decisiva con l'idrogeno che mi sembra il miglior compromesso rispetto anche all'elettrico (troppo costoso)e schifezze varie. [SM=g10034]
filovirus59
00domenica 26 dicembre 2010 08:29
Re:
(richard), 25/12/2010 20.52:

....mi chiedo pero' fino a quando potra' andare avanti con questi idrocarburi......bisogna fare una svolta decisiva con l'idrogeno che mi sembra il miglior compromesso rispetto anche all'elettrico (troppo costoso)e schifezze varie. [SM=g10034]




gli esperti dicono una 60 anni ancora per gli idrocarburi nel frattempo l' uccs (Ufficio Complicazioni Cose Semplici) dello stato lavora a pieno ritmo cercando un propellente alternativo tipo quello elettrico con effetti collaterali non da poco (smaltimento batterie esauste) è della ricarica (almeno due ore) così un viaggio a milano da roma ci vorranno 12 ore almeno. (tre ricariche). [SM=g8334]
bambino_69
00domenica 26 dicembre 2010 12:30
Re: Re:
filovirus59, 26/12/2010 8.29:

.....della ricarica (almeno due ore) così un viaggio a milano da roma ci vorranno 12 ore almeno. (tre ricariche)...... [SM=g8334]




a meno che si instauri un sistema di "cambio" batterie: tolgo le scariche e metto quelle cariche. in questo modo i tempi sarebbero nettamente più bassi

(richard)
00domenica 26 dicembre 2010 15:28
Re: Re: Re:
bambino_69, 26/12/2010 12.30:




a meno che si instauri un sistema di "cambio" batterie: tolgo le scariche e metto quelle cariche. in questo modo i tempi sarebbero nettamente più bassi





....senza dubbio, ma con montagne di batterie!!!
_Thomas88_
00lunedì 27 dicembre 2010 14:16
Re: Re: Re: Re:
(richard), 26/12/2010 15.28:




....senza dubbio, ma con montagne di batterie!!!




Esatto!
Secondo me, i biocarburanti sono ok perchè possono essere coltivati dove il terreno non è utilizzato per le colture intensive (parlo per l'Italia).
Però anche l'idrogeno è ottimo per il futuro...anche se io mi immagino auto che vanno ad energia solare grazie a un cofano/tettuccio realizzati con pannelli solari. [SM=g8284]
filovirus59
00lunedì 27 dicembre 2010 14:31
leggo con piacere che siete sensibili al problema inquinamento, i bio carburanti tipo l'acool etilico che si estrae dalle barbabietole ecc ecc quando saranno presi in considerazione sarà troppo tardi. l'auto a pannelli solari...forse per uso cittadino, ma immaginate una station wagon familiare piena zeppa di bagagli in partenza per le ferie di agosto....arriveranno a destinazione forse per le ferie di natale.
_Thomas88_
00lunedì 27 dicembre 2010 14:49
Re:
filovirus59, 27/12/2010 14.31:

leggo con piacere che siete sensibili al problema inquinamento, i bio carburanti tipo l'acool etilico che si estrae dalle barbabietole ecc ecc quando saranno presi in considerazione sarà troppo tardi. l'auto a pannelli solari...forse per uso cittadino, ma immaginate una station wagon familiare piena zeppa di bagagli in partenza per le ferie di agosto....arriveranno a destinazione forse per le ferie di natale.




Eheh...certo, forse con tecnologie di adesso. Ma io confido in grandi sviluppi nei prossimi anni... [SM=g2201348]
(richard)
00lunedì 27 dicembre 2010 21:05
Vai con l'idrogeno......gia' negli anni 60 avevano mandato una Alfa Romeo Giulia ad acqua ma tutto fu coperto e finì con lo scomparire!!
fabik
00mercoledì 29 dicembre 2010 09:02
I biocarburanti sono una trappola per topi, le coltivazioni per biocarburanti daranno nuova linfa alla deforestazione e toglieranno spazio alle coltivazioni per il cibo dei paesi poveri, in sostanza non faranno altro che affamare ancora di più i popoli che già oggi pagano il prezzo del nostro benessere. (idem per i sacchetti della spesa biodegradabili).

Abbiamo bisogno di ben altro per colmare la fame di energia della nostra civiltà.
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