Contrordine: le espressioni facciali delle emozioni non sono universali

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papero16
00venerdì 20 aprile 2012 15:33
Una nuova ricerca su una questione che percorre la storia della psicologia da Darwin mette in discussione l'assunto secondo cui l'espressione facciale delle emozioni non dipende dalla cultura, ma è il frutto di una funzione biologica adattativa. Nei test, volontari occidentali e orientali forniscono risultati differenti quando si tratta di interpretare e categorizzare espressioni facciali generate al computer sulla base di movimenti muscolari elementari.


Le espressioni facciali delle emozioni sono universali oppure vengono apprese culturalmente? La questione è dibattuta da moltissimo tempo, a partire dalla ricerca di Charles Darwin, L'espressione delle emozioni nell'uomo e negli altri animali, in cui il padre dell'evoluzionismo sosteneva che le espressioni facciali rappresenterebbero una funzione biologica adattativa, tanto da essere considerata uno dei temi centrali della storia della psicologia.

Secondo l’ipotesi dell’universalità, in primo luogo esisterebbe un piccolo numero di stati emotivi comuni a tutti gli esseri umani. Anche se in merito tra gli studiosi non c'è unanimità assoluta, c'è un buon accordo: su sei di questi stati felicità, sorpresa, paura, disgusto, rabbia e tristezza. Il secondo punto è che la comune base neurobiologica porterebbe tutti gli umani a una stessa mimica facciale quando si prova ciascuna di queste emozioni.

Ma in uno studio apparso ora sui “Proceedings of the National Academy of Sciences” Rachael E. Jack, della Facoltà di psicologia dell'Università di Glasgow e colleghi dello stesso ateneo e dell'Università di Friburgo, in Svizzera, mettono in discussione l’assunto dell’universalità dopo averlo verificato con l’aiuto di una piattaforma di computer grafica in grado di combinare le grammatiche generative di Chomsky con la percezione visuale, grazie a cui è stato possibile ricostruire le rappresentazioni mentali delle sei espressioni facciali delle emozioni in 30 soggetti di diverse culture, divisi in due grandi gruppi: gli occidentali e gli orientali.

In particolare, l'apparato sperimentale è stato concepito per produrre, secondo una serie di regole e grazie al computer, un insieme di espressioni facciali sulla base di movimenti


muscolari casuali. Ai partecipanti allo studio veniva richiesto di interpretare e categorizzare l'intensità emotiva indotta dalle animazioni facciali osservate (4800 complessivamente) e di misurarla su una scala a cinque punti. In questo modo, i soggetti interpretavano l'animazione facciale casuale come un'espressione facciale corrispondente a una propria rappresentazione mentale di tale espressione.

Il confronto transculturale delle rappresentazioni mentali mette in dubbio l'idea di universalità su due fronti. Anzitutto, mentre gli occidentali rappresentano ciascuna delle sei emozioni di base con un distinto insieme di movimenti facciali comune a tutto il gruppo, gli orientali non fanno altrettanto. Essi mostrano una minore distinzione e una significativa sovrapposizione tra diverse categorie emotive, in particolare sorpresa, paura, disgusto e rabbia. Inoltre, gli orientali rappresentano l’intensità emotiva con una peculiare attività dei movimenti oculari.

I risultati della ricerca deporrebbero quindi contro l’ipotesi dell’universalità e a favore di una potente influenza della cultura nel plasmare il comportamento, una volta che è stato stabilito nelle sue linee essenziali dal substrato biologico. In conclusione, i dati aprono la strada a nuove opportunità di ricerca nel campo della psicologia evolutiva e delle neuroscienze sociali.

Fonti: www.lescienze.it/news/2012/04/18/news/espressioni_facciali_emozioni_universali_cultura...
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