articolo dell'Astrobiology Magazine
Se esiste una qualunque forma di vita intelligente extraterrestre, probabilmente
non si presenterà a noi facendo esplodere la Casa Bianca, o vincendo i cuori dei bambini ponendosi come amabili alieni dalle dita luminose. Semplicemente, molti scienziati sperano di trovare prove della loro esistenza scansionando il cosmo, alla ricerca di radiosegnali provenienti dalla stella di una civiltà aliena. Ma tali sforzi, tuttavia, potrebbero offuscare gli indizi di una passata attività aliena proprio qui sulla Terra.
Se esiste una remota possibilità che gli extraterrestri abbiano lasciato il loro marchio sulla Terra, potremmo provare a rintracciare la loro ‘impronta’ tecnologica o addirittura analizzare il
DNA degli organismi terrestri, in cerca di un messaggio intelligente o di segni d’alterazione. Secondo
Paul Davies, un fisico e cosmologo presso l’Arizona State University di Temple, tale procedura forense in stile
CSI potrebbe complementare, piuttosto che sostituire, il lavoro degli astronomi che continuano a guardare verso il cielo, quelli del
SETI (
Search for Extra-Terrestrial Intelligence, Ricerca di Intelligenza Extraterrestre).
«Le mie proposte intendono alleggerire il faticoso lavoro di un ridotto gruppo di eroici radioastronomi ed espanderlo all’intera comunità scientifica», ha dichiarato il Davies. «Progetti come un SETI genomico rappresenterebbero un tentativo di complementare il radio SETI, non certo di scalzarlo».
Davis vorrebbe che gli scienziati ampliassero i loro orizzonti su come gli alieni potrebbero averci lasciato un segno. Davies, che ha lavorato con il SETI per tre decenni, ha esposto le sue idee in un libro,
The Eerie Silence (Houghton Mifflin Harcourt, 2010), e in articoli come quello apparso nell’edizione online di agosto della rivista
Acta Astronautica.
Ma Davies non crede che tali forme di vita intelligente extraterrestre debbano necessariamente esistere. E i suoi molti anni di supporto al SETI non gli hanno impedito di descrivere una ricerca da ‘ago nel pagliaio’ come: «una ricerca sprovvista di prove sull’effettiva esistenza di questo ago, o di quanto possa essere grande il pagliaio».
Segnaletica aliena - A loro credito, gli astronomi del SETI non si sono limitati a considerare l’invio di un messaggio diretto e deliberato verso la Terra. Negli ultimi cinquant’anni, le possibilità prese in esame includono il traffico radio extraterrestre, o potenti segnali radio o ottici che attraverserebbero la Via Lattea come il bagliore di un faro. Per attingere dall’energia delle stelle, una civiltà aliena notevolmente avanza potrebbe aver costruito enormi progetti di astro-ingegneria, chiamati Sfere di Dyson. Incapsulando una stella in un guscio di materia, gli alieni non solo potrebbero aver catturato gran parte del calore emanato dall’astro, ma potrebbero anche aver creato un segnale infrarosso unico nel suo genere, che gli astronomi della Terra sarebbero in grado di rilevare.
Proprio come la Terra invia nello spazio esploratori robotici,
una civiltà aliena potrebbe essersi lasciata alle spalle sonde dormienti in luoghi strategici, come ad esempio nella fascia degli asteroidi. Gli astronomi della Terra potrebbero provare a localizzare tali sonde, o persino provare a inviare radiomessaggi di saluto in locazioni sospette, nel tentativo di ‘risvegliare’ le sonde aliene.
Lasciati indietro - C’è anche la possibilità che alieni intelligenti abbiano lasciato tracce in casa nostra, durante una loro remota visita sulla Terra. Ma il calcolo delle probabilità e l’età dell’universo suggeriscono che eventuali visite aliene sarebbero avvenute prima ancora dell’avvento degli uomini sulla Terra, dichiara il Davies. Questo implica che le tracce di visitazioni aliene sarebbero dovute sopravvivere per centinaia di milioni o miliardi di anni, affinché l’uomo possa trovarle ancora oggi.
«
Se c’è stata un’altra forma di vita sulla Terra, potremmo trovarla nei prossimi venti anni», ha dichiarato il Davies all’
Astrobiology Magazine. «Certamente, potrebbe non esserci mai stata, ma cercare sul nostro pianeta è molto più semplice che cercare su un altro».
Depositi non umani di scorie nucleari composti di plutonio, dice il Davies, potrebbero indicare origini artificiali, poiché i depositi naturali si sarebbero già decomposti da lungo tempo. Cave o segni di scavi minerari potrebbero essere sepolti sotto la Terra, e sul suo satellite naturale.
‘Messaggi in bottiglia’ alieni, o manufatti simili ai monoliti di
2001: Odissea nello Spazio, sembrerebbero meno idonei a sopravvivere per centinaia di milioni di anni sulla Terra, a causa delle forze geologiche e atmosferiche.
Biosfera Ombra - Forse la possibilità più affascinante è considerare che gli
alieni abbiano sfruttato la bioingegneria per lasciare, volutamente o meno, tracce o messaggi nel DNA delle forme di vita presenti sulla Terra. L’auto-perpetuarsi naturale delle forme di vita potrebbe aver aiutato a garantire la sopravvivenza di tali messaggi incisi biologicamente.
Per trovare tali tracce biologiche, suggerisce il Davies, gli scienziati amatoriali e gli studenti delle scuole potrebbero favorire l’avvio di
una versione genomica del Programma SETI. Iniziative basate su software di elaborazione-dati potrebbero svolgere gran parte del lavoro pesante, integrandosi in minima parte nelle consuete analisi genomiche effettuate dai ricercatori quotidianamente.
La bioingegneria aliena potrebbe anche aver creato una ‘biosfera ombra’ di vita fondata su una biochimica diversa da quella raffrontata negli organismi terrestri. Esempi potrebbero essere forme di vita che non usano il DNA o le proteine, o che incorporano elementi biochimici diversi da quelli riscontrati nelle forme di vita conosciute sulla Terra. Gli scienziati sono già impegnati in grandi sforzi per trovare tali biosfere ombra, ma si tratterebbe di biosfere di origine naturale, piuttosto che artificiale.
Se gli scienziati dovessero trovare biosfere ombra inusuali, nate separatamente dalle forme di vita terrestri che conosciamo, questo non implicherebbe necessariamente l’intervento di alieni intelligenti. Ma tale scoperta, sostiene il Davies,
potrebbe donare maggiore credibilità all’idea che la vita ha buone possibilità di sbocciare date le giuste circostanze, anziché essere un semplice e irripetibile incidente della natura.
E questo potrebbe farci sentire tutti un po’ meno soli.
Fonte: Jeremy Hsu, Astrobiology Magazine -
http://www.astrobio.net/exclusive/4301/an-alien-code-close-to-home-seeking-et-beyond-the-radio-silence