Una recente scoperta rende ancora più affascinante la storia del grande condottiero
Nei libri di storia avrete di certo letto che Alessandro Magno conquistò la città di Tiro entrandovi dopo sette mesi di accanita resistenza e ordinandone la distruzione. Di certo avrete imparato che fece costruire un terrapieno e che durante l'assedio collegò definitivamente la città alla terraferma, trasformandola in una penisola.
Stando ormai alle testimonianze di eminenti studiosi ed esperti archeologi, sembra proprio che quello che ci hanno riferito su Alessandro Magno fosse l'ennesima emerita bufala. Fatta a fin di bene e in buona fede, per carità, ma una bufala per liquidare facilmente il dilemma della conquista della città libanese.
Si sa, i libri vanno stampati e poi fatti vendere e spesso, come del resto accade a tutti i giornali quotidiani, non tutte le notizie sono studiate a fondo e sono frutto di testimonianze veritiere e di attenti "screening".
Ebbene finalmente noi siamo in grado di dirvi la verità su come il condottiero più celebre della storia, grazie ad una delle sue trovate geniali, conquistò Tiro nel quarto secolo avanti Cristo.
La verità sta nella costruzione - oggi provata dalla scienza - di un ponte che unì la città-isola alla terraferma, rendendola così vulnerabile. Se la logistica di quell'operazione è rimasta a lungo misteriosa per gli archeologi, ora la scienza ne svela il segreto e noi di Rifletto vogliamo prospettarvela in tutto il suo fascino.
Gli ingegneri di Alessandro Magno non fecero che sfruttare la natura, in particolare una lingua di sabbia accumulatasi nei secoli fino ad arrivare poco al di sotto della superficie del mare. Una base perfetta per il ponte - lungo circa un chilometro - che di fatto non rese necessaria la posa di fondamenta in acque profonde e ne facilitò enormemente la creazione.
Nick Marriner, grande esperto del settore, ha analizzato i dati relativi ai sedimenti costali della zona negli ultimi 10.000 anni. Nel tempo il deposito di una grande quantità di sabbia, ha permesso la creazione di un ponte naturale sommerso, che pian piano ha formato un collegamento tra la terraferma e l'antica isola.
"Le coste di Tiro vennero inondate dalle acque marine post-glaciali attorno ad 8.000 anni fa. Circa 6.000 anni fa invece si formò una lingua di sabbia sott'acqua. Dall'analisi dei dati geologici abbiamo constatato che all'epoca di Alessandro Magno questa sedimentazione era arrivata ad uno-due metri dalla superficie dell'acqua. Fu questa formazione a rendere possibile la costruzione del ponte".
Il nome di questa particolare formazione geomorfologica è "tombolo". "Ne avete alcuni esempi splendidi ad Orbetello", dice ancora lo scienziato. Questo particolare tipo di lido, che si crea col movimento delle onde sul fondale, col tempo può portare all'unione di una formazione rocciosa alla costa. Proprio come è accaduto ad Orbetello - che ha un triplo tombolo, tra il promontorio di Piombino e la terraferma, oltre a quelli della Giannella e della Feniglia - e come è accaduto a Tiro, nell'attuale Libano, permettendo ad Alessandro Magno di costruire il ponte sull'istmo e polverizzare così il sistema di difesa dell'inespugnabile città.
L'uso di analisi geoscientifiche per sciogliere gli enigmi dell'archeologia e della storia è sempre più frequente ed ha avuto un grande impulso negli ultimi 15 anni. "La nostra équipe - racconta Marriner - guidata dal professor Christophe Morhange dell'università di Aix-en-Provence e del CNRS (Centre National de la Recherche Scientifique) ha lavorato in molti siti nel Mediterraneo, da Marsiglia a Napoli, da Pozzuoli a Cuma, da Israele alla Palestina": luoghi chiave, ricchissimi di storia. "E proprio dall'analisi attenta degli archivi dei sedimenti costali, in particolare dei porti, sono venute risposte interessanti sull'interazione fra uomo e ambiente nell'antichità", conclude.
Matteo Ferreri
da :Riflesso
