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Le bugie sull’isola di plastica nel pacifico

Ultimo Aggiornamento: 28/05/2012 19:15
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Utente Master
28/05/2012 18:43



Negli ultimi tre anni si è sentito parecchio discutere su quella che è stata definita “isola di plastica del Pacifico”, un ammasso di frammenti plastici che si è formato nella regione settentrionale dell’Oceano Pacifico per via di una specifica combinazione di venti e correnti oceaniche.



Una delle fotografie più celebri, quando si affronta questo argomento, è quella di un uomo che percorre in canoa uno specchio d’acqua occupato interamente da rifiuti; ma quanto è corretta questa raffigurazione dell’isola di plastica del Pacifico?



Il sito Io9 ha intervistato la biologa marina Miriam Goldstein, ricercatrice dello Scripps Institution che si è dedicata per anni allo studio della ciclo marino della plastica e del suo impatto sull’ecosistema oceanico.



“L’immagine del tizio nella canoa mi ha perseguitato per tutta la mia carriera” afferma Goldstein. “Credo che qualcuno abbia voluto mostrare qualcosa di drammatico per illustrare la sua storia, e grazie alla magia di Internet, la fotografia è stata mal interpretata”.



L’immagine, infatti, è stata scattata nei pressi del porto di Manila, da tutt’altra parte del pianeta rispetto all’isola di plastica del Pacifico. Questo non ha fatto altro che alimentare interpretazioni sempre meno corrette della realtà della plastica nei nostri oceani, creando leggende metropolitane che Goldstein ha contribuito ha svelare.



Il primo esempio di informazione non corretta è proprio il fatto che ci sia un’isola di plastica che galleggia nel bel mezzo del Pacifico settentrionale. “Non abbiamo mai visto nulla di simile a quell’immagine” spiega la ricercatrice. “Non l’ho mai vista personalmente, e non la vedremo mai dalle immagini satellitari”.



Quella che è stata definita “isola” non è altro che un ammasso di milioni di frammenti microscopici grandi pochi millimetri che ricoprono circa 5000 km quadrati di oceano. Ci sono anche oggetti di medie dimensioni, come bottiglie e sacchetti, ma la maggior parte della plastica è quasi invisibile ad occhio nudo prima dei campionamenti dei ricercatori.

Per scoprire l’accumulo di plastica in questa regione del Pacifico i ricercatori hanno dovuto prelevare e filtrare l’acqua marina decine di volte al giorno nel corso di diversi viaggi all’interno dell’ammasso di plastica, percorrendo migliaia di chilometri nel bel mezzo dell’oceano.



In alcuni dei prelievi, la totalità dei campioni mostrava grandi quantitativi di frammenti microscopici di plastica. Sappiamo che la plastica tende ad accumularsi in questa regione perchè il metodo di analisi utilizzato da Goldstein è ormai ampiamente collaudato, e ci sono record storici di altri prelievi nella stessa zona di oceano. “I detriti microplastici nel nord Pacifico sono aumentati di due ordini di grandezza tra il 1972-187 e il 199-2010, sia quantitativamente che nella densità”.



E’ vero, quindi, che c’è una regione di Oceano Pacifico popolata da plastica. Ma se vi aspettate di vedere un’isola galleggiante composta da bottiglie e pneumatici, la delusione è dietro l’angolo.



Un’altra questione interpretata non correttamente dai media è la letalità della plastica. E’ assolutamente vero che molti animali sono a serio rischio di sopravvivenza per colpa dei rifiuti plastici; altri, tuttavia, sembrano non badare minimamente al problema, o addirittura prosperare tra i materiali sintetici.



La realtà è che la plastica, solo per il fatto di essere tale, non sembra uccidere la maggior parte degli animali. “Alcune ricerche sugli albatri mostrano una correlazione tra la plastica e la malnutrizione, e si possono osservare molti pulcini morti per via dei loro stomaci pieni zeppi di plastica. Il problema è che non sappiamo se ci siano degli uccelli che ingeriscono plastica e sopravvivono”.



Il problema si fa più complicato con i pesci, dato che sono stati trovati alcuni esemplari, apparentemente in salute, che avevano ingerito materiali plastici. Senza contare alcuni animali, come i “ragni d’acqua” (gerridi), alcuni granchi e invertebrati, che sfruttano la plastica per prosperare come mai era successo nella loro storia recente.




In una ricerca precedente, ad esempio, la Goldstein e i suoi colleghi hanno scoperto che i gerridi stanno sfruttando la plastica per deporre uova in quantitativi estremamente superiori alla norma. Questo non significa che i nostri mari sono destinati ad essere invasi da ragni d’acqua, ma che c’è abbondanza di biomassa commestibile (le uova dei gerridi) per altri animali acquatici, come alcune specie di pesci o microrgranismi non ancora ben conosciuti.



Non è del tutto corretto, quindi, affermare che la plastica stia distruggendo ogni forma di vita marina. E’ corretto dire, invece, che la plastisfera sta cambiando l’equilibrio degli ecosistemi acquatici.



“Una delle principali preoccupazioni è che una superficie solida possa trasportare specie invasive” spiega Goldstein. “Alcuni animali sono bravi a fare l’autostop e possono essere distruttivi. Aggiungendo grossi pezzi di plastica, queste specie possono muoversi più facilmente, e possono introdursi in posti come le isole del nord Pacifico, in cui ci sono alcune delle barriere coralline più belle del mondo”.



La plastica, quindi, non è un veleno che uccide qualunque forma di vita incontri sul suo cammino. E’ una variabile aggiuntiva nel complesso sistema ambientale marino, variabile che sta modificando l’intero equilibrio del pianeta.



Studiare l’ammasso di plastica del Pacifico contribuirà sicuramente a creare nuove e accurate ipotesi sull’impatto futuro dei rifiuti sintetici. Con la scomparsa di alcune specie, altre prenderanno il loro posto, cambiando completamente la catena alimentare marina e il nostro stile di vita.



Fonte: www.ditadifulmine.com/2012/05/la-verita-sullisola-di-plastica-...



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Utente Master
28/05/2012 19:15

Mi piace come parla questa biologa marina.

Anche io credevo che in mezzo al Pacifico ci fosse un'isola di plastica vera e propria, quindi mi sbagliavo...
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