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Una recente ricerca ha dimostrato che le nanoparticelle combattono la carie e ricostruiscono i denti

Ultimo Aggiornamento: 08/05/2012 20:48
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08/05/2012 20:48

La ricerca nel campo della nanotecnologia e dei materiali di nuova concezione, per quanto possa essere discussa e discutibile, rappresenta una speranza quasi concreta in moltissime applicazioni pratiche. Una di queste è la salute dentale.



All’inizio di quest’anno, ad esempio, un team di ricercatori della Princeton University ha reso pubblica la creazione di una nuova categoria di metamateriali a base di grafene, capace di rilevare in tempo reale una vasta gamma di batteri che popolano la nostra bocca.



Sfortunatamente per noi, questa tecnologia sembra non essere capace di rilevare lo Streptococcus mutans, uno dei principali responsabili della carie. Pare chiaro, quindi, che il limite stesso di questa tecnologia impedisca di utilizzarla con efficacia per mantere la nostra bocca in perfetta salute.



Ma una recentissima ricerca della University of Maryland ha dimostrato che è effettivamente possibile rilevare la flora batterica all’origine dei nostri problemi dentali, e addirittura combatterla per restituire ai denti la loro struttura originale.



“Decadimento dentale significa che il contenuto minerale del dente è stato dissolto dagli acidi secreti dai batteri che risiedono nei biofilm, o nelle placche sulla superficie del dente” spiega Huakun Xu della School of Dentistry dell’università. “Questi organismi convertono i carboidrati in acidi che diminuiscono i minerali nella struttura del dente”.



I ricercatori hanno sviluppato un nanocomposto capace di uccidere ogni batterio nocivo, e di riempire le cavità scavate dalla carie. Non solo: il nanomateriale è anche in grado di ricostruire la struttura perduta del dente, restituendogli la forza e la resistenza originaria.



Il composto è a base di nanoparticelle di fosfato di calcio, le reali responsabili della rigenerazione dei denti. Nanoparticelle d’argento e ammine quaternarie (derivati dell’ammoniaca) svolgono invece il ruolo di disinfettanti, liberando le cavità dei denti dalla popolazione batterica.



“Stiamo continuando a migliorare questi materiali, per renderli sempre più forti nelle loro capacità antibatteriche e rimineralizzanti, e anche più durevoli nel tempo” dice Xu.



Questo nuovo materiale è attualmente sotto sperimentazione sugli animali, e non ha mancato di accendere le normali discussioni che regolarmente gravitano attorno all’argomento nanotecnologia.









Ad animare ulteriormente la diatriba c’è il fatto che il nuovo composto sarà presto sperimentato su volontari umani, in collaborazione con l’Università di Ceara in Brasile. L’impatto sull’uomo è già stato parzialmente verificato utilizzando campioni di saliva, ma l’impatto sull’organismo è ancora tutto da verificare.



E’ naturale preoccuparsi per una tecnologia che penetra nel nostro corpo e inizia ad agire sui nostri processi biologici su scala nanometrica, specialmente quando i dati sulla sua effettiva pericolosità sono spesso confusi e fonte di dibattiti anche politici.



Le nanoparticelle d’argento, in combinazione con quelle di fosfato di calcio, potrebbero aggredire in modo inaspettato i microrganismi che popolano il corpo umano, cellule comprese, grazie alle loro ridottissime dimensioni.



La scala nanometrica, inoltre, conferisce ad alcuni materiali proprietà del tutto nuove, come alta reattività all’ambiente o comportamenti biochimici che il materiale originale non possedeva affatto.



Il nanoargento è ormai largamente impiegato in moltissimi prodotti d’uso comune, come antibatterici/fungicidi, in alcuni tessuti high-tech, nel trattamento delle acque di scarico e nei detersivi. Sembra la manna dal cielo, ma c’è un lato della medaglia ancora parzialmente.



Le nanoparticelle di argento sembrano essersi dimostrate dannose in diverse fasi dello sviluppo dei pesci che popolano i nostri fiumi.

Ogni volta che lavate i panni, ad esempio, il nanoargento presente nei detersivi viene immesso nell’ecosistema tramite le acque di scarico. Anche se filtrate o ripulite, molte particelle sfuggono agli attuali depuratori, e finiscono inevitabilmente nel terreno e nelle acque dolci o salate di tutto il mondo.



E’ vero che le nanoparticelle di argento sono capaci di ripulire l’acqua da microrganismi nocivi, ma tendono ad accumularsi nel fegato e nel cervello di molte specie, e potrebbero causare alterazioni ancora poco studiate o prevedibili.



Sarebbe tuttavia sconsiderato bollare la nanotecnologia come universalmente dannosa. Le sole nanoparticelle di argento potrebbero trovare migliaia di applicazioni in qualunque settore industriale immaginabile, ma l’unica premessa necessaria per un loro impiego responsabile è la profonda comprensione degli aspetti negativi di questa promettente tecnologia.



Fonte: www.ditadifulmine.com/2012/05/nanoparticelle-combattono-la-cari...

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