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[Rubrica] [In corso] Guerra: armi e tecnologie.

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    Quasar9621
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    00 26/05/2015 00:05
    Bella foto oltre che appropriata [SM=g3943211]
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    _Thomas88_
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    00 26/05/2015 14:35
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    Quasar9621, 26/05/2015 00:05:

    Bella foto oltre che appropriata [SM=g3943211]




    Grazie [SM=g8320]

    Ne ho tante altre molto belle ed adatte a questa rubrica. Ma pubblicarle tutte sarebbe quasi impossibile.

    Washington è una città meravigliosa, ricca di storia grazie ai suoi musei e ai suoi memoriali. E' sicuramente una delle più belle tra tutte quelle che ho visitato; se non la metto al primo posto è d'obbligo al secondo. [SM=g1950684]
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    _Thomas88_
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    00 25/06/2015 10:59
    Aerostati Skystar 300 per Israele

    Chi crede che gli aerostati sono una tecnologia superata in campo militare,...si sbaglia decisamente.
    Una potenza militare come Israele continua ad acquistarli e utilizzarli con successo.

    [IMG]http://i60.tinypic.com/1impnl.jpg[/IMG]

    Il Ministero della Difesa Israeliano (MoD) ha emesso un ordine di acquisto per un numero non precisato di aerostati di sorveglianza Skystar 300. La notizia, diramata dall’ufficio stampa dell’azienda costruttrice RT, società con sede a Yavne, località a sud di Tel Aviv, precisa che i nuovi mezzi andranno ad affiancare gli aeromobili a sostentazione statica già in dotazione alle Forze di Difesa Israeliane (IDF) che hanno impiegato gli Skystar 180 durante l’operazione a Gaza “Margine di Protezione” combattuta a difesa del sud di Israele contro Hamas nel 2014.

    Collegato ad una stazione di terra, lo Skystar 300 è un aerostato di sorveglianza tattica che opera in tempo reale ad una quota massima di 1.500 ft (457 metri) . Equipaggiato una suite di sensori elettro-ottici, il sistema fornisce una copertura ad ampio raggio in operazioni intelligence, ricerca e sorveglianza, acquisizione obiettivi e ricognizione.


    Articolo di: Eugenio Roscini Vitali
    Fonte: Analisi Difesa


    Un video sullo Skystar 300:


    Lo Skystar 300 ha un diametro di 25 piedi (8m circa) e può trasportare un carico di 43kg. La sua quota operativa ideale è di 1000 piedi (333m). Garantisce una visione a 360°, diurna e notturna.
    Necessita di 3 persone, è molto semplice da utilizzare e può essere dispiegato in meno di 20 minuti. E' facilmente trasportabile sul campo di battaglia ed è un sistema poco costoso, soprattutto rispetto ai droni.


    [SM=g1950684]
    [Modificato da _Thomas88_ 25/06/2015 11:01]
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    _Thomas88_
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    00 30/06/2015 19:49
    Egitto: oltre ai Rafale anche i Mig-29?
    [IMG]http://i60.tinypic.com/21e18bo.jpg[/IMG]

    Come ben sappiamo l'Egitto ha una delle migliori forze armate del continente africano. E nell'ultimo periodo i militari e i velivoli egiziani sono sempre più impegnati nella lotta al terrorismo islamico e ai nemici del Paese, anche al di fuori dei confini nazionali.

    Proprio per far fronte ai nuovi impegni delle forze armate nei primi mesi del 2015 l'Egitto ha acquistato dalla Francia 24 caccia Rafale. Gli aerei verranno consegnati nel giro di quattro anni ed andranno a sostituire i Mirage 2000-9.
    Il contratto dal valore di 5.2 miliardi prevede anche l'acquisizione di una fregata FREMM per la Marina (un altra fregata simile era stata venduta dalla Francia al Marocco) e di missili.
    www.rainews.it/dl/rainews/media/egitto-acquista-dalla-francia-23-jet-da-combattimento-rafale-per-fronteggiare-isis-in-libia-4ee08510-53c1-4d8d-830e-94a83537a...

    L'aeronautica militare egiziana è sempre stata una forza variegata, con velivoli americani, francesi e sovietici.
    Ora, dopo mesi di indiscrezioni, sembra sempre più concreta la possibilità di vedere affiancati agli F-16 e ai Rafale anche i caccia multiruolo Mig-29 di costruzione russa.

    Secondo il quotidiano russo Vedomosti, l’Egitto è molto vicino alla firma di un accordo del valore di circa 2 miliardi di dollari per l’acquisto di 46 caccia multiruolo MiG-29.
    L’accordo, secondo due fonti dell’industria aeronautica russa citate dal giornale, verrà siglato nell'imminente futuro e sarebbe il frutto del riavvicinamento tra i due Paesi avvenuto nel febbraio del 2014, quando il presidente egiziano, il generale Abdel Fattah el-Sisi, e il Presidente della Federazione russa Vladimir Putin s’incontrarono a Mosca per discutere di accordi politico-commerciali.
    Proprio in quell’occasione il Vedomosti aveva annunciato che sarebbero stati acquistati per l’appunto caccia MiG-29M/M2, elicotteri d’attacco Mil Mi-35, ma anche sistemi SAM anti aerei, missili antinave, armi leggere e munizioni.

    L’accordo, se verrà firmato, sarebbe per il bureau russo MiG il più grande contratto mai realizzato per questo tipo di aerei dalla caduta dell’Unione Sovietica. Tuttavia sia l’agenzia statale Rosoboronexport sia il costruttore RSK MiG non hanno voluto commentare le voci su questo affare.

    Il nuovo MiG-29 dovrebbe sostituire i datati MiG-21 e J-7 ancora in servizio con l’Aviazione egiziana rispettivamente in 56 e 60 esemplari.


    Info prese da:
    www.analisidifesa.it/2015/06/mig-29-per-legitto/
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    _Thomas88_
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    00 10/07/2015 11:44
    L’esercito statunitense ha una nuova divisa

    E cambia soprattutto lo schema mimetico, dopo anni di studi e critiche

    [IMG]http://i62.tinypic.com/2ijt3bn.jpg[/IMG]

    Dal primo luglio l’esercito americano ha adottato una nuova uniforme, che è disponibile nei negozi di articoli militari e costa più o meno quanto la precedente: 100 dollari (circa 90 euro) per cappello, giacca, pantaloni, maglietta, biancheria intima e cintura. Dal gennaio del 2016 sarà l’unica divisa fornita alle nuove reclute, mentre tutti i soldati dovranno adottarla entro il primo ottobre del 2019: nel frattempo potranno mescolare capi delle uniformi precedenti. Per comprare la nuova divisa i soldati possono servirsi dell’assegno annuale che ricevono appositamente per l’abbigliamento. Il nuovo modello, chiamato anche Scorpion II, presenta qualche piccola modifica rispetto ai precedenti ma la cosa più rilevante è il nuovo schema mimetico, l’Operational Camouflage Pattern (OCP).

    L’esercito statunitense sta cercando di far fronte da anni ai problemi delle sue divise, giudicate spesso inefficienti anche per il tipo di colorazione mimetica. La colorazione dello Universal Camouflage Pattern (UCP) – in uso dal 2004 – è considerata molto scarsa ed è piuttosto impopolare tra i soldati: per risparmiare, presenta un unico schema valido per ogni ambiente – giungla, deserto e ambienti urbani – senza essere davvero buona per nessuno dei tre. Lo UCP ha inoltre solo tre colori: grigio, marrone, verde salvia – mentre il nero è assente – distribuiti a chiazze pixelate.

    Il nuovo camouflage dell’esercito:
    [IMG]http://i60.tinypic.com/rrqivm.jpg[/IMG]

    MultiCam.
    Per rispondere alle critiche, l’esercito adottò nel 2010 lo schema mimetico detto “MultiCam”, messo a punto nel 2002 dall’azienda Crye Precision: presentava sette colori distribuiti a macchie ed è stato utilizzato nelle uniformi per le operazioni speciali in zone di guerra, in particolare nella guerra in Afghanistan.

    L’OCP è invece una rielaborazione di uno schema mimetico messo a punto più di dieci anni fa da Crye Precision – l’azienda del MultiCam – e poi riadattato dall’esercito. William Layer, portavoce dell’esercito, ha detto che «entrambi i camouflage consentono di nascondersi in modo efficace in condizioni simili. Questa, più che gli elementi in comune, è il motivo delle somiglianze tra i due pattern». La nuova mimetica appare come una combinazione tra lo UCP e il MultiCam, con colori più scuri distribuiti a chiazze anziché a pixel. È il risultato di quattro anni di ricerca condotti dal Camouflage Improvement Effort, lo studio più approfondito sugli schemi mimetici mai condotto finora con l’obiettivo di creare un’uniforme dalla colorazione più sicura possibile.

    Nel corso degli anni sono stati testati molti schemi in svariati ambienti: il risultato è uno schema di base che dovrebbe funzionare bene un po’ ovunque. Il gruppo di ricerca ha anche studiato alcuni schemi mimetici da aggiungere a quello di base, per esempio uno dedicato alle zone desertiche e un altro a giungle e foreste, ma l’esercito non ha ancora deciso se approvarli.


    Fonte: Il Post
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    _Thomas88_
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    00 02/08/2015 20:17
    2 agosto 1990: l'Iraq invade il Kuwait. 25 anni fa cominciava la Guerra del Golfo



    Il 2 agosto 1990 Saddam Hussein occupa il Kuwait: con un’invasione a sorpresa iniziava la Guerra del Golfo, in quasi sette mesi costata la vita a oltre 5mila civili, a 30mila soldati iracheni e a circa 500 militari della coalizione guidata dagli Usa. Fu la guerra in cui due piloti italiani, il maggiore Gianmarco Bellini e il capitano Maurizio Cocciolone, vennero catturati dall’esercito iracheno, rimanendo prigionieri per tutta la durata del conflitto. Il loro Tornado era stato abbattuto nella notte tra il 17 e il 18 gennaio del 1991.
    La guerra del Golfo è anche passata alla storia per essere stato il primo conflitto trasmesso in diretta televisiva, in particolare dalla CNN americana. Le immagini che sugli schermi di tutto il mondo arrivavano colorate di un verde scuro, squarciato da lampi più chiari delle scie dei missili, erano quelle dei primi bombardamenti su Baghdad.

    Il giorno successivo all’invasione il Consiglio di sicurezza dell’Onu emette la risoluzione 660 con cui ordina di lasciare i territori invasi con la forza. Seguono una serie di sanzioni economiche contro l’Iraq. Passano i mesi ma il raìs non rientra nei propri confini.

    L’Iraq aveva invaso il Kuwait dopo aver per settimane minacciato una «ritorsione militare» all’estrazione «illegale» di petrolio da parte del piccolo emirato del Golfo da pozzi a ridosso del confine. Dopo aver ammassato uomini e mezzi dalla seconda metà di luglio, le truppe varcarono la frontiera di sabbia alle 3 di mattina del 2 agosto. Per gli Stati Uniti, sostenitori del Kuwait, era un atto di guerra.

    Dopo l’invio di truppe USA, britanniche e francesi alle basi saudite, il Consiglio di sicurezza dell’Onu passò nel novembre la risoluzione 678, che imponeva a Baghdad la data del 15 gennaio 1991 come termine ultimo per ritirare le sue forze dal Kuwait.
    Termine che non fu rispettato: il 17 gennaio cominciò l'Operazione Desert Storm ( Tempesta del deserto) con intensissimi raid aerei e condotta sotto la bandiera dell’Onu da una coalizione multinazionale composta da 33 Paesi. Il comandante è il generale Usa Norman Schwarzkopf.
    Cinque settimane dopo, il 24 febbraio, prese il via l’operazione di terra, che in meno di quattro giorni costrinse l’Iraq ad accettare il cessate il fuoco.

    La guerra vera e propria durò 42 giorni, dal 16 gennaio al 28 febbraio 1991. Si concluse con l’annuncio da parte di Bush senior della fine dei combattimenti, seguito all’ingresso vittorioso delle truppe alleate a Kuwait City il 27 febbraio.

    In guerra persero la vita 3.600 civili iracheni, un migliaio di kuwaitiani e altri 300 uccisi di varie nazionalità. Non si hanno bilanci precise delle vittime militari irachene, stimate attorno alle 30mila unità. I soldati americani uccisi furono 292, la metà (145) da fuoco amico.


    Fonte: Corriere della sera.it
    [Modificato da _Thomas88_ 02/08/2015 20:19]
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    00 11/08/2015 19:03
    Perché la gente vive ancora a Hiroshima e Nagasaki?
    Mentre l'area intorno a Chernobyl resterà inabitabile per almeno i prossimi ventimila anni?


    Settant’anni fa Hiroshima e Nagasaki furono bombardate da due bombe nucleari che uccisero in tutto circa 150 mila persone. Oggi entrambe le città sono state completamente ricostruite e sono abitate da più di un milione e mezzo di persone. Tranne per i monumenti dedicati agli attacchi, le tracce del bombardamento sono completamente scomparse; i livelli di radioattività sono nella media mondiale, così come il tasso di tumori. Dall’altra parte del mondo, a Chernobyl in Ucraina, dove nel 1986 esplose un reattore nucleare, la situazione è completamente diversa. Il suolo intorno alla centrale è tra i più contaminati al mondo e quasi tutti gli insediamenti umani che un tempo circondavano l’edificio sono stati abbandonati. Oggi l’accesso è proibito in un’area grande 2.600 chilometri quadrati e lo resterà ancora per migliaia di anni. La ragione di questa diversità si trova nella diversità tra le esplosioni che avvennero in Giappone e quella che avvenne in Ucraina.

    Su Hiroshima e Nagasaki vennero sganciate bombe nucleari che contenevano poche decine di chili di materiale radioattivo. “Fat Man”, la bomba destinata a Nagasaki, ne aveva anche meno: poco più di sei chili di plutonio. Queste piccole quantità sono sufficienti a generare una fissione nucleare incontrollata, che a sua volte produce un’esplosione atomica. Gli effetti di queste bombe sono sostanzialmente tre; una potente onda d’urto che a seconda della potenza dell’esplosione è in grado di sbriciolare palazzi di cemento a centinaia di metri dal luogo dell’esplosione; un “flash” di radiazioni infrarosse che può incendiare il materiale infiammabile anche a decine di chilometri di distanza; infine una pioggia di neutroni, raggi beta e gamma: questo è il vero e proprio effetto “atomico” della bomba e quello che causa l’avvelenamento da radiazioni.

    Questa pioggia di radiazioni si esaurisce in poche frazioni di secondo e nel caso di Hiroshima e Nagasaki causò un numero di vittime relativamente basso rispetto agli altri due effetti. Il vero pericolo a lungo termine di una bomba atomica è costituito dal materiale radioattivo contenuto nella bomba e dai prodotti della fissione nucleare, che restano estremamente radioattivi anche dopo essere stati vaporizzati dall’esplosione. Questi materiali quando ricadono a terra rischiano di inquinare il suolo e avvelenare le persone che si trovano nelle vicinanze: si tratta del famoso “fallout nucleare”. Nel caso di Hiroshima e Nagasaki questo tipo di inquinamento fu praticamente trascurabile: la quantità di materiale radioattivo nelle bombe ammontava a pochi chilogrammi. La nuvola di sostanze radioattive rimase in aria e fu dispersa dal vento, diluendosi con l’aria non contaminata e quindi perdendo la sua pericolosità.

    A Chernobyl le cose andarono in maniera completamente diversa. Tanto per cominciare non ci fu un’esplosione nucleare. Per una serie di errori dei tecnici e difetti dell’impianto, il reattore nucleare della centrale cominciò a produrre moltissima energia. L’acqua utilizzata per raffreddare l’impianto si trasformò improvvisamente in vapore e causò un’esplosione simile a quella di una pentola a pressione. La forza del vapore era tale che scagliò in aria il tappo che sigillava il reattore, un blocco di cemento e acciaio pesante più di 2.000 tonnellate: insieme a lui furono disperse anche enormi quantità di combustibile che si trovavano nel nocciolo. A Chernobyl c’erano decine di tonnellate di uranio all’interno del reattore. Si calcola che il combustibile radioattivo scagliato nell’atmosfera dall’esplosione di Chernobyl sia stato circa 400 volte superiore a quello di Hiroshima.

    Per quanto fosse stata forte, l’esplosione non era paragonabile a quella di una bomba atomica. Il carburante non fu completamente vaporizzato trasformandosi in una nuvola che poteva essere disparsa dai venti. Intorno alla centrale ricaddero pezzi di carburante estremamente radioattivo e abbastanza grandi da essere visti a occhio nudo. Questi frammenti, per niente diluiti, contaminarono enormi aree di suolo e rendendo l’intera area pericolosa per qualsiasi forma di vita. Ancora oggi i lavoratori impiegati nella zona proibita possono restarci per soltanto cinque ore al giorno per un mese, prima di doversi fermarsi per quindici giorni. Secondo le autorità ucraine l’area intorno a Chernobyl resterà pericolosa per i prossimi 20 mila anni. Le particelle radioattive più leggere furono trasportate dai venti anche a centinaia di chilometri di distanza prima di precipitare al suolo. Più si allontanavano dall’area dello scoppio, più finivano diluite dall’aria circostante, diminuendo la loro pericolosità, ma la quantità di materiale emesso era stata così grande che persino in Italia, a più di mille chilometri di distanza, ci fu un aumento della radioattività locale.

    In altre parole, la differenza sostanziale tra Chernobyl e i bombardamenti nucleari sul Giappone si trova nella differente quantità di materiale radioattivo diffuso nell’atmosfera: pochi chili nel caso del Giappone, decine di tonnellate nel caso dell’Ucraina. Ma non tutte le bombe nucleari sono così “pulite” come quelle che furono sganciate sul Giappone. Un fattore importante che limitò molto la contaminazione di Hiroshima e Nagasaki fu che le bombe furono fatte esplodere a più di cinquecento metri di altezza, in modo da massimizzare il danno sulle città sottostanti (se la bomba fosse stata fatta esplodere più in basso avrebbe sprecato gran parte della sua energia nello scavare un cratere). La differenza la fa il suolo, o meglio: quanta terra e altri detriti vengono risucchiati all’interno dell’esplosione. Questi elementi vengono vaporizzati e si trasformano a loro volta in materiale radioattivo. A questo punto, la nuvola di materiale radioattivo non è più così leggera da essere dispersa e resa innocua dai venti. Diventa pesante e precipita al suolo, moltiplicando l’effetto contaminante della bomba: è l’effetto “fallout” di cui dicevamo. Questo effetto è molto forte nelle bombe più potenti, quelle all’idrogeno, che risucchiano enormi quantità di suolo fino al punto dell’esplosione. Si stima che il fallout di queste bombe sarebbe in grado di contaminare il suolo a livelli mortali per gli essere umani in un raggio di centinaia di chilometri dal luogo dell’esplosione.


    Fonte: Il Post.it
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    00 21/08/2015 23:45
    Duello d'artiglieria tra le due Coree

    [IMG]http://i62.tinypic.com/esteo6.jpg[/IMG]


    Prima un intenso fuoco di artiglieria pesante e razzi in due ondate dal Nord in territorio sudcoreano, poi, dopo pochi minuti, la risposta del Sud, con decine di cannonate dirette verso le postazioni d’artiglieria di confine di Pyongyang. L’incidente militare, il più grave fra le due Coree in almeno cinque anni, è terminato senza feriti ne’ danni particolari, ma segna un nuovo picco di tensione nell’ultima sacca della Guerra Fredda che fa prevedere una escalation nei prossimi giorni.

    Il “casus belli” dell’improvviso attacco delle forze nordcoreane, iniziato alle 15:52 locali (le 8:52 in Italia) si è appreso, è l’irritazione per i potenti altoparlanti piazzati da Seul lungo il confine della “zona demilitarizzata” (DMZ), una “terra di nessuno” fra i due Paesi nemici, dai quali vengono lanciati di continuo messaggi di propaganda. Una tattica che Seul aveva abbandonato fin dal 2004, ma ripresa dopo 11 anni come forma di ritorsione per il ferimento lo scorso 4 agosto di due soldati sudcoreani lungo la DMZ da mine antiuomo piazzate dal Nord – che però nega.

    La pioggia di granate e di razzi – caduti fino a soli 60 chilometri dalla capitale Seul – ha obbligato circa 800 persone nella provincia di Gyeonggi a evacuare le abitazioni e a cercare riparo nei rifugi. Una ventina di minuti dopo, una nuova gragnola di cannonate a tiro diretto.

    Pochi minuti dopo, la rappresaglia sudcoreana, con un fitto cannoneggiamento con granate da 155 mm contro le postazioni di lancio nemiche.

    “Le nostre forze armate hanno innalzato l’allerta al livello massimo e stanno osservando attentamente i movimenti dei militari della Corea del nord, pronti a rispondere con forza e con decisione a qualunque altra provocazione dal Nord”, ha dichiarato il portavoce militare, col. Jeon Ha-gyu, citato dall’agenzia Yonhap, mentre il presidente Park Geun-hye ha riuniva d’urgenza il Consiglio di sicurezza nazionale a Seul.

    Il governo di Seul ha reso noto che in una trasmissione radio indirizzata al Sud quando le artiglierie tacevano da circa un’ora, Pyongyang ha avvertito che se non saranno smantellati gli altoparlanti entro 48 ore, “saranno prese iniziative militari”. Il fatto che i razzi non abbiano colpito gli altoparlanti, che tanto irritano il regime totalitario e isolazionista di Kim Jong-un, si fa notare a Seul, dimostra che si è trattato di un avvertimento.

    La Russia oggi s’è detta preoccupata, auspicando che nessuna delle due parti “oltrepassi la linea di pericolo”. Ma non sembra che sia prevedibile a breve un calo della tensione, la più grave dal punto di vista militare da quando nel novembre del 2010 un cannoneggiamento del Nord provocò la morte di quattro persone: due militari e due civili.

    Quello fu il più grave degli episodi recenti di una storia costellata di provocazioni e violenze, ma anche di momenti di distensione, e di provocazioni globali, come i test nucleari e i lanci di collaudo di missili balistici, che ha caratterizzato negli ultimi 60 anni i rapporti fra le due metà nemiche della Corea. Le quali formalmente sono ancora in guerra, avendo messo fine al conflitto del 1950-53 non con una pace ma solo con un armistizio. Che è ancora tale.


    Fonte: Analisi difesa
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    00 06/09/2015 19:27
    Il Pakistan produce 20 atomiche all’anno
    [IMG]http://i62.tinypic.com/mb36s3.jpg[/IMG]

    Il Pakistan, unica potenza nucleare musulmana, continua ad incrementare il suo arsenale al ritmo di venti testate atomiche all’anno e non solo ha già superato la rivale di sempre, l’India, ma diventerà presto la terza potenza nucleare del mondo dopo l’America e la Russia. È quanto riferisce il quotidiano inglese Financial Times citando lo studio di due esperti del think-tank Carnegie Endowment for International Peacè (che tra l’altro pubblica la prestigiosa rivista Foreign Policy).

    I diplomatici occidentali che seguono la materia ritengono che l’India (che ha ottenuto l’atomica nel 1974) abbia attualmente un’arsenale di cento testate mentre il Pakistan (che ha la bomba dal 1998) ne possegga 120, numeri che ne fanno il sesto arsenale dietro Stati Uniti, Russia, Francia, Cina e Gran Bretagna.

    Islamabad ha sempre sostenuto di essere stata costretta ad ottenere la bomba per contrastare il deterrente indiano, sostenendo che invece New Delhi ha l’atomica come una sorta di status symbol per essere accreditata come grande potenza.

    Il programma nucleare pakistano sin dalla nascita ha avuto più lati oscuri di quello di Teheran (ufficialmente nato solo per scopi civili) e il padre dell’atomica di Islamabad, Abdul Qadeer Khan, venne arrestato nel 2004 per aver venduto la tecnologia per l’atomica a Iran, Libia e Corea del Nord.


    Fonte: Analisi Difesa
  • Miro.72.
    00 10/09/2015 17:51
    Sembra che la Russia sia intervenuta in Siria [SM=g2806959] ,mo quei quattro beduini dell'Isis sgranocchiano male [SM=g4413987]

    video.corriere.it/russia-interviene-siria-armamenti-soldati/264f9c78-5791-11e5-b3ee-d3a21f4c8bbb?refre...

    [Modificato da Miro.72. 10/09/2015 17:52]
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    00 10/09/2015 19:55
    Beh, se Putin tiene fede al suo modo di fare, saranno si volatili per diabetici per l'Isis.

    Speriamo vada contro corrente e non si limiti a sparuti raid aerei giusto per consumare le bombe in scadenza......staremo a vedere. [SM=g2201354]
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    00 18/09/2015 11:43
    Non sarebbe certo una novità vedere soldati russi in Siria. Mosca e Damasco sono alleati da decenni.

    Ecco un articolo di Analisi Difesa sull'intervento russo.


    I russi in Siria e i numeri dei bombardamenti della Coalizione.

    Solo consiglieri militari o anche unità combattenti per affiancare le truppe siriane contro le milizie dello Stato Islamico e di al-Qaeda?

    Circa l’impegno militare russo in Siria le informazioni sono contrastanti e difficili da verificare. Mosca ammette l’invio di armi, mezzi e consiglieri militari ma senza compiti di combattimento.

    Del resto, come ha ribadito il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, i consiglieri militari russi a Damasco ci sono fin dagli anni’60.

    Tra i mezzi si parla di blindati BTR 82, cacciabombardieri Mig 29 e caccia intercettori Mig 31, questi ultimi gestiti con ogni probabilità da personale russo considerato che il velivolo è in servizio da molti anni ma solo con le forze aeree di Russia e Kazakhistan.

    Fonti libanesi riferiscono che le forze del Cremlino abbiano già avviato operazioni militari anche se si tratterebbe di “interventi limitati” effettuati da piccoli reparti di Fanti di Marina a sostegno delle truppe siriane sul fronte di Latakya.

    I “marines” di Mosca già sbarcati all’aeroporto della città costiera siriana sarebbero almeno una compagnia (oltre cento militari) ma secondo la ricognizione satellitare statunitense sarebbero già pronti alloggi per un migliaio di russi che potrebbero affluire rapidamente con il ponte aereo effettuato anche con i super cargo Antonov An-124.

    Nello stesso scalo sarebbero sbarcati sistemi radar, di difesa aerea e comunicazioni.

    A Latakya, secondo quando riportato da Maurizio Molinari su “La Stampa”, sarebbero atterrati anche 2 cargo di Air Mahan, la compagnia aerea commerciale iraniana accusata dagli Stati Uniti di trasportare uomini e mezzi della «Forza Al Qods», i reparti dei Guardiani della rivoluzione che operano all’estero e che da tempo sono presenti in forze in Siria insieme agli Hezbollah libanesi e a miliziani sciti iracheni.

    Gli Stati Uniti hanno definito “destabilizzante” l’invio di armi e truppe russe in Siria che potrebbe costituire una “minaccia” per la Coalizione anti-ISIS (a guida statunitense) e provocare un numeri maggiore di vittime e di rifugiati in Europa.

    La Coalizione per ora ha fatto però ben poco contro l’ISIS, almeno a giudicare dalla vivacità che il Califfato dimostra restando all’offensiva su tutti i fronti siriani. Gli ultimi dati del Pentagono riferiscono che al 7 agosto i raid in Iraq e Siria sono stati uccisi approssimativamente dai 10 ai 15 mila miliziani.

    Gli Stati Uniti hanno speso in 373 giorni 3,7 miliardi di dollari, 9,9 milioni al giorno, la maggior parte dei quali per le 23 mila armi (missili, razzi e bombe lanciati dai velivoli) impiegate in 22200 sortite aeree effettuate da aerei da combattimento (dati al 31 agosto) di cui solo 6127 hanno portato ad attacchi (in media solo 16 al giorno su un area controllata dall’ISIS estesa quanto la Gran Bretagna) che hanno distrutto oltre 10 mila obiettivi: 196 impianti petroliferi siriani, 119 carri armati e 340 veicoli (prede belliche che l’ISIS aveva catturato alle truppe iracheni e siriane), 2577 postazioni militari, 3262 edifici, 510 basi e accampamenti e 3680 obiettivi diversi.

    Sono state effettuate inoltre 8211 sortite di intelligence, sorveglianza e ricognizione, 8530 sortite da trasporto (65250 tonnellate trasportate) e 15200 sortite dei tanker da rifornimento in volo.



    Sempre nell'ambito dell'appoggio al regime di Assad, Mosca ha intensificato le esercitazioni navali al largo delle coste siriane.
    Dobbiamo ricordare che Tartus è l'unica base russa fissa sul Mediterraneo.

    Fonti vicine alla Marina Militare russa affermano che l'ultima esercitazione coinvolgerebbe cinque unità equipaggiate con missili tele-guidati, che effettueranno lanci di prova con l'approvazione di Damasco.

    “Si addestreranno a respingere un attacco dal cielo e a difendere la costa, il che comporta tiri di artiglieria e test con i sistemi di difesa anti-aerea a corto raggio”, hanno spiegato le fonti.

    Stando alle autorità cipriote, il 3 settembre scorso sono state notificate loro dal Cremlino operazioni che si svolgeranno davanti ai porti di Latakia e Tartous fino al 7 ottobre prossimo: per Nicosia questo porterà alla chiusura temporanea di tre corridoi aerei.


    Info prese da:
    www.analisidifesa.it/2015/09/mosca-intensifica-le-esercitazioni-navali-i...
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    _Thomas88_
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    00 22/09/2015 14:47
    Se i nostri alleati afghani stuprano i bambini
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    Bambini trattati come schiavi del sesso, incatenati al letto dei loro aguzzini: quegli stessi soldati afghani che avrebbero dovuto proteggerli dai talebani e invece abusavano di loro, sotto gli occhi ‘impotenti’ dei marines americani, costretti a ignorare le lor o disperate grida e a tacere.

    E’ l’agghiacciante inchiesta del New York Times che ha raccolto testimonianze e deposizioni proprio di quegli ex militari Usa di stanza in Afghanistan, tra il 2010-12, alcuni dei quali cacciati per aver agito di fronte agli abusi, altri uccisi perché, agli occhi delle vittime, erano in qualche modo complici. Uno di questi, il caporale Gregory Buckley, ucciso alla base militare Usa nel 2012 insieme ad altri due commilitoni, raccontò al padre di aver sentito in più occasioni i poliziotti afghani abusare sessualmente i bambini portati alla base.

    “Durante la notte li sentivamo gridare, ma non potevamo far nulla. Non ci era permesso”, disse al padre il quale lo esortò a dirlo ai suoi superiori. “Mio figlio lo fece, ma loro risposero di volgere lo sguardo dall’altra parte perché faceva parte della cultura locale”, ha detto il padre convinto che il figlio sia stato ucciso perché sapeva e non ha fatto nulla.

    Gli stupri di bambini sono una piaga dilagante in Afghanistan, in particolare tra i comandanti militari che dominano le zone rurali del Paese, fa notare il Nyt. La pratica viene chiamata ‘bacha bazi’ (letteralmente ‘gioco su bambini’) e i soldati e marines americani sono stati istruiti a non intervenire, in alcuni casi neanche quando gli alleati afghani abusavano dei ragazzini nelle basi militari.

    Gli abusi sono proseguiti anche mentre le forze americane reclutavano i soldati afghani per addestrarli a combattere contro i talebani. Ma i soldati e i marines sono rimasti turbati dall’impossibilità di denunciare i pedofili mentre in alcuni casi li armavano e li piazzavano a capo di villaggi.

    “Il motivo per cui eravamo lì era per le terribile cose che sapevamo i talebani facevano contro la popolazione, abusando dei diritti umani”, ha raccontato al Nyt, Dan Quinn, ex capitano delle forze speciali Usa che una volta picchiò a sangue un comandante delle milizie sostenute dagli americani che teneva un ragazzino incatenato al letto come ‘schiavo del sesso’.

    “Ma stavamo dando il potere a persone che commettevano cose peggiori dei talebani, come mi fecero capire anche gli anziani del villaggio”, ha aggiunto l’ex militare statunitense che, dopo aver picchiato il comandante afghano, è stato demansionato e richiamato dall’Afghanistan.

    La politica di istruire i soldati a ignorare i pedofili tra le forze afghane è ora sotto esame soprattutto dopo che è emerso che alcuni dei militari che hanno disobbedito a quegli ordini, hanno subito azioni disciplinari, come il capitano Quinn e, in alcuni casi, hanno avuto la carriera rovinata.

    Il portavoce del Comando americano nel Paese, il colonnello Brian Tribus, ha confermato che “generalmente, le accuse di abusi sessuali sui bambini, compiuti da persone dell’esercito o della polizia afghana, sono materia che attiene al diritto penale afghano” e che “non è richiesto espressamente ai militari americani di denunciare” gli stupri.

    La notizia dei diffusi stupri di bambini è trapelata dalle testimonianze di soldati statunitensi ma pare poco credibile che uomini delle forze di sicurezza afghane abbiano compiuto crimini simili solo nelle basi congiunte con le forze statunitensi e non anche in quelle dove erano presenti altri contingenti alleati che da anni addestrano, affiancano e appoggiano la polizia e l’esercito di Kabul.


    Fonte: www.analisidifesa.it/2015/09/se-i-nostri-alleati-afghani-stuprano-i-...
    [Modificato da _Thomas88_ 22/09/2015 14:49]
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    Quasar9621
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    00 22/09/2015 20:46
    Sconcertante [SM=g8180]
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    _Thomas88_
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    00 23/09/2015 14:31
    Re:
    Quasar9621, 22/09/2015 20:46:

    Sconcertante [SM=g8180]




    Abbiamo cacciato via i talebani perchè facevano cose indicibili, e quelli che ora sono al posto loro fanno le stesse cose, o addirittura peggio. [SM=g2815480]

    Cosa ancora più sconcertante è che i militari USA che sapevano non potevano fare niente.

    Viene da chiedermi:
    questi abusi saranno stati compiuti anche nelle basi del contingente italiano?
    Purtroppo penso di si.
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    _Thomas88_
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    00 04/10/2015 14:53
    Kunduz: bombardato ospedale di Medici Senza Frontiere

    Articolo di ieri, sabato 3 ottobre:


    Sono morte almeno 19 persone di cui 12 membri dello staff medico, dice Medici senza frontiere: sembra sia stata la NATO, che si è scusata con il governo afghano.

    In un attacco aereo compiuto sabato a Kunduz, città dell’Afghanistan contesa tra forze di sicurezza afghane e talebani, sono state uccise almeno 19 persone, 12 membri dello staff dell’organizzazione Medici senza frontiere (MSF) e 7 pazienti . MSF ha detto al Guardian che il numero dei morti potrebbe aumentare. L’attacco sembra essere stato compiuto dalla NATO, le cui forze stanno combattendo a fianco del governo afghano per riprendere il controllo di Kunduz, che era stata conquistata pochi giorni fa dai talebani. L’aviazione statunitense ha diffuso un comunicato in cui ha detto di avere compiuto dei bombardamenti vicino ad un ospedale della città, e ha parlato di «danni collaterali». Il governo afghano ha detto che il capo della coalizione delle forze statunitensi in Afghanistan si è scusato per quanto accaduto.

    MSF ha «duramente» condannato l’attacco in una dichiarazione pubblicata nel pomeriggio. Il segretario alla Difesa americano, Ashton Carter, ha detto che sono ancora in corso le indagini per determinare cosa sia successo a Kunduz. MSF ha sostenuto di aver ripetutamente comunicato alla NATO le coordinate precise in cui si trova l’ospedale, anche dopo l’inizio dei bombardamenti. L’attacco è comunque proseguito per circa mezz’ora. Secondo MSF, nella clinica c’erano circa un centinaio di pazienti e ottanta membri dello staff. Diverse aree dell’edificio, come la sala emergenza e la sala operatoria, sono state danneggiate. La clinica di MSF è l’unico ospedale di questo tipo presente nell’Afghanistan nordorientale. Negli ultimi giorni di combattimenti la clinica ha fornito assistenza a quasi 400 persone.

    I combattimenti a Kunduz erano cominciati tra domenica e lunedì, quando i talebani avevano attaccato a sorpresa riuscendo a conquistare una parte della città. Da giovedì l’esercito afghano ha lanciato una controffensiva con l’appoggio degli aerei americani. Venerdì il governo afghano ha dichiarato la città riconquistata, ma i talebani hanno detto di essere ancora in controllo di alcuni quartieri. Sempre venerdì erano ancora in corso scontri nella zona dell’aeroporto e in altre zone della città. Kunduz ha 300 mila abitanti ed è una delle principali città dell’Afghanistan.


    Aggiornamento di oggi, domenica 4 ottobre:


    MSF ha chiuso il suo ospedale a Konduz.

    Dopo i bombardamenti di ieri che hanno ucciso 19 persone, e per i quali è accusata la NATO: intanto nella città afghana continuano i combattimenti con i talebani.

    Oggi l’organizzazione non governativa Medici senza frontiere (MSF) ha annunciato di aver chiuso l’ospedale di Kunduz, in Afghanistan, che venerdì notte era stato colpito da alcuni bombardamenti probabilmente compiuti dagli aerei della NATO: la NATO è impegnata a Kunduz per cercare di riprendere il controllo della città che questa settimana è stata conquistata dai talebani. Negli attacchi aerei sono rimaste uccise 19 persone, tra cui 12 membri dello staff medico di MSF, e altre 37 persone sono rimaste ferite. La NATO ha ammesso la possibilità che alcuni suoi aerei abbiano bombardato la zona dove si trova l’edificio che ospitava l’ospedale di MSF e il capo della coalizione delle forze statunitensi in Afghanistan si è scusato per quello che è successo. MSF ha duramente criticato gli attacchi: ha detto che la NATO era a conoscenza della posizione esatta dell’ospedale e ha chiesto che venga aperta un’indagine per individuare le responsabilità dell’accaduto.

    L’attacco.
    Poco dopo le due di sabato notte l’ospedale di MSF di Kunduz, nel nord est dell’Afghanistan, è stato colpito da un proiettile esplosivo caduto nelle vicinanze. Lo staff ha iniziato l’evacuazione della struttura e ha telefonato al comando NATO di Kabul, la capitale dell’Afghanistan, ribadendo le coordinate dell’edificio: MSF ha detto che sia le forze NATO che i talebani che stavano combattendo in quel momento in città erano già stati informati in precedenza delle coordinate dell’edificio. Nonostante la nuova comunicazione, gli attacchi sono andati avanti per mezz’ora. Un militare americano ha detto al New York Times che l’attacco è stato compiuto da un AC-130, un aereo ad elica che può essere armato con missili e bombe di precisione, ma che imbarca anche mitragliatrici e cannoni molto meno precisi.

    Cosa stava succedendo a Kunduz.
    Lunedì 28 settembre i talebani, il movimento che combatte dal 2001 la coalizione internazionale e il governo afghano, hanno occupato la città di Kunduz ottenendo una delle più importanti vittorie dall’inizio della guerra, nel 2001. L’esercito afghano e le forze speciali americane hanno contrattaccato nei giorni successivi con attacchi aerei e operazioni via terra. Venerdì il governo afghano ha dichiarato la città riconquistata, ma i combattimenti contro gruppi di talebani sono proseguiti nel corso della notte. Secondo il New York Times, la bandiera dei talebani è ancora issata nella piazza principale di Kunduz.

    Cosa dicono gli americani.
    Il generale John F. Campbell, comandante delle truppe americane in Afghanistan, ha detto che i bombardamenti sono stati autorizzati alle 2 e 15 di notte per proteggere le truppe afghane e americane che si trovavano sotto attacco dei talebani. Un funzionario di polizia afghano ha detto che alcuni talebani si erano nascosti nell’ospedale, una circostanza negata dallo staff di MSF che ha detto che nell’ospedale erano presenti soltanto pazienti e personale dell’ONG. Diversi giornali hanno fatto notare come MSF fornisca cure mediche a chiunque ne abbia bisogno, senza guardare se quella persona è un talebano o un civile. Questa politica ha spesso irritato le forze di sicurezza afghane. Il generale Campbell ha detto che è in corso un’inchiesta sull’attacco. Obama ha detto che bisognerà attendere la fine dell’inchiesta prima di formulare un giudizio definitivo sull’accaduto.


    Fonte: Il Post
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    00 10/11/2015 18:42
    Washington armerà i Reaper italiani.

    L'Italia lo chiedeva da tempo e finalmente gli USA hanno deciso di venderci i kit di armamento per i droni Predator e i Reaper, fino ad ora impiegati dall'Aeronautica Militare solo in operazioni di sorveglianza e raccolta d'informazioni.


    Un Reaper dell'Aeronautica Militare ad Herat.
    [IMG]http://i63.tinypic.com/40t9z.jpg[/IMG]


    Washington ha finalmente accordato la vendita all’Italia dei kit di armamento per i droni Predator e Reaper in servizio nell’Aeronautica Militare che li ha acquistati negli ultimi anni dalla statunitense General Atomics impiegandoli in Iraq, Afghanistan, Libia e attualmente in Kuwait per le operazioni contro l’Isis in Iraq.

    Un impiego intenso ma sempre limitato alla sorveglianza e alla raccolta d’informazioni d’intelligence senza poter effettuare azioni d’attacco come quelle effettuate dai droni delle forze armate statunitensi o della Cia e dai droni britannici.

    Londra era fino a oggi l’unico alleato degli USA ad essere stato autorizzato non solo ad armare i propri Reaper (nome bellicoso che significa “mietitore”) ma addirittura ad imbarcare sui velivoli teleguidati i missili Brimstone (guarda il video) prodotti da MBDA e “made in UK”.

    Gli stessi droni sono stati acquistati anche da Olanda, Francia e Turchia che, come l’Italia, non hanno potuto ottenere finora i kit d’armamento che includono quasi 300 tra missili Hellfire e bombe a guida laser e gps che Roma aveva chiesto formalmente nel 2012 di poter armare almeno due velivoli MQ9 Reaper e che verranno effettivamente equipaggiati con gli armamenti statunitensi entro almeno un anno.

    L’Agenzia della Difesa per la Sicurezza e la Cooperazione del Pentagono, ha notificato al Congresso martedì sera il nulla osta alla vendita all’Italia di queste armi per un contratto stimato 129,6 milioni di dollari.

    I membri del Congresso hanno ora 15 giorni per bloccare la vendita ma uno stop è improbabile visto l’attento esame a cui sono sottoposte queste transazioni prima della notifica al Congresso.

    La vendita all’Italia sarebbe stata approvata in virtù dello status di “alleato chiave” di Washington secondo quanto riferito da fonti del Pentagono alla Reuters.

    “Non è una decisione presa alla leggera ed è simbolica della nostra fiducia nell’Italia come partner” ha spiegato una fonte. “L’Italia è stata con noi in ogni importante operazione Nato e a guida statunitense.”
    Le resistenze alla vendita degli armamenti agli alleati, opposte da alcuni ambienti del Pentagono e del Congresso che volevano garantire in esclusiva agli USA la possibilità di combattere con i droni, hanno determinato negli ultimi anni forti frizioni con gli ambienti aeronautici italiani dove cominciava a prendere piede l’opzione di acquisire altrove sistemi d’arma da imbarcare sui 12 droni statunitensi (6 Predator e 6 Reaper) in servizio con il 32° Stormo di Amendola (Foggia). Opzione realistica dal punto di vista operativo ma complessa e dai costi elevati per la necessità di integrare il software che gestisce le armi con quello dei velivoli teleguidati.

    Non si può escludere che l’improvvisa concessione sia legata alle pressioni di Washington affinché Roma autorizzi a bombardare le postazioni dell’Isis il contingente aereo italiano in Kuwait, 4 bombardieri Tornado e 2 droni Reaper finora impiegati disarmati.

    Dietro la decisione del Pentagono vi sono però anche ragioni commerciali e forti pressioni dell’industria d’oltre Atlantico, preoccupata che i clienti dei droni americani possano rivolgersi altrove considerato che tecnologie per armare i velivoli senza pilota sono già presenti o in fase di sviluppo in Russia, Cina, Corea, Gran Bretagna e in altri Paesi.

    Il rischio per le aziende statunitensi era quindi di perdere i clienti a vantaggio della concorrenza.
    Negli ambienti politici statunitensi il via libera alla cessione degli armamenti per i droni agli alleati era nell’aria dall’inizio dell’anno.

    Secondo funzionari del Dipartimento di Stato, interpellati dal Washington Post nel febbraio scorso, ogni Paese acquirente dovrà accettare una serie di principi per l’impiego dei velivoli armati solo per la difesa nazionale o per situazioni in cui la forza è consentita dal diritto internazionale. Condizioni curiosa se si considera l’elevato numero di civili uccisi dai raid dei droni nella campagna antiterrorismo statunitense.

    “La tecnologia resta qui” avevano aggiunto i funzionari sentiti dal WP circa i trasferimenti di know-how agli alleati precisando che “avere alleati attrezzati in modo appropriato” è “un vantaggio” anche per gli Stati Uniti che potrebbero così “appaltare” agli alleati le operazioni contro insorti e terroristi in alcune aree.


    Articolo di Gianandrea Gaiani
    Fonte: Analisi Difesa
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    00 25/11/2015 19:46
    Tupolev Tu-22M Backfire

    Visto che con le ultime vicende si è tornato a parlare dei bombardieri russi e quindi anche del Tu-22, a chi va di approfondire ecco la storia e le informazioni tecniche di questo velivolo.
    E' un riassunto, ho cercato di mettere le cose più importanti.
    Non ho fatto menzione delle cose più recenti, come l'impiego in Siria.


    [IMG]http://i66.tinypic.com/1zmktv7.jpg[/IMG]

    [IMG]http://i63.tinypic.com/qyidtg.jpg[/IMG]


    Il Tupolev Tu-22M Backfire è un bombardiere strategico bimotore a getto. Progettato per missioni di attacco in Europa e Asia, è stato l’ultimo bombardiere ad essere sviluppato in Unione Sovietica durante la Guerra Fredda. E’ un aereo versatile che può raggiungere una velocità di crociera elevata, trasportare un elevato carico bellico, convenzionale o nucleare, ed effettuare attacchi terrestri o antinave. Nell’apposita versione può essere utilizzato per missioni di ricognizione.

    Sviluppo.
    Lo sviluppo di questo aereo iniziò nel 1964 quando l’URSS iniziò a cercare un sostituto per il bombardiere strategico Tu-22 Blinder, ritenuto insoddisfacente.
    Inizialmente la Tupolev propose di modificare il Tu-22 originale. Il progetto prese la designazione 106 ma venne abbandonato quasi subito a favore del progetto 125, che prevedeva un aereo capace di raggiungere i 2500km/h ed un’autonomia superiore ai 4500km.
    Il governo sovietico esaminò il progetto ma preferì portare avanti il progetto del T-4 della Sukhoi, bombardiere dalla prestazioni decisamente più elevate.
    Tuttavia la Tupolev avviò la progettazione di un nuovo velivolo, designato 145, un’ampia riprogettazione del Tu-22.
    Quando nel 1967 venne accantonato lo sviluppo del T-4, il governo autorizzò ufficialmente la costruzione dell’aereo 145 della Tupolev. Il bombardiere era capace di raggiungere una velocità massima di 2300km/h e un’autonomia di 7000km senza rifornimento.
    Il velivolo venne chiamato Tu-22M .
    Il Tu-22M eseguì il primo volo di prova il 30 agosto 1969 ed entrò in servizio nel 1972.

    Caratteristiche tecniche.
    Le ali del Tu-22M sono a geometria variabile, a freccia positiva, e sono montate a metà corpo.
    Per la propulsione monta nel corpo due turboventola Kuznetsov NK-25 con postbruciatore capaci di fornire una spinta di 245kN ciascuno.
    La fusoliera è lunga e sottile, con un muso robusto e appuntito. Il corpo è rettangolare dalle prese d’aria agli scarichi.
    Versione A: la lunghezza è di 41.5m e l’altezza di 11.05m. L’apertura alare massima è di 31.06m e minima di 22.75m Il suo peso a vuoto è di 53500kg mentre il peso massimo al decollo è di 122000kg. Può trasportare un carico bellico di 6000kg, che può essere portato fino a 12000kg riducendo l’autonomia. Ha un’autonomia di 5000km, può raggiungere una velocità massima di 1600km/h e una tangenza di poco superiore ai 13000m. Come armamento difensivo monta due cannoni GSH-23 da 23mm.
    Versione C: la lunghezza è di 42.46m e l’altezza di 11.05m. L’apertura alare massima è di 34.28m e minima di 23.30m. Il suo peso a vuoto è di 53500kg mentre il peso massimo al decollo è di 126400kg. Può trasportare un carico bellico massimo di 24000kg tra bombe a caduta, missili aria-superficie AS-4 Kitchen, missili tattici aria-superficie AS-16 Kickback. Ha un’autonomia di 7000km, può raggiungere una velocità massima di 2300km/h e un’altitudine massima di poco superiore ai 13000m. Come armamento difensivo monta due cannoni GSH-23 da 23mm.
    L’equipaggio è composto da quattro uomini.

    Versioni.
    - Tu-22 Backfire A / Tu-22M0: versione di pre-serie. Venne prodotto in piccole quantità a causa delle performance inadeguate ed utilizzato per i test;
    - Tu-22 Backfire A / Tu-22M1: prima versione di serie utilizzata come bombardiere strategico;
    - Tu-22 Backfire B / Tu-22 M2: versione migliorata del Tu-22M1. Entrò in servizio nel 1976 e montava motori più potenti;
    - Tu-22M2Ye: versione del Tu-22M2 che montava nuovi motori NK-25 e un nuovo e sofisticato sistema di controllo del volo. Non venne mai prodotto su larga scala;
    - Tu-22 Backfire C / Tu-22M3: versione più moderna, capace di raggiungere prestazioni notevolmente superiori delle versioni precedenti grazie ai motori NK-25. Entrò in servizio nel 1983;
    - Tu-22MR: versione da ricognizione entrata in servizio nel 1985;
    - Tu-22ME: versione migliorata presentata ufficialmente nel 1990 e in via di miglioramento.

    Impiego operativo.
    Il Tu-22M apparve per la prima volta nel 1969 e confermò le ipotesi dell’intelligence occidentale, che da tempo credeva che l’Unione Sovietica stesse sviluppando un nuovo bombardiere.
    Nel 1971 un Backfire venne avvistato mentre effettuava un rifornimento in volo.
    Questo diede inizio ad una grande polemica riguardo l’effettivo raggio d’azione del bombardiere.
    La Tupolev dichiarava un raggio d’azione di 2200km. La Defense Intelligence Agency invece aveva stimato un raggio d’azione di 5000km senza rifornimento in volo mentre la Central Intelligence Agency supponeva un’autonomia di 3700km. Successivamente la DIA ridusse la propria stima a circa 4000km.
    L’opinione dominante della comunità di intelligence americana era che il Backfire era un sistema d’arma periferico, non capace di giocare un ruolo significativo in un attacco aereo contro gli Stati Uniti. Tale tesi era basata sulla limitata capacità di carico e di autodifesa dell’aereo. Quindi si supponeva che l’aereo potesse essere usato per attaccare gli USA ma non c’erano prove certe su questo e tutto faceva pensare che per tale scopo strategico il Backfire fosse inadeguato.
    Grazie alla capacità di essere rifornito in volo, però, secondo gli Stati Uniti il Tu-22M era da considerarsi un bombardiere intercontinentale e doveva essere soggetto alle stesse restrizioni degli altri bombardieri strategici. I sovietici, invece, sostenevano che il Backfire non era un bombardiere strategico in quanto non aveva un raggio d’azione intercontinentale.
    Quando nel 1979 fu firmato il trattato SALT-2, l’Unione Sovietica informò gli Stati Uniti che i Backfire non sarebbero stati equipaggiati con il sistema di rifornimento in volo.
    Secondo le affermazioni di un defezionista, però, i Backfire venivano impiegati su tratte intercontinentali di molto superiori a quelle dei bombardieri strategici M-4 Bison (autonomia massima di quasi 12000km) ed erano dotati di sistema di rifornimento in volo.
    Sempre secondo notizie di stampa i sovietici testarono sul Backfire il missile a lungo raggio ALCM e la CIA considerò il Backfire un vettore per ALCM, quindi capaci di attaccare gli Stati Uniti in assenza del trattato SALT-2.
    Negli anni ’80 i Backfire vennero impiegati per missioni di bombardamento convenzionale in Afghanistan ma a causa della scarsità dei pezzi di ricambio negli ultimi anni della guerra queste missioni avevano una percentuale di successo molto bassa, intorno al 30/40%.
    Nell’ambito dei negoziati del trattato START-1 nel luglio 1991, i sovietici dichiararono che non avrebbero dato ai Tu-22M capacità di operare su distanze intercontinentali e che in qualsiasi momento non avrebbero posseduto più di 300 Backfire.
    Nel corso degli anni ’90 molti Backfire vennero trasferiti dalle forze di aviazione a lungo raggio all’aviazione navale nel nord della Russia.
    Alcuni Tu-22M3 vennero usati in missioni di bombardamento in Cecenia nel 1995.

    Altri utilizzatori.
    Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica la Bielorussia si ritrovò sul proprio territorio una cinquantina di Backfire che vennero in seguito restituiti alla Russia.
    Anche l’Ucraina si ritrovò con una notevole quantità di Tu-22M. Per una decina di anni rimasero operativi ma a partire dal 2000 vennero demoliti con finanziamenti americani.
    Gli unici paesi che mostrarono interesse per il Backfire furono India e Cina.
    L’India nel dicembre 1999 annunciò di aver concluso con la Russia un accordo per il leasing di quattro Tu-22M3 da utilizzare per il pattugliamento marittimo.
    La Cina, che aveva già mostrato interesse per questo velivolo nel 1993, fu vicina ad acquistare diverse decine di Tu-22M3 ad inizio 2013 (operazione dal valore di 1.5 miliardi di dollari).


    Fonte: www.webalice.it/imc2004/files_bombers/TU-22M_BACKFIRE.htm
    [Modificato da _Thomas88_ 25/11/2015 20:01]
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