Scoperto un batterio verso il centro della Terra

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cla73@
00sabato 11 ottobre 2008 23:20
A 2,8 chilometri di profondità è stato scoperto il primo ecosistema formato da un’unica specie. Nelle profondità di una miniera d’oro di Mponeng, vicino a Johannesburg, in Sud Africa, un gruppo internazionale di ricercatori ha infatti identificato e studiato un batterio, battezzato Desulforudis audaxviator, che vive in perfetto isolamento nel buio più totale, in un ambiente privo di ossigeno e con una temperatura di 60° C. Alla scoperta i ricercatori dedicano un articolo sull’ultimo numero di “Science“.

D. audaxviator sopravvive in questo habitat lontano dal sole traendo energia dai solfati e dall’idrogeno prodotti nelle rocce dal decadimento radioattivo dell’uranio. In assenza di ogni altra forma vivente, il batterio deve produrre da solo le molecole organiche a partire dall’acqua, il carbonio inorganico e l’azoto dai fluidi circostanti.

L’evoluzione ha dotato di D. audaxviator di un corredo di geni - molti dei quali presenti negli archea, un dominio della vita separato da quello dei batteri - estremamente versatile che gli consente di far fronte a condizioni estreme; in particolare è in grado di fissare direttamente l’azoto elementare presente nell’ambiente.

Il genoma del batterio è stato identificato filtrando oltre 5600 litri di liquidi percolanti dalle fratture delle rocce. “Sapevamo da lavori precedenti che in questa miniere sembravano esserci comunità viventi molto semplici”, ha detto Fred Brockman del Pacific Northwest National Laboratory, che ha partecipato alla ricerca. “Ci aspettavamo di avere buone probabilità di identificare il genoma quasi intero di diverse specie dominanti. Quasi tutti gli organismi vivono infatti in comunità con una suddivisione dei ruoli all’interno dei loro ecosistemi.”

“Ciò che invece abbiamo scoperto è che era presente il genoma di un’unica specie”, ha aggiunto Says Chivian, un altro membro del gruppo di ricerca.

L’analisi del genoma ha mostrato che esso conteneva tutto ciò che serve a un organismo per sostenere un’esistenza indipendente, compresa la capacità di incorporare gli elementi necessari alla vita da fonti inorganiche, di riprodursi, di muoversi liberamente (grazie a un flagello) e di proteggersi da condizioni ambientali dure, virus e anche di periodi di assenza di nutrienti attraverso la formazione di spore.

Il fatto che possieda una parte dei geni che sono comuni fra gli archea (fra cui quelli che li proteggono dai virus, cosa unica nel phylum dei batteri), induce a pensare che i suoi antenati abbiano a lungo condiviso un ambiente con questi organismi, da cui potrebbero aver ricavato i geni per trasferimento genomico orizzontale.
La capacità di formare endospore consente a D. audaxviator di resistere alla siccità, al calore, all’assenza di nutrimento e ad aggressivi chimici. L’unica cosa a cui sembra non poter resistere è l’ossigeno, circostanza che fa ipotizzare ai ricercatori che il batterio non sia stato esposto a esso fin da epoche remote.

“Una domanda che è sorta considerando la capacità di altri pianeti di sostenere la vita è se possano esistere organismi che vivano senza avere accesso alla luce solare. La risposta è sì, e questo batterio ne è la prova”, ha commentato Chivian.

Curiosa anche la storia del suo nome, la cui paternità è in parte dovuta a Tullis Onstott che ha ne ha coniato la prima parte, Desulforudis, ispirandosi alla sua forma e alla capacità di trarre energia dai solfati, e in parte a Dylan Chivian che nel libro di Jules Verne Viaggio al centro della Terra parla di un messaggio decifrato dal protagonista in cui è scritto “descende, Audax viator, et terrestre centrum attinges“, da cui audaxviator. (gg)



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