Non siamo poi cosi' perfetti

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(richard)
00mercoledì 25 giugno 2008 12:33
Cento miliardi di neuroni, ma non sono mai abbastanza. Dopo una conversazione con Gary Marcus, una delle celebrità della psicologia, ci si sente a disagio.

C’è un motivo se sei paracadutisti su 100 si sfracellano perché si dimenticano di tirare la cordicella, se quasi mai ci ricordiamo dove abbiamo lasciato le chiavi di casa, se i piloti hanno bisogno di consultare a ogni volo lunghe liste di operazioni in sequenza.

Il motivo è lo sconcertante e meraviglioso pasticcio che ci portiamo nella scatola cranica. Marcus, professore di psicologia alla New York University, ha appena scritto «Kluge: l’ingegneria approssimativa della mente umana» e fa passare a chiunque la voglia di sentirsi come Dio: se siamo a sua immagine e somiglianza, allora ci specchiamo in una divinità minore, maldestra, simile a quella immaginata dagli gnostici.

Professore, lei ci paragona a un’icona pop della tv degli Anni 80, il MacGyver che è la personificazione dell’arte di arrangiarsi: se l’evoluzione si è accontentata di un «kluge» - un accrocchio - che idea si è fatto dell’essere umano? Siamo così disastrosi?

«In realtà, ho spiegato che siamo un pinnacolo dell’evoluzione, perché siamo creature intellettualmente sofisticate. Rappresentiamo il meglio possibile, ma potremmo essere migliori, come dimostra il linguaggio: è straordinario, eppure tutt’altro che perfetto».

Lei cita come metafora la tragedia sfiorata dell’«Apollo 13»: gli astronauti si salvarono grazie a un filtro per l’ossigeno, costruito con una scatola e un calzino: l’evoluzione è meno intelligente di quanto pensiamo?

«L’evoluzione non è intelligente. Ricorre a soluzioni rozze. Il punto è che, essendo tutt’altro che perfetta, alcune delle sue trovate sono davvero imperfette e siamo il risultato di queste goffaggini».

Si pensa al cervello come a un bio-computer e invece, per lei, assomiglia a un manoscritto, in cui prevale la confusione.
«In senso astratto è un computer, perché prende informazioni dal mondo esterno e fa dei calcoli, ma i computer eseguono alcune operazioni molto meglio e altre peggio. Sono più bravi con la memoria, mentre l’evoluzione è stata più abile con la visione».

A proposito di memoria, lei sostiene che «è il fattore a cui si possono attribuire la maggior parte delle idiosincrasie cognitive». Quanto funziona?
«La memoria è in giro da circa un milione di anni. E’ stata programmata per essere veloce e non troppo efficace sui dettagli.

E’ nata in antenati lontani, ai quali garantiva un buon funzionamento “medio”, ma non si è trasformata per focalizzare eventi specifici, con tutta l’attendibilità necessaria».

Soddisfacente nella savana, insufficiente nell’era di Internet?
«Dobbiamo ricordare troppe password e il sovraccarico è anche il motivo per cui i piloti devono incrementare la memoria con procedure scritte.

Noi ricordiamo, ma spesso in modo confuso. Se vedi un crimine e ci pensi dopo un po’, fai fatica a distinguere tra la tua ricostruzione e ciò che è accaduto».

E, se non bastasse, tendiamo ad autoingannarci: perché?
«Dobbiamo avere delle spiegazioni a portata di mano. Non accettiamo volentieri ciò che è randomizzato, la casualità. Qualunque cosa crediamo, cerchiamo conferme alle nostre credenze.

Ecco perché ci autoinganniamo. Fa parte della nostra natura ed è la caratteristica alla base di molti conflitti, politici e religiosi».

Se siamo tanto simili alle grandi scimmie, come spiega la raffinatezza del linguaggio?
«Abbiamo circuiti dedicati, ma non avremmo potuto elaborarli da pochi cambiamenti genetici se le scimmie non avessero posseduto cervelli sofisticati».

Nel suo saggio dà 13 «consigli» per migliorare una zoppicante razionalità: perché è difficile prendere decisioni sensate?
«Ci sono due sistemi in conflitto: uno più antico che lavora per riflessi e uno più avanzato, che tende a ragionare. Un ragazzo vuole andare bene a scuola, ma è il videogame che gli dà il piacere immediato».

Come saremo tra 10 mila anni?
«Di certo molto diversi. Con l’ingegneria genetica manipoleremo ogni singolo gene».

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