Il Lapis Exillis: alla ricerca del Graal

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Atlanticus81
00domenica 9 settembre 2012 19:53
Il Graal, come oggetto, come simbolo, come chiave di conoscenza
Non è facile parlare di un mito tanto discusso e sviscerato nei suoi possibili significati come quello del Graal. Su di esso sono già state impiegate fin troppe parole, e forse, più cerchiamo di spiegarlo, più rischiamo di allontanarci dal suo vero significato.

Ma il fascino di questa leggenda, che ha infiammato i cuori di non pochi scrittori e ispirato saghe e simbolismi di varie e contrastanti culture, pare che abbia il potere di rimanere inalterato nel tempo.
Il Graal è comunemente accostato al contenitore che raccolse e conservò il sangue di Cristo, ma in realtà si tratta di un mito molto più antico.

L’accostamento con il simbolismo cristiano è nato nel medioevo, quando il mito conobbe momenti di grande gloria e i racconti sul Graal fiorirono e sbocciarono come dal nulla. Nel periodo che va dalla fine del XII secolo alla metà del XIII comparve in tutta Europa un vasto corpus di testi che proponevano il Graal in tutte le sue possibili varianti. Tra queste, l’interpretazione dei monaci cristiani ebbe il sopravvento sull’anima celtica della leggenda, e l’errore storico fu perpetrato e ratificato dalla cultura ufficiale.

L’origine del termine “Graal” si fa risalire al termine latino Gradalis, che vuol dire scudella lata et aliquantun profunda, cioè una scodella o un vaso: questi oggetti nella mitologia classica simboleggiavano il potere benefico delle forze superiori… basta pensare alla Cornucopia dei Greci e dei Romani.

Ma cos’è fisicamente il Graal? Il primo a nominarlo fu Chretien de Troyes nella sua opera “Perceval le Gallois ou le Compte du Graal” nel 1190: viene visto come una coppa, ma non ci sono riferimenti di un suo legame con Gesù.

Solamente nel 1202 Robert de Baron nella sua opera Joseph d’Arimathie legherà in maniera indissolubile il Graal con il calice dell’Ultima Cena, nel quale in seguito Giuseppe d’Arimatea raccolse il di Gesù crocifisso.

Verso il XIII secolo, sua concezione muta radicalmente: il Graal viene addirittura associato ad un libro che scrisse Gesù stesso e che poteva essere letto solamente da qualcuno eletto da Dio. Questo perché le verità scritte se narrate agli uomini potevano sconvolgere i quattro elementi e scatenare un terribile potere!

Intorno al 1210 si assiste ad una nuova rivisitazione del Graal: il tedesco Wolfram Von Eschenbach nella sua opera Parzifal lo descrive come una pietra purissima, chiamata lapis exillis: il suo potere era tale che “se un uomo continuasse a guardarla per duecento anni, il suo aspetto non cambierebbe: forse solo i suoi capelli diverrebbero grigi”. Leggendo questo incredibile potere si è pensato che il termine lapis exillis derivasse dal latino lapis ex coelis, cioè “pietra caduta dal cielo”.

Se si tratta di una pietra caduta dal cielo, assai simile dunque alla pietra nera custodita nella Ka'Ba alla Mecca, le caratteristiche del Graal cambiano decisamente. Come la pietra di Fal, il Graal diviene non strumento di immortalità ma mezzo per trasmutare la materia vile in materia divina: il ferro in oro, o meglio, sviscerando il significato esoterico dell’atto della trasmutazione, l'anima umana in essenza divina.

La coppa-pietra assume così un ruolo cristico-gnostico, è essa stessa Gesù: anzi, è lo strumento che manca a Satana per conquistare il mondo e il suo possesso è in grado di decidere le sorti del mondo e dell'universo.

I romanzi successivi del ciclo del Graal, come il Lancelot di Rober de Boron o il Peredur e il Perlesvaus, accentuano questo aspetto. Si torna al concetto di oggetto magico, in grado di stabilire le sorti del mondo, ed è questo il significato che nel Romanticismo diede alla coppa dell'eucarestia il musicista Richard Wagner nell'opera Parsifal che tanta influenza ebbe sui Nazisti il secolo dopo. E in effetti, la musica wagneriana portò alle forsennate ricerche del Graal in stile Indiana Jones da parte delle SS di Himmler comprensive di resoconti sognati fatti al "povero" Adolf Hitler rimasto orfano della sua arma definitiva per la conquista della Terra.

Ma forse la chiave di volta del Graal è proprio l'interpretazione ultima dei Nazisti; non è il riferimento alla coppa dell'Ultima Cena, ma a qualcosa di più antico e veramente esplosivo in grado di cambiare le sorti di una guerra. Il costante e continuo riferimento delle cattedrali gotiche che mettono il relazione la coppa ai cavalieri Templari fa pensare al Graal a qualcosa di legato al tempio di Salomone a Gerusalemme: l'Arca dell'Alleanza, che non dimentichiamo era in grado di distruggere intere città o di folgorare chi la toccava senza protezioni! E' questo il vero aspetto del Graal, un oggetto tecnologico che secondo alcuni studiosi eterodossi era custodito ai tempi dei Faraoni nella Grande Piramide di Giza e che Mosé rubò al momento della fuga degli Ebrei dall'Egitto?

Forse abbiamo tutti ragione, nel senso che il Graal è contemporaneamente sia strumento che simbolo; strumento tecnologico di una civiltà perduta donata agli uomini affinché ne facciano buon uso, ovvero per percorrere il cammino della Conoscenza, il processo alchemico-esoterico che porta al corpo di luce, massima consapevolezza della propria essenza divina us cui il messaggio cristiano originale voleva condurre gli uomini; conoscenza che il Graal stesso simboleggia.

In realtà il mito che segnò così profondamente la cultura dell’Europa medievale era di chiare origini pagane. Quando Chretien de Troyes, intorno al 1181, introdusse il Graal nel suo “Perceval”, nessuno aveva mai sentito ancora nominare questo strano oggetto, e di certo, nel suo romanzo, Chretien non fornisce alcun elemento per poter accostare il Graal all’esoterismo cristiano.

Si sa che Chretien de Troyes basava i suoi romanzi sul background folklorizzato di leggende mantenutesi nelle aree celtiche fino ad allora sopravvissute, come l’antica Armorica (l’attuale Bretagna), la Cornovaglia, il Galles.

Il “Perceval” è una sorta di iniziazione cavalleresca incentrata sul mistero del Graal; ma nonostante il romanzo ruoti attorno al Graal, il significato di quest’ultimo rimane oscuro, e l’autore non fornisce alcun elemento per farsene anche solo una remota idea.

Il Graal fa la sua comparsa in una strana processione, nel bel mezzo di un banchetto regale: i valletti del Re portano una lancia bianca, un candeliere d'oro fino, un piatto d’argento e infine il regalo più prezioso, il Graal. “Quando il Graal fu portato nella stanza, da esso si diffuse un tale chiarore che le candele persero la loro luce come le stelle quando si leva il sole o la luna.”

Da questi scarni e oscuri accenni al misterioso oggetto chiamato Graal scaturirà una ricca letteratura che segnerà profondamente la cultura medievale. Il romanzo di Chretien, pur se incompiuto, ebbe uno straordinario successo, ed ebbe il merito (o il demerito?) di creare una moda. Tra i testi più famosi: il “Parzival” di Wolfram von Eschenbach, il “Peredur”, un racconto gallese della raccolta dei Mabinogion, e il “Roman de l’Estoire du Graal” di Robert de Boron.

Nel XIII secolo il mito era ormai famoso, e la “cerca del Graal” era definitivamente identificata come la missione spirituale dei Cavalieri della Tavola Rotonda: una via mistica, costellata di prove iniziatiche, che aveva come obiettivo la conquista dell’ambito oggetto, fonte di conoscenza e benessere spirituale. Una leggenda simbolica di cui molte scuole spirituali si attribuirono la paternità, sfruttando a proprio uso e consumo l’obiettivo finale.

L’opera di cristianizzazione in atto in Europa convertì la leggenda secondo criteri cristici, e così il Graal divenne il contenitore che raccolse il sangue di Cristo, e la cerca del Graal fu tradotta nel misticismo cristiano.

Cercare di addentrarsi nel significato del Graal secondo le leggende celtiche, e nel mondo celtico in generale, tuttavia non è facile né a portata di tutti. Le fonti e le testimonianze originali giungono da quegli autori che rappresentano la cultura che ha cancellato i Celti dalla storia, ovvero i romani e i monaci medievali; facile immaginare come tali fonti risentano dell’influenza della storia narrata dai vincitori.

Ma il patrimonio dell’umanità non è costituito solo dai monumenti architettonici del passato: esiste un grande patrimonio tramandato dalla memoria storica dell’umanità, costituito dai miti e dalle leggende di tutti i popoli della terra, che ostinatamente accompagna la storia dell’uomo, pronto per essere interpretato e ricomposto come un enorme puzzle, e geloso custode di millenari miti e di ancestrali insegnamenti.

E’ proprio da tale patrimonio che possiamo attingere per eludere la censura della storia, per provare a farci un’idea dell’insegnamento conservato nel Graal. Ed è proprio così che di fatto inizia un percorso, quel percorso che anticamente venne definito come la “Cerca del Graal”: un sentiero individuale, personale, alla ricerca del Graal ma anche alla scoperta di se stessi.

Che cosa spinse Chretien de Troyes ad introdurre il Graal nei suoi racconti? E da quali fonti attingeva per le sue ispirazioni? E ancora: che cosa rappresentano quei quattro elementi che ricorrono nella processione del Graal?

Per quest'ultimo quesito, dall'antica tradizione irlandese arriva uno spunto che ci viene in aiuto riproponendoci quattro elementi sotto forma di altrettanti "doni" che venivano fatti agli ancestrali Re d'Irlanda, gli Ard-Rì, provenienti dai mitici Tuatha De Danann: la lancia, la spada, la coppa e la pietra. Un'usanza che ancora oggi viene in parte conservata nel Regno Unito: la "Stone of Scone", la pietra su cui vengono incoronati i reali d'Inghilterra, è appunto uno di questi quattro doni e, secondo la leggenda, viene tramandata da tempi immemorabili. Quattro doni che ovviamente avevano un significato altamente simbolico, e che forse ci possono aiutare per iniziare ad addentrarci nel segreto del Graal.

Secondo l’esoterismo del Graal, questi quattro elementi costituiscono altrettante esperienze formative che hanno lo scopo di forgiare spiritualmente l'iniziato nelle sue conquiste metafisiche. Una sorta di cammino mistico che necessita di strumenti, come i sopracitati quattro "doni", per poter essere realizzato nella maniera idonea.

Se Chretien introdusse e sottolineò questi quattro capisaldi della via mistica del Graal, non lo fece certo per caso: in un momento in cui la conversione cristiana era dilagante, egli sentì l'impulso di dare una provocazione introducendo elementi pagani raccolti da tradizioni precedenti. Forse non riuscì nel suo intento, vista l'interpretazione che ne fu data in seguito, ma di sicuro lasciò una traccia indelebile che pose l'accento su un mito universale che mal si prestava ad essere strumentalizzato, e che di sicuro fa riflettere gente di ogni tempo e luogo.

Nelle leggende celtiche appare evidente come il Graal sia un oggetto immateriale, esperienza e insieme cammino iniziatico, una via mistica alla ricerca della conoscenza. Tutte le leggende celtiche, di qualsiasi paese, risentono fortemente del simbolismo del Graal; si può dire che in questo mito ci sia il senso stesso della spiritualità del mondo celtico. Ma ciò che colpisce nel corpus delle leggende celtiche legate al Graal è la somiglianza con altri miti, lontani tra di loro nello spazio e nel tempo.

Se proviamo a tracciare una scheda dei punti salienti della leggenda, potremo confrontarla con altri miti storici per penetrarne il significato.

I punti salienti sono:
. il Graal è un oggetto immateriale, talvolta raffigurato come una coppa, talvolta come una pietra preziosa;
. il Graal è stato donato agli uomini da una stirpe divina in un’epoca primordiale;
. il Graal proviene da un altro mondo e compare periodicamente nella storia dell’uomo;
. il Graal è dispensatore di benessere e di conoscenza;
. il Graal rappresenta una porta verso un piano di realtà normalmente inaccessibile all’uomo.

In molte leggende dei popoli della terra possiamo trovare gli stessi elementi: il Graal, sotto forma di coppa o di pietra (per la maggior parte dei casi uno smeraldo o una pietra verde), emerge da un mondo parallelo al nostro e dispensa conoscenza e benessere a chi ne entra in possesso.

Possiamo citare la coppa donata dai mitici Tuatha De Danann della mitologia irlandese agli Ard-Rì, i primi re d’Irlanda; oppure la cornucopia della mitologia greca, ovvero il corno proveniente dalla capra di Zeus, con proprietà simili ai calderoni della mitologia celtica; oppure la coppa della mitologia nordica ricavata dal cranio del gigante Ymir, vista la sede dove ha avuto luogo la nascita dell’Uomo Primordiale. Ma anche la pietra verde raffigurante una divinità precolombiana, la dea dell’acqua Chalchihuitli; o la divinità peruviana Pachacaman, raffigurata come “luminosa e verde”, o ancora lo smeraldo con cui il sacerdote Quetzalcoatl otteneva la propria potenza dalle stelle.

Frammenti di un puzzle che ci fa intuire qualcosa che trapela al di là dell’apparente puerilità di leggende giunte a noi frammentate e oscure. Pezzetti di una storia che ci parla di un’era in cui l’umanità conobbe antichi splendori e lascia trapelare una realtà posta al di là dell’ovvietà.

Presso gli aborigeni australiani questa dimensione viene chiamata “alcheringa”, tradotta con il termine di “dreamtime”, il Tempo del Sogno. Il dreamtime è una dimensione parallela che trae le sue origini da un’esperienza vissuta dall’umanità dei primordi, manenuta viva, in modo segretissimo, dalla tradizione sciamanica delle società iniziatiche degli aborigeni. Una condizione di eterno presente, tra visibile e invisibile, che si proietta tra passato e futuro, in continuum esperienziale a cui si può accedere solo con la chiave adatta.

Una credenza analoga la troviamo presso gli indiani Hopi, che periodicamente si recano nei posti sacri per incontrarsi spiritualmente con i loro antenati totemici, i mitici Katchina, molto simili per significato e funzione ai Tuatha De Danann della tradizione celtica. E proprio il mito dei Tuatha De Danann ci offre la chiave di volta per capire qualcosa di più del significato del Graal.

La leggenda racconta del mitico incontro tra esseri divini provenienti dalle terre “a nord del mondo”, i Tuatha De Danann, e gli Ard-Rì, i primi re d’Irlanda. Questi mitici esseri regalarono agli Ard-Rì il Graal. Da questo incontro, secondo la leggenda, nacque la tradizione druidica che diede vita a tutta la cultura celtica e costituì il collante essenziale per popoli diversi e lontani fra loro.

Una pietra esile, fragile, magari un computer ante-litteram che contiene nozioni di altri mondi, un oggetto difficile da comprendere per menti semplici come quelle dei servi della gleba medievali ma che oggi anche per i comuni cittadini potrebbe assumere un senso compiuto. E chissà, forse potrebbe anche essere un oggetto piccolo, come la scatola che Berengere Saunière, parroco di Rennes-le-Château, consegnò ad Antoni Gaudì nel 1896 affinché fosse murata nella cripta della Sagrada Familia di Barcellona.

Nella cripta della Sagrada Familia di Barcellona sarebbe nascosta una scatola consegnata da Berengere Saunière, parroco di Rennes-le-Château, ad Antoni Gaudì nel 1896. Il parroco francese era divenuto estremamente ricco dopo aver trovato, durante i lavori di ristrutturazione della sua chiesetta sui Pirenei, documenti e pergamene estremamente antichi che nascondevano un segreto inconfessabile. In pochi anni il prete divenne amico di nobili e uomini della massoneria e strinse un profondo legame con la cantante lirica Emma Calvé, appassionata di esoterismo e legata a molti circoli culturali.

La Calvé era anche amica di Gaudì, architetto visionario che in quegli anni stava cambiando il volto a Barcellona: e così Saunière decise di affidare all'architetto catalano un importante oggetto, custodito in un involucro delle dimensioni di una scatola di scarpe, che egli aveva rinvenuto nella cripta segreta della sua chiesa. Di che si trattava? Documenti segreti della dinastia dei Merovingi, che a Rennes-le-Château avevano un'importante sede? Qualcosa proveniente dalla presunta tomba di Gesù? Oppure il misterioso oggetto che custodivano i Catari durante la Crociata contro gli Albigesi e che quattro fedeli portarono via durante l'ultima battaglia dalla fortezza di Montsegur, calandosi per centinaia di metri negli strapiombi intorno alla montagna?

L'intera area era stata poi secoli dopo ultimo rifugio dei Catari, la setta gnostica completamente annicchilita alle forze cristiane che per estirparla indissero perfino una crociata, quella celebre "degli Albigesi". Cosa trovò Sauniere? Un segreto così importante che fu convocato d'urgenza a Parigi, dal cardinale di Francia, per discuterne. Dopo numerosi conciliaboli con il Vaticano, gli fu ordinato di chiudere e sigillare il tutto. Ma evidentemente qualcosa non riposizionò al suo posto, poiché Sauniere divenne ricchissimo e su consiglio della cantante lirica Emma Calvé, donò appunto l'oggetto misterioso a Gaudì.

Cosa poteva essere quell'oggetto? Certo era qualcosa di piccolo, non superiore in dimensioni a una scatola di scarpe, probabilmente…
Escludendo che fosse qualcosa di visigotico, magari qualche ornamento d'oro depredato dai barbari nelle loro razzie, occorre pensare ai Catari e alla crociata che subirono. Certo, politicamente in quella guerra c'era la questione del controllo del meridione della Francia da parte di stirpi rivali: da una parte le eretiche Provenza e Linguadoca, libertarie e tolleranti verso religione e cultura e di impostazione filo-catara, e dall'altra il nord assolutista e filo-cattolico.

La crociata si risolse a favore dei secondi, ma fu di una brutalità inaudita, si videro episodi inumani e i roghi degli adepti dell'eresia catara illuminavano a decine le notti. Si andò avanti così per trent'anni, anche se le persecuzioni non finirono certo con la tregua delle armi: le comunità catare dovettero rifugiarsi sulle vette più alte, come la celebre fortezza di Montsegur, a poca distanza da Rennes-le-Château, per resistere strenuamente alle forze crociate. In pochi ricordano che l'Inquisizione fu "inventata" in questa circostanza…

Per quale motivo la Chiesa di Roma aveva così tanta paura di questa setta ereticale che era diffusa, sì, ma che comunque era alquanto circoscritta alle zone più meridionali della Francia? La guerra distrusse la maggioranza delle roccheforti catare ma servì ad ottenere l'effetto opposto, spargendo sia nell'Italia settentrionale che in Catalogna e Aragona i profughi catari, che ebbero modo di fondersi con la popolazione e di diffondere segretamente il loro credo in quelle terre.

Questo accadde nel XIII Secolo: vale la pena dire come a questa crociata non parteciparono né i Templari né i cavalieri Ospitalieri, l'odierno Ordine di Malta; e anche che in soccorso ai Catari giunse l'aiuto (eccezionale nei termini) del re di Aragona Pietro II detto Il Cattolico. Il re, che fu scomunicato nonostanza la devozione dimostrata negli anni antecedenti, fu purtroppo ucciso nella battaglia di Muret del 1213.

Che dire di questo genocidio? E' bene ricordare come per i Catari Gesù non morì sulla croce e che non fosse figlio di Dio: ma un uomo illuminato, un re-sacerdote assimilabile a Melkisedek di Ur che scambiò con il profeta Abramo la Coppa della Conoscenza, ricavata dalla gemma che cadde a Lucifero durante la battaglia degli angeli decaduti. Per i Catari questa coppa era associabile al Santo Graal e passò di mano in mano a Giacobbe (quello della Porta Coeli), a Mosé, a Davide, a Salomone fino agli Esseni Genazeriti che lo passarono alla reincarnazione del Melkisedek originario: Gesù il re del mondo. Gesù che non morì sulla croce ma salvatosi dalla crocifissione grazie all'aiuto del fratello Giacomo, raggiunse la moglie-sacerdotessa Maddalena in Francia dove diede vita alla stirpe dei Merovingi. Dopo lo spodestamento di questi ultimi ad opera di Carlo Martello, carolingio, i discendenti di Gesù migrarono al sud della Francia dove vivevano ancora a quel tempo…

Graal significherebbe, secondo questa tesi, "sangue reale": infatti solitamente la parola non è mai scritta senza l'epiteto "Santo", "Santo Graal": in latino medievale, San Graal oppure Sang Raal, "Sangue Reale". Il sangue dei re è quello di Re David di Israele, la stirpe davidica, la vera discendente dal primo uomo Adamo.

Le prove a sostegno di questa tesi sono tante e sorprendenti, a cominciare dal mai chiarito episodio delle nozze di Cana citato nei Vangeli. Se Gesù non è morto sulla croce, se si è sposato e ha generato figli, si comprende come il segreto del Santo Graal divenga il più esplosivo e potente strumento per disintegrare il mondo come lo intendiamo oggi.

Come si vede, una storia sufficiente a far bruciare sul rogo anche Dan Brown e il suo Codice da Vinci che ne narra le vicende, figuriamoci dei poveri contadini provenzali del 1200! Fatto sta che secondo queste tesi catare, il Graal inteso come coppa o gemma si è salvato nei secoli ed è stato nascosto da qualche parte proprio da quattro catari che calandosi come freeclimber dalle rocce a picco di Montsegur durante l'assedio crociato, riuscirono a sottrarsi al massacro degli uomini capitanati dal vile Simone di Monfort.

Ma dove era finito quell'oggetto? Ed era davvero la coppa-gemma di Melkisedek? La questione si complica alquanto "grazie" alla fantasia del trovatore Wolfram von Eschenbach, autore di uno splendido romanzo medievale sulla "qûete du Graal": il "Parzifal" è un'opera bella e misteriosa ambientata in un castello del Graal che sta sui Pirenei e che si chiama appunto "Montsalvesche", difeso da cavalieri che si chiamano "Templeisen" e che custodisce precisamente la reliquia, che non è la coppa del calice dell'Ultima Cena di Gesù (e in cui Giuseppe di Arimatea raccolse il sangue uscito dal costato dello stesso trafitto dalla lancia del centurione Longino), bensì una pietra, denominata "Lapis Exilis" (tradotto di volta in volta come "pietra esile" o "pietra del cielo"). Una pietra del cielo, come celeste era la gemma luciferina. Fatto sta che in tedesco Montsalvaesche vuol dire Monte Salvato, Monte Sagrato, Monte Serrato…

Seicento anni dopo, col rifiorire delle passioni romantico-esoteriche nell'800 tornò in auge il tema del Graal e della sua ricerca. Da qui nacquero gruppi occultistici anche inquietanti che diedero origine, tra gli altri al Nazismo; da qui il grande compositore tedesco Richard Wagner trovò ispirazione per creare un'opera splendida (per quanto tacciata di nazismo). Il "Parsifal" wagneriano riprendeva la storia duecentesca di Wolfram von Eschenbach e ambientava la ricerca del Santo Graal appunto nella Catalogna pirenaica… Anche se Montserrat non è a ridosso dei Pirenei, distante neppure è. E dunque quale posto era migliore di questo per custodirvi la reliquia delle reliquie?

Alla vicenda si interessò anni dopo uno schizoide fanatico di occultismo che però tanto lavoro a noi studiosi del mistero ha regalato: Heinrich Himmler, il capo delle Schutzstaffels, le famigerate SS dell'esercito hitleriano. Himmler per anni legò il suo nome alla ricerca di oggetti che confermassero le origini ariane (e dunque atlantideo-aghartiane) del popolo tedesco e come un vero pazzo girò il mondo, dal Tibet allo Yucatan, alla ricerca di reperti in grado di dimostrare questa superiorità. Era ovvio che si interessasse (anche solo "per darvi un'occhiata") al Montsalvaesche wagneriano: perfino le leggende catalane dicevano che il Santo Graal era nascosto qui, sorvegliato dalla Moreneta.

Il Graal compare in tutte le saghe e le leggende celtiche, dove molto spesso le battaglie e le imprese cavalleresche sono simbolismi di un viaggio iniziatico, e dove la vita e la morte assumono lo stesso valore. Le prove, spesso sovrumane, a cui è sottoposto il cavaliere alla conquista del “suo” Graal, sono facilmente interpretabili come prove iniziatiche per raggiungere quello stato trascendente che è meta di ogni iniziato.

Man mano che ci si addentra nel percorso alla scoperta di questo mito ci si accorge che si ha a che fare con un simbolo universale, infinitamente più antico e più vasto del corpus di leggende medievali che lo hanno reso famoso.

Il simbolo della coppa è presente negli oggetti rituali dei ritrovamenti pre-colombiani. Paragonandone il significato con altre tradizioni, confrontandolo con simboli di altre culture, constatiamo che non si può restringere il Graal nella visione di un mito dell'Europa medievale, ma lo si deve collocare in un'accezione più ampia, sia storica che geografica; solo così si può cercare di avvicinarsi al suo reale significato.

Occorre andare indietro nel tempo e, se i dati storici iniziano a sfumare nella leggenda, rivolgersi a quelle tradizioni mitiche apparentemente spazzate via dalla storia, ma che hanno lasciato profonde tracce nelle credenze popolari che in definitiva costituiscono la memoria storica dell'umanità. Solo così potremo forse darci delle risposte su un mito apparentemente oscuro e misterioso, ed estrapolarlo da un contesto folkloristico fine a se stesso.

Quando ci si addentra nel mito del Graal, alla ricerca del suo vero significato, non è difficile trovarsi in una dimensione al di là del visibile. Inizia un percorso personale fatto di magia e mistero, e i confini tra conoscibile e inconoscibile diventano sempre più flebili. Il Graal è un mito senza tempo, un oggetto immateriale che ogni tanto sembra ricomparire dalle pieghe della storia per ricordarci il mistero della nostra esistenza. Forse il Graal rappresenta l’esperienza evolutiva che è in ognuno di noi; forse è una profezia in attesa del suo inevitabile compimento.

Forse è la comune intuizione del Graal che ha guidato i Cavalieri di ogni tempo alla ricerca di un mondo migliore, in un percorso interiore verso il mistero più fitto; così come è stato per bardi e poeti di ieri e di oggi, attori inconsapevoli di un copione già scritto, tutti viandanti alla ricerca del Graal, la chiave per accedere a quella Conoscenza, la coppa da cui dissetarsi di quella “Eredità degli Antichi Dei” già presente in ciascuno di noi.


Fonti:
www.centrostudilaruna.it/wolfram-von-eschenbach-e-i-custodi-del-gr...
www.metamorfosi-aliene.it/argomenti/ricerche/introduzione/327-wolfram-von-eschenbach-e-i-custodi-del-gr...
www.shan-newspaper.com/web/tradizioni-celtiche/84-il-graal-leterna-rice...
P@ufoon
00domenica 9 settembre 2012 20:54
In parole povere il Santo Graal nei secoli ha assunto varie configurazioni e simbologie da parte sia dei fedeli che dei Cavalieri Templari.Si è passati dal riconoscerlo nel calice dell'Ultima Cena,nei chiodi della Croce di Gesu',nella Sua Testa senza Corpo,nell'Arca dell'Alleanza e cosi via. [SM=g2806965]
eone nero
00lunedì 10 settembre 2012 13:47
Atlanticus81, 09/09/2012 19.53:


I punti salienti sono:
. il Graal è un oggetto immateriale, talvolta raffigurato come una coppa, talvolta come una pietra preziosa;
. il Graal è stato donato agli uomini da una stirpe divina in un’epoca primordiale;
. il Graal proviene da un altro mondo e compare periodicamente nella storia dell’uomo;
. il Graal è dispensatore di benessere e di conoscenza;
. il Graal rappresenta una porta verso un piano di realtà normalmente inaccessibile all’uomo.



Aggiungerei anche la visione di René Guénon secondo il quale il Graal sarebbe il simbolo del Sacro Cuore di Cristo, per Julius Evola il Graal rappresenterebbe la Tradizione occidentale ghibellina, contrapposta a quella giudaico-cristiana, per Cal Gustav Jung sarebbe un archetipo dell'inconscio e

Secondo Julius Evola, ad esempio, il Graal rappresenterebbe la Tradizione occidentale ghibellina, contrapposta a quella giudaico-cristiana. Per René-Guenon sarebbe simbolo del Sacro Cuore di Cristo. Per Carl Jung, un archetipo dell'inconscio. Per Jesse Weston studiosa del folklore arturiano il Grall sarebbe un simbolo sessuale e di fertilità.



Graal significherebbe, secondo questa tesi, "sangue reale": infatti solitamente la parola non è mai scritta senza l'epiteto "Santo", "Santo Graal": in latino medievale, San Graal oppure Sang Raal, "Sangue Reale". Il sangue dei re è quello di Re David di Israele, la stirpe davidica, la vera discendente dal primo uomo Adamo.

Le prove a sostegno di questa tesi sono tante e sorprendenti, a cominciare dal mai chiarito episodio delle nozze di Cana citato nei Vangeli. Se Gesù non è morto sulla croce, se si è sposato e ha generato figli, si comprende come il segreto del Santo Graal divenga il più esplosivo e potente strumento per disintegrare il mondo come lo intendiamo oggi.



A quali prove ti riferisci? Cosa c'entrano le nozze di Cana con il Sacro Graal che non era stato ancora costruito?

Diverse volte hai citato Melisedek a cosa ti riferisci esattamente con quel termine?

Ho visto che hai citato il sensazionalistico sito metamorfosi-aliene a che pro dato che la fonte dell'articolo citato è il serio Centro Studi la Runa?

Non era Himmler che cercava direttamente il Graal, ma Otto Rahn sono disponibili anche i carteggi epistolari tra i due, Himmler si interessò dopo aver letto Crociata contro il Graal e mise a disposizione ulteriori mezzi a Rahn.

Atlanticus81
00lunedì 10 settembre 2012 16:14
Mi riferisco al Melchisedek citato in Genesi 14, 18-20

Intanto Melchisedek, re di Salem, offrì pane e vino:
era sacerdote del Dio altissimo
e benedisse Abram con queste parole:
“Sia benedetto Abram dal Dio altissimo,
creatore del cielo e della terra,
e benedetto sia il Dio altissimo,
che ti ha messo in mano i tuoi nemici”.

in cui gli stessi ebrei raccontano di come il loro Patriarca mostrasse devozione ad un Sacerdote di un culto precedente riconoscendo implicitamente in tale modo la superiorità sull’ebraismo stesso del culto professato dal “Sacerdote dell’Altissimo” Melchisedek.

Ma riguardo a Melchisedek questo rimane una figura misteriosa ed enigmatica.

Nelle mie ricerche sul graal mi sono imbattuto in diversi siti; devo ancora capire su quali devo prestare più affidamento di altri.

Relativamente alle nozze di cana mi riferisco al dubbio su chi siano effettivamente gli sposi. Nel racconto del quarto vangelo, però c’è qualcosa che non quadra. Manca la «sposa»: essa addirittura non è nemmeno nominata.

Lo sposo poi è citato di passaggio e solo per rilevare la brutta figura che ha fatto nel non sapere prevedere il numero degli invitati e l’esito del banchetto.

L’intervento della madre di Gesù è centrale e non può essere solo la preoccupazione di una donna di buon senso che cerca di rimediare a una difficoltà. Per questo non era necessario scrivere un vangelo. La madre che chiede di porre rimedio alla brutta figura è fuori luogo, perché sia lei che il figlio dovrebbero essere gli invitati e quindi responsabili del banchetto.

A meno che... le nozze di cana non siano la testimonianza dell'unione tra Gesù e la Maddalena. Ma questa è esclusivamente una mia supposizione...
eone nero
00lunedì 10 settembre 2012 18:03
Grazie gentilissimo Atlanticus. [SM=g8320]

Vedi se ti possono essere utili questi documenti per approfondire o trovare nuovi spunti.

Melkisedek

www.bibbiaweb.net/bibbia05.pdf

L'esegesi di Giovanni 2,4 nei Padri Latini

www.patristique.org/sites/patristique.org/IMG/pdf/62_viii_...

blackmanta
00lunedì 10 settembre 2012 18:42
Le incongruenze nei testi sacri sono moltissime. Non solo i Vangeli. Troppe sono le cose, che si smentiscono le une con le altre. Atlanticus forse si riferiva al fatto che se ci si liberasse di false convinzioni,e credenze che si sono stratificate, e ingarbugliate nel tempo, le nostre attuali convinzioni religiose e mistiche, verrebbero totalmente sradicate. Viene da chiedersi, se sarebbe un male o un bene. A me non parrebbe un prezzo troppo alto da pagare all'altare della verità. [SM=g2201342]
Atlanticus81
00mercoledì 12 settembre 2012 12:17
Grazie a voi! Sto leggendo "L'esegesi di Giovanni 2,4 nei Padri Latini" suggerito da Eone... un po' complicato, ma molto interessante.

Relativamente al commento di Blackmanta anche io sono convinto che prima di poter cercare la Verità ci si debba liberare delle false convinzioni e delle false certezze che contribuiscono a formare quel velo di maia che ricopre e nasconde la Verità.
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