I nativi americani sono originari dei monti Altaj, nell'Asia centrale

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_Thomas88_
00martedì 7 febbraio 2012 14:18
Identificata la zona nell'Asia centrale da cui sono partite le ondate migratorie per le Americhe.

I nativi americani (pellerossa, maya, incas, aztechi e altri) derivano da popolazioni asiatiche che intorno a 20-25 mila anni fa – in piena era glaciale - iniziarono a migrare nella Siberia orientale e poi attraversarono lo stretto di Bering per colonizzare le Americhe. Questo è conosciuto da tempo, ma non era chiaro da quale zona dell’Asia fossero partiti. La regione nella quale erano insediati ora è stata identificata da una ricerca dell’Università della Pennsylvania: provenivano dall’area appena a sud dei monti Altaj, all’incrocio tra i confini di Mongolia, Cina, Russia e Kazakistan.
Genetica - Lo studio, guidato dall’antropologo Theodore Schurr, è stato recentemente pubblicato su American Journal of Human Genetics, e si basa su comparazioni genetiche tra varie popolazioni asiatiche e diversi gruppi di nativi americani. L’analisi è stata effettuata sul Dna mitocondriale, che è ereditato per linea materna, e il cromosoma Y, che invece passa di padre in figlio. Proprio su quest’ultimo è stata identificata una mutazione che è posseduta soltanto dai nativi americani e dalle popolazioni degli Altaj meridionali. Anche il Dna mitocondriale è simile tra le due popolazioni, e in parte anche con quelle degli Altaj settentrionali.
Intervallo - Calcolando inoltre l’intervallo di tempo intercorso per arrivare alle attuali differenze genetiche tra nativi americani e Altaj del sud, Schurr e il suo gruppo hanno visto che le linee genetiche hanno iniziato a divergere significativamente circa 13-14 mila anni fa, un periodo successivo e compatibile con il passaggio in America dalla Siberia che si suppone avvenuto tra 15 mila e 20 mila anni fa, probabilmente in più ondate migratorie.

Paolo Virtuani.

Fonte: Corriere della sera.It
www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/12_febbraio_03/altaj-nativi-americani-virtuani_acd7f314-4e65-11e1-af4c-6a00aeffb1...
Zero_72
00martedì 7 febbraio 2012 14:45
Quindi mi stai dicendo che lavoro fianco a fianco con i progenitori dei nativi americani, interessante... tu pensa che il mio autista io lo chiamo Java (e' uguale al fumetto di Martin Mystere), forse anche il mio autista proviene dalla Città delle ombre diafane che sorge in un'inaccessibile valle della Mongolia ??? proprio come Java ?
Zero_72
00martedì 7 febbraio 2012 14:49
battute a parte, post molto interessante.
fabik
00martedì 7 febbraio 2012 16:15
Si, è una conferma di qualcosa che era già noto.
E' importante che la scienza trovi queste conferme perchè implicitamente influiscono su altre teorie.
bambino_69
00martedì 7 febbraio 2012 21:39
Re:
fabik, 07/02/2012 16.15:

Si, è una conferma di qualcosa che era già noto.
E' importante che la scienza trovi queste conferme perchè implicitamente influiscono su altre teorie.




giusto Fabik, concordo anch'io [SM=g8320]

quindi se questa ipotesi è giusta, significherebbe, che una delle prime e principali zone di sviluppo umano è stata nella zona dell'Asia centrale.

ciò non escluderebbe però, che ci siano state altre zone abitate, in altre parti del globo, in quello stesso periodo storico.
fabik
00mercoledì 8 febbraio 2012 09:09
Leggendo le scienze pare che la zona Europea fosse popolata per lo più dai Neanderthal che poi con la glaciazione e l'arrivo delle altre razze ominidi si rifugiarono prevalentemente nelle zone costiere più difficili da raggiungere del sud della spagna e della francia.

Poi pare vi fosse questo gruppo asiatico che colonizzò grande parte delle odierne asia ed americhe ed in fine un gruppo che proveniva dall'africa.
Pare addirittura che le ricerche fatte sul DNA umano confermino che la popolazione originale di questi individui provenienti dall'africa fosse molto bassa, inferiore a 50000 unità.

La cosa incredibile è che pare siano proprio loro ad aver influenzato maggiormente il nostro sviluppo.

Ovviamente la rivista la presentava come una teoria ma i riscontri scientifici sono tanti.
Delta.Force
00mercoledì 8 febbraio 2012 09:30
Così viene messa la parola fine a quella teoria alternativa,fatta proprie da alcuni scrittori dell'archeologia misterica,che vuole i nativi americani originari di Atlantide.
fabik
00mercoledì 8 febbraio 2012 10:21
Le somiglianze tra i mongoli ed i nativi americani sono una prova già senza analisi cliniche.
Tanto se uno vuole vedere misteri e rifiuta la realtà non lo convinci lostesso
giambo64
00mercoledì 8 febbraio 2012 10:51
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa Romney, il candidato repubblicano alla presidenza. Lui è mormone e questa religione crede che i nativi americani siano degli ebrei, emigrati in america ai tempi della torre di Babele. Gesù sarebbe stato da loro durante i tre giorni prima della risurrezione. Anni dopo sarebbe scoppiata una guerra tra questi popoli e Dio, per punizione, li avrebbe trasformati in... indiani.
eone nero
00mercoledì 8 febbraio 2012 11:02
giambo64, 08/02/2012 10.51:

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa Romney, il candidato repubblicano alla presidenza. Lui è mormone e questa religione crede che i nativi americani siano degli ebrei, emigrati in america ai tempi della torre di Babele. Gesù sarebbe stato da loro durante i tre giorni prima della risurrezione. Anni dopo sarebbe scoppiata una guerra tra questi popoli e Dio, per punizione, li avrebbe trasformati in... indiani.



A tal proposito per chi non lo avesse letto posto il Libro di Mormon.


scriptures.lds.org/it/bm/contents

freebookofmormon.files.wordpress.com/2008/02/italian.pdf





giambo64
00mercoledì 8 febbraio 2012 11:15
Comunque anche altri candidati repubblicani sono legati alla destra religiosa, fatta di beceri telepredicatori.
Motivo in più per sperare in una riconferma di Obama.
eone nero
00mercoledì 8 febbraio 2012 11:39
Re:
giambo64, 08/02/2012 11.15:

Comunque anche altri candidati repubblicani sono legati alla destra religiosa, fatta di beceri telepredicatori.
Motivo in più per sperare in una riconferma di Obama.



La stessa destra religiosa che negli anni 50 ha dato manforte alle canalizzazioni extraterrestri, e la stessa destra religiosa da cui nascono la maggior parte dei complotti che vediamo sul web.


eone nero
00mercoledì 8 febbraio 2012 12:55
Interessante questa ricerca dell'archeologo Marco Zagni, dove parla dei vichinghi arrivati probabilmente in America.


I Vichinghi in Groenlandia e in Nordamerica

Di Marco Zagni

La storia che stiamo per raccontare, come si sa, non ha mai avuto vita facile nel nostro Paese dato che, campanilisti come siamo e come è naturale, dalle nostre parti si è fatto sempre e letteralmente di tutto per farci dimenticare che invece sono circa quarant’anni che la faccenda in questione è stata dimostrata nel modo più completo. Chi scrive ha già da tempo compiuto due lunghi viaggi in Canada e può confermare senza ombra di dubbio che tali avvenimenti sono da decenni materia di insegnamento nelle scuole elementari di quell’immensa nazione. In effetti è proprio così: è dai primi anni sessanta che l’archeologo norvegese Helge Ingstad (con 5 spedizioni archeologiche, fino al 1965) riuscì efficacemente a dimostrare che resti di insediamenti vichinghi datati intorno all’anno mille esistevano realmente lungo la costa nordamericana e in Canada. E pertanto quasi 500 anni prima di Cristoforo Colombo, degli Europei avevano raggiunto l’America. Di fatto però risultò anche che gli esploratori nordici, da un certo punto di vista, non si erano nemmeno accorti della grande scoperta che avevano fatto. Come in tante altre occasioni nella storia avventurosa dell’esplorazione , tutto era avvenuto praticamente per caso.

I Vichinghi (Jomsvikings – pirati vichinghi) erano un fiero popolo medievale di predoni del Nord Europa, capaci di costruire battelli straordinari con i quali compivano le loro scorrerie per mare e fiumi. Erano anche dotati di armi eccellenti per l’epoca e partendo dalla loro mitica capitale, Jomsborg, ricolma di ori e preziosi depredati, e il cui porto era capace di contenere fino a 300 navi per la guerra di corsa, sciamavano per ogni dove: a Occidente verso l’Inghilterra e l’Islanda, a Sud fino al Mediterraneo ed in Sicilia , a Ovest risalendo addirittura il corso del fiume Volga. Man mano che si susseguivano queste incursioni, le loro imprese, comunque sanguinarie e portatrici di lutti in ogni dove, diventavano sempre più leggendarie, tant’è vero che furono trascritte in runico come Saghe e le più importanti sono la Saga di Erik il Rosso (Eiriks Saga) e la Saga della Groenlandia (Groenlendinga Saga). Esse in sostanza descrivono la scoperta dell’America, il primo contatto con i nativi americani originari, abitanti di quella che fu poi chiamata dai Vichinghi “Vinland“ (la “Terra del Vino di bacca“, o meglio, la “Terra Fertile“, che forse è la traduzione più esatta) e in definitiva la dimostrazione che, a differenza di Colombo, tale “scoperta” era avvenuta per metodici “salti” geografici e nell’arco di un centinaio di anni.

Tutto avvenne per balzi successivi: il punto di partenza per raggiungere l’America fu ovviamente la Norvegia ed in seguito attraverso le Isole Farøer, l’Islanda già colonizzata e la Groenlandia. Quello che generalmente spingeva i Norvegesi verso la navigazione in Occidente, a colonizzare le isole atlantiche minori e poi l’Islanda e la Groenlandia fino ad arrivare al tentativo di insediarsi in America del Nord, era stato il costante bisogno di terra, pascoli e nuovi spazi di pesca. Il primo vichingo a scorgere la Groenlandia, per esempio, fu probabilmente un uomo di nome Gunnbjörn , la cui nave il maltempo aveva trascinato fuori rotta dall’Islanda, verso Occidente, intorno al 960 d.C. Ma senz’altro il primo ad insediarsi in Groenlandia fu il capo vichingo e predone Erik il Rosso.

Erik (o meglio Eirik) era nativo dello Jaeder, che si trova nella Norvegia Sud-Occidentale. Il nostro uomo non era certo un santo anzi, semmai l’esatto opposto. Nel 982 d.C., dopo che questo predone con i suoi degni compari si era lasciato andare ad un’ennesima serie di saccheggi ed omicidi, i suoi stessi concittadini lo misero al bando per tre anni, col divieto di rimanere in Norvegia ed in Islanda. Il Rosso aveva dimostrato di essere un sanguinario, ma non era affatto uno stupido ed in più era un marinaio navigatore di razza come ce ne sono pochi, e con un manipolo di fedeli al seguito, conoscendo quello che era successo precedentemente al suo conterraneo Gunnbjörn almeno vent’anni prima, riuscì a raggiungere per primo la Groenlandia (la Terra Verde) , un posto glaciale e non molto ospitale e che quindi non era verde per niente, se non per il fatto che, avvistata durante il periodo estivo, lasciava intravvedere erbe, muschi e licheni, sotto la neve.

L’esploratore non perse tempo e con i suoi uomini, trovato un fiordo favorevole per installare una prima base e alcune piccole fattorie (zona di Tunugdliarfik), cominciò a rifornirsi di legname e alimentari con la caccia, la pesca ed il commercio con gli Eschimesi, i veri nativi del luogo da tempo immemorabile. In questo vero e proprio luogo di frontiera, ai confini del mondo, la vita dei primi colonizzatori era durissima, molto più vicina alle prime gesta norvegesi dei Vichinghi e Normanni di due secoli prima, con i Drakkar sempre in mare a pescare, ed in terra gli uomini intenti a costruire abitazioni di legno. Queste abitazioni, che spesso si trovavano ai bordi dei corsi d´acqua, ricordavano molto le palafitte costruite in oriente che erano molto simili se viste dall´ alto a grandi distese di case tra piscine interrate e risaie. In confronto , la vita bucolica e agricola dei Vichinghi islandesi sembrava un paradiso. Ma Erik il Rosso ce la fece e, scaduto il periodo dell’esilio forzato triennale, tornò in Islanda a raccontare quello che aveva fatto.

Proprio in quegli anni l’Islanda aveva subito una grave carestia agricola ed Erik non fece pertanto molti sforzi per convincere molte persone, ricchi e poveri, agricoltori e pescatori, cacciatori e sfaccendati a veleggiare con lui per colonizzare definitivamente la Groenlandia, convivendo con gli Eschimesi. Si armò una flotta di trentacinque navi, con 2000 persone e centinaia di capi di bestiame, e si salpò dall’Islanda. In mare ci fu purtroppo una tempesta e solo una quindicina di Drakkar riuscirono a raggiungere la Groenlandia. Ma avventure e disgrazie del genere allora erano praticamente nella norma ed Erik con la sua gente riuscì a costituire in Groenlandia, nel giro di poco tempo, il primo efficace luogo di insediamento stabile, ricordato ancora oggi dagli esperti con il nome di Insediamento Orientale (l’attuale Julianehab) a Eiriksfjord.

Qui Erik crebbe i suoi tre figli, il maggiore Leif Eriksson e gli altri due figli Thornvald e Thornstein. Ma è Leif il personaggio che ci interessa di più perché, secondo le saghe, fu proprio lui il primo a scoprire l’America. Non appena Leif aveva dimostrato di cavarsela da solo (e cioè guidare un’imbarcazione in mare aperto, secondo la buona tradizione Vichinga) i suoi genitori lo mandarono in Norvegia per studiare ed apprendere l’arte del commercio marittimo. Leif era in gamba, aveva voglia di affermarsi ed inoltre, dato che non era così rigido e duro come suo padre, voleva anche studiare. Immancabile ci fu allora l’incontro con la Chiesa di Roma, e Leif si fece battezzare, diventando cristiano. Eriksson tornò così in Groenlandia con un prete, che aveva lo scopo di cristianizzare gli insediamenti Vichinghi in quel luogo sperduto. Nonostante la freddezza dimostrata da suo padre, che non ne voleva sapere del cristianesimo, con i suoi preti “buoni a nulla“ (si espresse proprio in questi termini) e perditempo, Leif riuscì, con i favori di sua madre, a far erigere delle chiese sia nell’Insediamento Orientale che in quello “Occidentale“, che nel frattempo era stato creato.

In questo periodo siamo ormai intorno all’anno 1000, proprio il periodo in cui Leif decise di intraprendere alcuni viaggi di esplorazione a Ovest. Da tempo si vociferava negli insediamenti che più in là della Groenlandia doveva esserci “qualche cosa“ . Un tale, di nome Bjarne Herjolfsson, sviato dalla solita improvvisa tempesta e spinto sempre più a Ovest, aveva avvistato tempo prima una terra, ma non vi era approdato veramente. Era riuscito comunque a ritornare e a raccontare la sua avventura. Questo era tutto quello che Leif sapeva, ma per il momento gli bastava. Con una ciurma di 35 uomini, tra i quali alcuni di coloro che erano stati sull’imbarcazione di Bjarne testimoni dell’avvistamento della terra sconosciuta, partì (la data esatta non si conosce) e veleggiò verso Occidente in esplorazione. Con loro vi era anche uno “del Sud“ (secondo i Vichinghi) , un tedesco di nome Tyrkir e amico di Eriksson. Dopo quattro giorni di navigazione durissima, pericolosa e contrastata aspramente dai marosi, Leif si imbattè dapprima in un ampio costone pietroso, una zona assolutamente inospitale che venne chiamata “Helluland“ (la Terra delle Pietre) . Sarebbe l’odierna Terra di Baffin. Continuando a veleggiare in direzione Sud questa volta, scoprì una ampia costa lussureggiante e ricca di boschi. Questa zona certamente più invitante venne poi chiamata “Markland“ (la Terra dei Boschi): corrisponde all’attuale Labrador.

Ma Leif voleva andare ancora più a Sud, e aveva ragione. Proseguendo nella navigazione costiera Leif Eriksson raggiunse una terza terra che gli sembro così ricca e promettente che decise di sbarcare e tutti insieme vi si stabilirono, costruendo dapprima dei ripari di fortuna e poi delle capanne vere e proprie in un accampamento che venne chiamato Leifsbudir (Le Capanne di Leif). Nel frattempo si decise insieme di esplorare l’interno e altre parti della costa. Da queste prime ricerche all’interno scaturì l’episodio che pare abbia avuto a che fare con il nome che fu scelto in seguito per battezzare questo terzo territorio, Vinland, appunto (con la massima probabilità la parte settentrionale di Terranova, chiamata così da Giovanni Caboto nel 1497). Ma potrebbe essere solo una leggenda.

Il tedesco Tyrkir, uno strampalato mattacchione, si era perso nei boschi e non lo si trovava più. Ma Leif voleva trovarlo: non voleva assolutamente perdere i suoi uomini in un modo così stupido, e poi aveva bisogno sempre di braccia da impiegare nel lavoro, perchè erano in pochi. Dopo un po’ Tyrkir fu ritrovato, ma si comportava stranamente, diceva cose senza senso e non si reggeva in piedi. Sembrava ubriaco. Quando si riprese sostenne di avere trovato nel bosco delle viti e delle bacche con le quali aveva tratto un succo che, una volta bevuto, lo aveva inebriato. Ecco che da questo aneddoto la leggenda vuole che sia nato il nome di Vinland, la Terra del Vino. In realtà in quelle zone di Terranova la vite non avrebbe mai potuto attecchire e pertanto gli esperti si sono limitati ad osservare che, per i primi esploratori Vichinghi , quella terra sembrava così fertile che addirittura, a loro parere, si sarebbero potute coltivare delle viti e quindi il termine Vinland dovrebbe essere meglio tradotto con il significato di “Terra molto fertile“ o “Terra fertile da vino“.

In ogni caso Leif e la sua piccola spedizione svernarono nel Vinland in un clima tutto sommato accettabile e l’estate successiva ritornarono in Groenlandia a raccontare la loro impresa, tutti pieni di apprezzamento per quelle terre, per l’assenza di gelo, per l’erba, i boschi e i frutti, per il legname ed i salmoni. Leif Eriksson avrebbe voluto ritornare al più presto nel Vinland ma, purtroppo, nel frattempo suo padre il Rosso era morto e, come figlio maggiore, doveva subentrare necessariamente nella direzione del clan famigliare, come da buona tradizione nordica. Fu deciso che si sarebbe sobbarcato l’onere dell’impresa suo fratello Thornvald, che comunque era un uomo di valore.

Seguendo le indicazione di suo fratello, Thornvald riuscì a raggiungere l’accampamento nel Vinland che Leif aveva costruito nella prima spedizione e, senza indugio, condusse una spedizione esplorativa lungo la costa occidentale di Terranova. Raggiunse l’imbocco di un grande estuario e vi si diresse all’interno, in direzione Ovest. Poco dopo avvenne il primo incontro con i fieri indigeni nordamericani. Purtroppo le cose non andarono molto bene, dopo i primi tentativi di approccio. Gli indiani d’America non erano docili come gli Eschimesi e, in breve tempo, visto che i Vichinghi non erano certo tipi che ci pensavano due volte a tirar fuori asce e spadoni, il tutto finì in una violenta zuffa.
L’unico caduto da parte vichinga fu proprio Thornvald, colpito da una freccia indiana. Senza altre perdite l’equipaggio tornò alle capanne di Leif dove vi trascorse l’inverno senza altri incidenti e la primavera successiva rifece vela per Eiriksfjord in Groenlandia , dove raccontarono a Leif tutto quanto era loro accaduto.

La brutta avventura con gli indigeni americani (soprannominati Skraelingar dai vichinghi, termine dispregiativo che significa “bruttoni urlanti“) aveva lasciato il segno, e Leif, con suo fratello morto, non se la sentì di dare il via ad un vero e proprio tentativo di colonizzazione del Vinland in prima persona. Chi allora tentò veramente di colonizzare quella parte dell’attuale Nordamerica fu un Normanno islandese di nome Thorfinn Karlsefni, un commerciante vichingo che aveva sposato tale Gudrid, una figliastra di Erik il Rosso. Circa 160 uomini e donne tentarono l’avventura portandosi dietro nella traversata anche parecchi animali e riuscirono tutti a raggiungere il Vinland. Ma la vita per loro non fu per niente facile. Da un’analisi comparata che i vari esperti e studiosi hanno tratto dalle descrizioni delle due Saghe nordiche, possiamo dire con certezza che il tentativo di colonizzazione del Vinland durò tre anni, tre anni molto difficili. Non si riuscì a stabilire una vera pace tra i nativi americani ed i vichinghi anzi, nell’ultimo periodo di permanenza scoppiò una vera e propria guerra tra gli “Skraelingar“ e i Nordici. Le linee di collegamento con la Groenlandia erano poi molto esili e molto lunghe, vi erano molti malumori e liti tra le stesse famiglie dell’insediamento ed infine il potenziale umano era veramente insufficiente per resistere sia alle pressioni degli indiani ostili che per rendere vivibile quel territorio.


Karlsefni, sia pure a malincuore decise alla fine di andarsene. Essendo un uomo di buon senso l’islandese si era veramente reso conto che non poteva continuare a far vivere il suo gruppo nella paura di essere totalmente annientato dagli indigeni in combattimento. Questo tentativo di colonizzazione del Nord America si risolse pertanto in un sanguinoso e drammatico esperimento che in sostanza non ebbe seguito. Diversi ricercatori sono concordi nel sostenere che tutti questi viaggi cessarono completamente al più tardi nel 1020 d. C. Altri archeologi sostengono che sporadici ulteriori approdi per meri motivi di caccia e pesca continuarono fino al XIII secolo ma possiamo sostenere che, in realtà, veri e propri tentativi di colonizzazione non si verificarono più e anzi, in seguito, nel corso del medioevo in Europa si perse completamente il ricordo di questi approdi avventurosi e delle tracce dei Vichinghi in Nordamerica.

Questi coraggiosi navigatori nordici potrebbero essere stati veramente i primi nell’era cristiana a raggiungere il Nuovo Mondo anche se, a dire la verità, negli ultimi tempi si sostiene da più parti, e con insistenza, che in quello stesso periodo, o poco dopo, dall’altra parte del continente Nordamericano, sulle coste del Pacifico, potrebbero essere approdati degli esploratori cinesi del Celeste Impero. Ma ovviamente tutto questo, come si è soliti dire, è un’altra storia.

* * *

Bibliografia Essenziale

C.W. Ceram, Il Primo Americano, Einaudi , Torino, 1972.
Roberto Bosi, I Miti dei Vichinghi, Convivio / Nardini , Firenze , 1993.
Gwin Jones, I Vichinghi, Newton Compton, Roma, 1995.

Fonte: www.centrostudilaruna.it/i-vichinghi-in-groenlandia-e-in-nordamer...


eone nero
00mercoledì 8 febbraio 2012 13:02
Le Isole criptozoologiche americane

di Marco Zagni


Il processo di “ Omologazione “ agli usuali canoni accettati e conformi non sta risparmiando nessuna delle discipline intellettuali e scientifiche verso le quali l’uomo , nel corso della sua storia , si è cimentato .

E dove l’omologazione non arriva , fa la sua parte il processo di “ esclusione “ dei soggetti indesiderati da ogni forma di comunicazione verso il grande pubblico.

Il punto è proprio questo : da tempo è in atto una forma di “ reazione “ nei confronti di chi vuole sapere e , non accontentandosi delle solite storielle che gli propinano i media , propone nuove teorie. Un gruppo come questo è nato anche per tentare di colmare questa lacuna.

Veniamo pertanto senza indugio all’argomento che volevo proporvi.

Da tempo avevo in mente di scrivere qualcosa riguardo la “ zoologia misteriosa “ o “ cripto/zoologia “ , ma che non fosse il solito avvistamento del dinosauro in mezzo alla foresta o nel lago di turno : d’altra parte, in un mio articolo pubblicato sulla rivista Nexus ( 1 ), concernente la mia spedizione in Perù “ Paititi 2000 “, avevo accennato a qualcosa del genere.

Mi interessava invece proporre alcuni argomenti già conosciuti in un ottica diversa , più plausibile, proponendovi alcune mie considerazioni personali. Qualcuno potrà opporsi a questa “ criptozoologia minimalista “ ma in questi casi, a mio parere, è sempre meglio muoversi con i piedi di piombo .

L’idea base di fondo prese decisamente corpo dopo la mia fugace partecipazione come ospite alla trasmissione “ Stargate “ di Tele Monte Carlo ( oggi LA7 ) il 18 febbraio 2001 . Allora il tema della puntata ( le misteriose pietre peruviane di ICA ) non era strettamente attinente al motivo per cui ero stato chiamato ( parlare e mostrare foto della mia spedizione a Marcahuasi del 1998 ) ( 2 ) però , di tutto il problema, ne ero al corrente da tempo.

Pensavo, mentre con il taxi mi stavo trasferendo all’aeroporto per tornare a Milano ,” la cosa più importante gli scienziati presenti al mio fianco in TV non l’avevano detta . Si erano limitati a schernire e minimizzare la faccenda Pietre di Ica come al solito “.

Del tipo “Le nostre analisi dicono che le incisioni sono molto recenti “ e cose del genere.

Per carità ! Anch’io sono convinto che molte di quelle pietre incise siano un fatto folkloristico recente : io ero stato di passaggio ad Ica nel 1996 e ,pur non avendo il tempo di parlare in privato con il dottor Cabrera ( scomparso di recente), avevo parlato con i peruviani della zona.

“ Senor , molte pietre sono false , le fanno i nostri campesinos per i turisti , PERO’ alcune sono sicuramente autentiche e sono antiche ,molto antiche . Le hanno analizzate diverso tempo fa! “.

“ E le incisioni quanto tempo hanno , in quelle autentiche ? “ “ 12.000 anni , senor , 12.000 ! “

Ecco cosa non avevano detto in televisione ! “ Ma scusa “ direte voi “ perché non lo hai detto tu ? “ Beh , senza perdere altro tempo posso dirvi , per farvi capire come vanno le cose in TV , che è già stato un miracolo che sia riuscito a parlare 10 minuti con Giacobbo del mio viaggio a Marcahuasi , visionando neanche la metà delle foto che mi ero portato dietro, ma questa è un’altra storia.

In ogni caso , l’unico libro decente tradotto in italiano sull’argomento ( 3 ) conferma senza ombra di dubbio quello che mi era stato detto in loco :

“ …sulla base del sovrastante strato di ossidazione le incisioni delle pietre di Ica devono avere almeno 12.000 anni, per cui non è neppure da escludere un’età di gran lunga maggiore, ma che non è dimostrabile con i metodi di analisi oggi disponibili . Le conoscenze del Politecnico Nazionale del Perù furono così confermate sotto ogni aspetto. “ ( 4 ).

Il fatto che non si sia voluto nemmeno accennare ad un risultato delle analisi , per così dire “possibilista “, dando invece ampio spazio ad analisi “ denigratorie “ , ci dovrebbe fare riflettere tutti quanti .

Proprio per questo motivo mi sono convinto che , almeno alcune delle pietre di Ica , hanno al minimo 12.000 anni.

Certamente questa ipotesi non concorda affatto con quella fornita dal dottor Cabrera , il quale sostiene che sono esistite diverse Umanità nel corso della vita della Terra, una delle quali condivise il dominio del pianeta con i Dinosauri ( in un certo senso sto seguendo anch’io una indagine in questo senso da tempo ) , lasciando testimonianze con incisioni sulla pietra eseguite un centinaio di milioni di anni fa, però francamente considero la mia ipotesi quella più probabile e fornirò una serie di considerazioni a supporto .

Partendo quindi dal convincimento che alcune di queste pietre hanno incisioni scolpite 12.000 anni fa , rimane da spiegare come sia possibile che in alcune di esse siano stati immortalate nella roccia le raffigurazioni di questi grossi rettili.

La spiegazione è semplice : l’Homo Sapiens Sapiens li ha visti . Forse solo in Sud America , ma li ha visti. E, come è naturale , ne è rimasto fortemente impressionato al punto di disegnarli intorno al 10-11.000 Avanti Cristo.

Cercherò di spiegarmi meglio .

Che piaccia o no ritengo tutto sommato esatta l’ipotesi che il continente Americano sia stato l’ultimo ad essere stato popolato dall’Uomo .

Certo non sono affatto convinto dalla teoria ufficiale : l’Homo Sapiens Sapiens ha popolato l’America solo ed esclusivamente attraverso lo stretto di Bering poco prima della fine dell’Ultima Glaciazione di Wisconsin –Wurm , e cioè circa 20.000 anni fa.

Per conto mio ci sono state almeno altre due vie immigratorie precedenti , e poi bisogna considerare la civiltà di Atlantide ,però tutto questo è un altro discorso che ho ampiamente affrontato nel libro che ho pubblicato nel 2002 con la casa editrice MIR di Firenze.

In ogni caso concordo con l’ipotesi di fondo : l’America è stato l’ultimo continente ad essere stato popolato dai nostri antenati Sapiens.

Proseguiamo nel nostro ragionamento : se questo è vero d’altra parte bisogna allora considerare che il Continente Americano ( in particolare L’America del Sud , con climi obiettivamente più favorevoli anche durante le ere Glaciali più dure , come l’ultima ) rimase particolarmente isolato dal punto di vista zoologico e soprattutto , cosa che fa sempre bene alle altre specie animali , senza interferenze ( leggi “caccia” ) da parte degli ominidi.

Certamente, secondo le teorie accreditate , i grandi rettili scomparirono tutti intorno a 65 milioni di anni fa a causa di una enorme catastrofe mondiale provocata da una grande meteora che impattò sulla Terra al largo dello Yucatan.

Il problema è : proprio tutti ? Siamo sicuri?

Seguendo le nostre ipotesi il luogo più favorevole dove almeno alcuni sparuti gruppi di Dinosauri avrebbero potuto sopravvivere a livello locale e riprodursi arrivando , incredibile ma possibile, al Pleistocene, è proprio il Sud America.

Un luogo isolato , un vero e proprio Mondo Perduto, un ‘ Isola cripto/zoologica, appunto.

Giunti in America i primi uomini , prima o poi si sono accorti di questi strani ( e pericolosi ) rettili , accrescendo l’avversione che atavicamente gli ominidi hanno sempre avuto per questi animali.

Nei graffiti, come sempre , l’uomo anche in questo caso ha lavorato molto con la fantasia :

ecco perché nelle pietre di Ica si vedono uomini in groppa a Dinosauri, terrestri o volanti . Certo!

L’Uomo avrebbe voluto addomesticare anche loro ma qui non stiamo parlando dei cartoni animati degli “ Antenati “!

La realtà sarà stata molto, molto diversa ,e terrorizzante.

Ad avvalorare la nostra ipotesi vogliamo ricordare che in Sud America , oltre alle pietre di Ica, una rappresentazione di dinosauro ( del tipo Brontosauro ) è stata trovata tra i graffiti della Pedra Pintada in Brasile : il prof. Homet ne parlò per primo in un suo libro ( 5 ).

E, per inciso , della datazione dei graffiti della Pedra Pintada siamo più che certi : guarda caso hanno 11.000 / 12.000 anni.

In sostanza , il sunto delle mie considerazioni , senz’altro prudenti rispetto ad altri , si può ricondurre a questi concetti: ritengo probabile che, per le circostanze sopra esposte , l’uomo Sapiens Sapiens possa avere convissuto , in Centro ed in Sud America , con gli ultimi Dinosauri là presenti , almeno fino alla fine della ultima Glaciazione o poco oltre.

Ma questo è tutto !

Indipendentemente dal fatto che possano essere esistite o meno altre “Umanità “ milioni e milioni di anni fa ( non contesto questa possibilità ) , non è il caso delle pietre di Ica .

O meglio , le pietre di Ica sono gli argomenti meno convincenti per sostenere una tesi simile . Le pietre di Ica ( quelle vere , e credo siano poche ) testimoniano a mio parere solo questa convivenza forzata tra l’uomo e i grandi sauri, avvenuta , geologicamente parlando , non molto tempo fa, nel continente americano.

Sul fatto poi che alcune di queste pietre mostrino un’umanità con un grado di tecnologia abbastanza evoluta ( presenza di uomini che utilizzano cannocchiali o che esercitano operazioni mediche complesse come operazioni a cuore aperto ecc. ) preferisco non pronunciarmi .

Tenderei comunque a considerarle dei falsi , vista l’ottica “ prudenziale “ che ho voluto adottare.

Possono comunque esserci state delle “ influenze culturali “ dall’unica vera Civiltà dell’Epoca Glaciale , e cioè Atlantide ( o MU, o come volete chiamarla ).

Per concludere l’argomento voglio solo ricordare che il discorso legato alle cosiddette statuette di Acambaro ( Messico ) , di cui ne parlò per la prima volta lo scomparso Charles Hapgood – statuine raffiguranti vari tipi di Dinosauri- vedi i vari siti Internet dedicati-, non fa altro che portare acqua al mulino del mio ragionamento di fondo per questo motivo : se vogliamo considerare veri , e non falsi , i ritrovamenti di Acambaro ,dobbiamo allora considerare esatti anche i tests sulle datazioni fatti.

Si parla di non più di 10.000 anni fa.

Siamo sempre nello stesso ordine temporale delle pietre di Ica da me sostenuto.

Proseguiamo nella nostra dissertazione occupandoci di un argomento strettamente connesso al precedente : le raffigurazioni di Elefanti in America.

“ Impossibile “ , vi direbbe uno zoologo esperto “ gli elefanti non sono mai esistiti in America : i popoli precolombiani non li hanno mai conosciuti “.

Questa frase , in un certo senso , è vera e falsa allo stesso tempo , o meglio , non è precisa .

E’ vero , gli elefanti non ci sono mai andati , in America , ma i loro antenati , i Mastodonti , eccome! Infatti l’uomo li cacciava, in America, diverse migliaia di anni fa.

Solo che i mastodonti si erano estinti ed in seguito, secondo le teorie ufficiali, quando sono sorte le prime civiltà precolombiane ( 1800-1500 Avanti Cristo ) esse , naturalmente, non potevano avere mai conosciuto i mammiferi proboscidati, perché non avevano fatto in tempo a vederli. La cosa sembra ovvia ma non è affatto così : sorge invece un grosso problema di gap temporale , per il semplice motivo che diverse culture precolombiane inserirono nei loro motivi artistici raffigurazioni di elefanti, o meglio, mastodonti ( come esempio vedi la STELE B del tempio MAYA di Copan , in Honduras ) ( 6 ).

E questo come è possibile , visto che queste civiltà non avrebbero mai potuto sapere della loro ( precedente ) esistenza ?

Ci sono tre possibili soluzioni : la prima è che gruppi di mastodonti sopravvissero fino al sorgere delle prime civiltà precolombiane e quindi furono visti da esse, e poi sterminati.

La seconda , molto più intrigante , è che in realtà , le cosiddette prime civiltà precolombiane ereditarono il ricordo dei mastodonti ( e di molte altre cose ) da una civiltà precedente , la civiltà dell’Epoca Glaciale per eccellenza : Atlantide, appunto.

Platone stesso ci dice che nell’isola di Atlantide : “ vi erano , per esempio , moltissimi elefanti [ mastodonti , all’epoca di Atlantide, n.d.a.], ma il pascolo non mancava per gli altri animali , abitatori delle paludi e dei laghi , o delle montagne e delle pianure, per cui non mancava il cibo neppure per l’elefante, animale grande e vorace più di ogni altro …” ( 7 ).

Credo sia superfluo ripeterlo ma, in ogni caso , gli Aztechi dissero agli Spagnoli di essere i discendenti del popolo di Aztlan.

Tutti i grandi studiosi plurititolati hanno sempre fatto la faccia dura e cattiva a sentire certe deduzioni ma , tra Atlantide da una sponda dell’Oceano, e Aztlan dall’altra sponda, concedetecelo , qualcosa in mezzo ci sarà stato!

Oppure, terza ed ultima possibilità, in un contesto idro-geologico e geografico completamente diverso , parte dell’America ( quella Centrale ? ) insieme a zone ora sommerse dalle acque dei Caraibi concorrevano a formare l’Atlantide. E quindi il problema delle raffigurazioni “ impossibili “ dei proboscidati si risolve di colpo ( 8 ).

Abbiamo tenuto per concludere un ultimo problema .

Come si estinsero , definitivamente ed insieme , gli ultimi dinosauri e gli ultimi mastodonti “ americani “ ?

Un “ contributo “ potremmo in ogni caso averlo dato noi umani, dei veri “ terminators “ per quanto riguarda lo sterminio delle altre specie animali però , sicuramente, il colpo di grazia

fu dato dall’ennesima catastrofe mondiale che causò , in maniera violenta ed misteriosa la fine dell’Ultima glaciazione di Wisconsin –Wurm.

Il Diluvio Universale , tanto per intenderci, avvenuto 10-11.000 anni fa e fautore dell’ultima “ estinzione di massa “che si ricordi ( di importanti ce ne sono state almeno 5 ).

In sostanza abbiamo tracciato insieme uno scenario plausibile di quello che potrebbe essere avvenuto . Non siamo certo i depositari della verità , però su una cosa siamo sicuri : la storia della terra è molto più complicata e misteriosa di come ce la raccontano.

E non dimentichiamoci che c’è chi dice di avere avvistato Dinosauri in Amazzonia o in Africa equatoriale o di aver trovato un Mammuth vivo e vegeto in Nepal ( 9 ) poco tempo fa.

Rispetto a tali affermazioni l’articolo presentato appare fin troppo contenuto nelle sue ipotesi: non vediamo l’ora che la realtà ci superi , e di molto.




NOTE BIBLIOGRAFICHE


( 1 ) Vedi Nexus n.30, 2001.

( 2 ) Del misterioso altopiano di Marcahuasi, Perù, scoperto dallo studioso Daniel Ruzo nel 1952, e delle sue implicazioni archeologiche ne ho parlato anche su Nexus n.19, e alle conferenze tenute a Cagliari dall’associazione “ Non solo Terra “, nel 1999 e nel 2001.

( 3 ) Cornelia Petratu, Bernard Roidinger: “ Le pietre di Ica “, Ed. Mediterranee, Roma, 1996.

( 4 ) “ Le pietre di Ica “, op. cit., pag.19.

( 5 ) Marcel Homet : “ I figli del Sole “, ed. MEB, Torino , 1972, pag. 20-21.

( 6 ) Alberto Cesare Ambesi : “ Atlantide “, ed. Xenia, Milano, 1994, pag. 41-42.

( 7 ) Charles Berlitz: “ Il mistero dell’Atlantide “, Sperling e Kupfer ed. , Milano, 1976, pag. 27.

( 8 ) Sull’ipotesi di Atlantide nei Caraibi vedi l’ottimo libro di Andrew Collins: “ Le porte di Atlantide “, Sperling & Kupfer editori, Milano, 2000.

( 9 ) Marc E. Miller :” The Legends continue “, Adventures Unlimited, USA, 2000.


Fonte:

edmundkiss-zama.blogspot.com/2008/12/le-isole-criptozoologiche-americane...
Col.Fawcett
00martedì 13 marzo 2012 12:52
Re:
fabik, 07/02/2012 16.15:

Si, è una conferma di qualcosa che era già noto.
E' importante che la scienza trovi queste conferme perchè implicitamente influiscono su altre teorie.




Ti quoto,Fabik.
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