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Invader Alien

Ultimo Aggiornamento: 11/10/2010 17:38
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Utente Veterano
11/10/2010 17:38

L'arte è un (video)gioco.
Gli alieni fatti di mattoncini colorati dell'artista francese Invader ispirati a un celeberrimo game degli anni Ottanta sbarcano nella capitale. Con una mostra e un progetto su Google Map(07 ottobre 2010)
Un cannoncino mobile che si muove orizzontalmente lungo il fondo dello schermo per contrastare un'orda di alieni che, zigzagando, avanza a velocità crescente verso il basso con lo scopo di invadere la terra. Ve lo ricordate? È lo schema di Space Invaders, il videogioco Arcade lanciato nel 1978 dall'azienda giapponese Taido, poi dato in licenza all'americana Belly che ne avviò la produzione ricavando un fatturato stimato intorno ai 500 milioni di dollari. Non un gioco qualunque, visto che fu proprio Space Invaders a scatenare il primo vero boom degli Arcade, costringendo persino il governo giapponese a quadruplicare l'emissione di monetine da 100 yen per sopperire alla carenza provocata dalla febbre da gioco. In Italia si dovette aspettare il 1980 per vedere Space Invaders in funzione sulle prime consolle Atari o nelle sale giochi; la Zecca resse all'impatto del lancio ma le cose non andarono diversamente che nel resto del mondo. Un successo.


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Antesignano delle versioni più moderne di giochi stellari (oggi adattati dagli sviluppatori di software alle consolle per pc o Playstation), la forza di Space Invaders va oltre il suo valore commerciale ed economico. Ha influenzato un'intera generazione di giovanissimi, rimasti per ore incollati davanti allo schermo catturati dai movimenti ipnotici degli alieni, entrati così a pieno diritto nel gotha dell'immaginario collettivo al fianco del mangia-pillole Pac-man o dell'idraulico Supermario.

Una vera e propria "addiction" che ha contagiato adolescenti di mezzo mondo e da cui non deve essere rimasto indenne nemmeno Invader, lo street artist francese che, se dal videogioco ha preso in prestito il nome, dall'invasione aliena ha mutuato estetica e filosofia per la sua arte. Altro gioco, altra invasione: a venti anni di distanza dal lancio del videogame, il terreno di conquista si è trasferito dallo schermo alla città intera. Per poi moltiplicarsi, a contarle tutte oggi sono infatti almeno 35, distribuite per cinque continenti, come risulta dalla mappa costantemente aggiornata sul sito dell'artista. Rivisitati in pixel e manipolati nei colori sotto forma di piccoli mosaici, Invader ha riprodotto almeno 4000 alieni, annunciando così la sua personale invasione urbana.

Tutto cominciò alle soglie del nuovo millennio a Parigi, città che ha dato i natali a questo quarantenne artista di strada, rimasto rigorosamente anonimo, e da dove è stato sferzato il primo attacco a suon di piastrelle colorate. Una più ampia e massiccia dichiarazione di guerra fu lanciata di lì a poco: colpite Londra, Los Angeles, New York, Berlino, Bilbao, Barcellona, Ginevra, Tokyo, Amsterdam, Melbourne, Katmandu e tante altre ancora. Non ultima Roma che, con 47 atterraggi realizzati nel corso dell'ultima estate, ha cominciato a familiarizzare con i piccoli alieni composti di tessere colorate. Tanto da rimanerne folgorata, visto che è proprio nella città eterna che lo street artist è atteso il 23 ottobre per la sua prima mostra italiana "Roma 2010 and other curiosities". Ad accoglierlo, fino al 21 dicembre, lo spazio espositivo poco convenzionale Wunderkammern nel quartiere periferico di Torpignattara, dove sarà presentata in esclusiva la 19° Guida dell'invasione, commentata, tra l'altro, da un intervento in catalogo di Achille Bonito Oliva.

A metà tra street e guerrilla art, l'invasione di Invader non va considerata una semplice apparizione isolata di alieni da collezionare città per città. Il suo è linguaggio pop al 100%, un progetto artistico ambizioso, articolato e complesso che si avvale del supporto della tecnologia di Google Map al fine di monitorare lo stato di invasione della terra, aggiornato costantemente sul suo sito internet www.space-invaders.com.

Come nel videogame originale, ogni città ha uno score e il punteggio viene assegnato a seconda del numero e dalla grandezza degli Space Invader posizionati. Dal 2007 il suo lavoro si è arricchito ulteriormente grazie ad una nuova ispirazione, proveniente anch'essa, guarda caso, da un altro simbolo degli anni '80, il Cubo di Rubik detto anche Cubo magico. L'ultimo progetto di Invader si chiama infatti RubikCubist: grazie alle 43bilioni di combinazioni cromatiche possibili, i cubi vengono assemblati non solo per realizzare in 3D gli alieni disegnati da Tomohiro Nishikado, ma per comporre opere scultoree, per riprodurre quadri noti alla storia dell'arte (dalla Monnalisa di Leonardo da Vinci al Campbell's Soup di Andy Warhol, passando per L'origine del mondo di Pierre Courbet) o immagini e ritratti di personaggi celebri o provenienti dalla cultura di massa (da Charles Manson a AlexanderDeLarge di Arancia Meccanica, da Al Capone alla foto segnaletica di Syd Vicious).

Dal mosaico alla scultura, il linguaggio di Invader si muove in un orizzonte tutto street culture che lo pone ben oltre la combinazione di diverse tecniche artistiche. La sua filosofia va letta come la sintesi di un intero decennio, quello degli anni '80, denso di simboli e di icone ancora poco apprezzate e forse per questo tenute cautamente alla larga dalle pubbliche celebrazioni. Un linguaggio alieno, esattamente come le creature in mosaico che Invader realizza in giro per il mondo. Una invasione urbana e contro il pubblico scetticismo che, e c'è da augurarselo, ci seppellirà.
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