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La morte dei coralli dimostra che è possibile uno nuovo megaterremto In Indonesia

Ultimo Aggiornamento: 09/10/2012 18:32
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09/10/2012 18:32




L’Indonesia è probabilmente uno dei paesi del pianeta che nel corso della sua storia ha subito il più grande numero di disastri naturali che la storia dell’umanità ricordi. Lo stato indonesiano non è altro che un insieme di centinaia di isole di natura vulcanica sorte al di sopra della superficie marina, a seguito di colossali eruzioni vulcaniche, alcune anche di portata catastrofica. Basti pensare a quella del Krakatoa, verificatasi il 27 Agosto del 1883, quando lo scoppio del vulcano, oltre a provocare il suono più forte mai udito sul pianeta, con un fragore che arrivò a quasi 5000 chilometri di distanza, polverizzò in pochi secondi l’isola sulla quale sorgeva, originando un mega tsunami di oltre i 40 metri che si è velocemente propagato in tutto lo Stretto della Sonda, impattando con esiti a dir poco disastrosi sulle coste meridionali di Sumatra e occidentali di Giava. Ma oltre alle eruzioni vulcaniche di natura esplosiva l’Indonesia deve fare i conti pure con il pericolo, costante, dei grandi terremoti e dei mega tsunami, che possono originarsi anche a migliaia di chilometri di distanza (per esempio un sisma molto violento, di oltre i 7.8-8.0 Richter, a largo di Papua Nuova Guinea).





Solo nel Dicembre 2004, poco a nord-ovest delle coste settentrionali di Sumatra (a largo di Banda Aceh), si è verificato uno dei terremoti più distruttivi, magnitudo 9.0, registrati in questi ultimi decenni sul pianeta. Purtroppo quel drammatico sisma di grande energia diede origine al terribile tsunami che nel giro di poche ore spazzo tutte le coste meridionali asiatiche, dalla Thailandia all’India orientale, lo Sri Lanka e persino gli splenditi atolli delle Maldive (persino l’aeroporto della capitale Malè fu allagato con l’acqua di mare che porto dietro di se resti e detriti della barriera corallina), le coste della Somalia e quelle del Kenya, ove l’onda arrivò poco più smorzata (ma ebbe effetti distruttivi lungo i villaggi costieri), mietendo oltre 220 mila morti. La notevole attività sismica lungo i mari indonesiani è da imputare, principalmente, al cosiddetto processo di “Subduzione” innescato dai movimenti della zolla indiana e australiana che premono a grande velocità sulla zolla birmana. La zolla indiana scivola sotto quella birmana ad una velocità di circa i 5-6 cm l’anno, davvero molto rilevante in termini geologici. A sua volta la placca birmana, di cui fa parte la fascia nord di Sumatra, le isole Nicobare e le isole Andamane, viene schiacciata verso sud dalla pressione esercitata dalla più grande zolla euro-asiatica e da est dalla placca della Sonda. Dal continuo scontro tra queste placche, che si incuneano l’una sotto l’altra, deriva l’intensa attività tettonica che da sempre ha caratterizzato la regione, con il ripetersi frequente di grandi eventi tellurici, favorendo al contempo la creazione della fossa della Sonda e dell’arco della Sonda, la cui orogenesi è tuttora in piena attività.





Recenti studi, inoltre, hanno dimostrato come l’area investita direttamente dal terremoto è stata insolitamente più ampia di quanto immaginato in precedenza. Si è stimato che, su circa 1.200 km di faglia, la placca indiana si sia incuneata sotto quella birmana, generando la rapida deformazione (il fondale oceanico davanti Sumatra si è letteralmente spaccato, cambiando per sempre la propria morfologia) e il brusco innalzamento verso l’alto del fondo oceanico dalla parte della placca birmana di circa 10 m, creando così le condizioni ideali per lo sviluppo del terribile tsunami (“Run Up” di oltre i 10 – 12 metri a secondo della batimetria dei fondali) del 26 Dicembre 2004 che ha sconvolto tutti i paesi dell’Asia meridionale e parte di quelli dell’Africa orientale. Nonostante la tragedia del 2004, pare, secondo dei nuovi studi, che l’Indonesia, in particolare l’area di Sumatra, si debba preparare ad affrontare un nuovo mega terremoto, con conseguente tsunami.





Tra tutti spicca lo studio, piuttosto recente di, Kerry Sieh, professore del California Institute of Technology e direttore dell’Earth Observatory di Singapore. Il professore statunitense, in questo suo studio, ha evidenziato come la famosa faglia di Sumatra, responsabile del disastroso terremoto del Dicembre 2004, sia ancora carica in più punti. Si tratta della stessa energia, accumulata nel corso degli ultimi secoli, che da un momento all’altro potrebbe ricaricare nuovi segmenti di faglia, producendo nuovi forti terremoti, con magnitudo anche superiore agli 8.5 gradi Richter, più che sufficiente per un nuovo tsunami. Seppur lo studio di Siehnon trova tutti i sismologi d’accordo, alcuni segnali premonitori stanno cominciando a rafforzare tale ipotesi. Su tutti spicca il nuovo forte terremoto, di magnitudo 8.6 Richter, che lo scorso 12 Aprile 2012 si è verificato nell’oceano Indiano, ad ovest delle coste di Sumatra. Questi fortissimi terremoti, localizzati ad ovest di Sumatra, secondo gli studi di Sieh vanno interpretati come dei segnali premonitori per un possibile nuovo fortissimo ciclo sismico. Anche lo studio della sismicità storica ha messo in evidenza che due potentissimi terremoti (paragonabili a quello del 2004) avevano sconvolto l’Indonesia nel 1393 e nel 1450, a neanche mezzo secolo di distanza. Si tratta di cicli sismici ben specifici, che si ripetono con periodi medi di ritorno piuttosto regolari nell’intera area indonesiana, fra Sumatra e l’isola di Giava. Negli ultimi due anni anche le osservazioni terrestri e l’impiego dei rilevatori GPS, posizionati in vari luoghi e isole di Sumatra, stanno mostrando la graduale deformazione del fondale oceanico, nel tratto antistante le coste occidentali di Sumatra e in quelle di Giava.






Addirittura in alcuni atolli, ubicati a ridosso della mega faglia, si stanno registrando strani fenomeni di “bradisismo” che stanno accelerando la morte di vaste distese di corallo. In alcune isole, ad ovest di Sumatra, la barriera corallina è riemersa sopra il pelo dell’acqua in più parti, provocando la rapida morte del corallo. Segnali premonitori davvero poco incoraggianti che rafforzano quanti sostenuto dal professore Kerry Sieh, il quale si è già messo a lavoro per individuare le aree maggiormente a rischio, dove potrebbe registrarsi l’epicentro del nuovo mega terremoto indonesiano. L’area sotto osservazione è quella ad ovest e sud-ovest di Sumatra (molto più a sud rispetto l’epicentro del grande sisma del Dicembre 2004), dove negli ultimi mesi si è verificato un insolito aumento dell’attività sismica, forse preludio per l’arrivo della grande scossa.

Di Daniele Ingemi

Fonte: www.meteoweb.eu/2012/10/uno-studio-sulla-prematura-morte-dei-coralli-dimostrerebbe-la-possibilita-che-lindonesia-venga-colpita-da-un-nuovo-mega-terremoto...


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