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Solstizio d'Inverno - Dies Natalis Solis Invicti

Ultimo Aggiornamento: 24/12/2011 12:04
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Utente Master
24/12/2011 11:41

La difficoltà di conciliare il tempo solare con quello lunare è uno dei problemi fissi che hanno occupato l'ingegno degli uomini emergenti dalla barbarie.

In tempi primitivi, l'assestamento conveniente del calendario è un fatto d'interesse religioso, visto che da esso dipende la conoscenza delle stagioni adatte per propiziarsi la divinità il cui favore è indispensabile al benessere della comunità.

Gli uomini rappresentavano certi riti magici o drammi religiosi o misteri per celebrare il legame magico e misterioso che unisce lo scorrere delle stagioni, dei cambiamenti, a quello della vita e della morte, principio uno e indivisibile.

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"The Religions of all Nations are derived from each Nations different reception of the Poetic Genius which is every where call'd the Spirit of Prophecy" (William Blake, "All Religions Are One").

Per questo le popolazioni dell'Egitto e dell'Asia occidentale prima, della Grecia e dell'antica Roma poi, rappresentavano sotto i nomi di Osiride, Tammuz, Adone, Attis, Dioniso, Bacco, Mithra, la decadenza e la rinascita della vita, che essi personificavano come un dio che ogni anno moriva e poi di nuovo resuscitava. Per il nome e per i particolari, i riti variavano da luogo a luogo, ma in sostanza erano sempre gli stessi.

"Quanto più rimontiamo verso l'antichità, tanto più troviamo il genere umano immerso nel politeismo. Nessun segno, nessun sintomo di una religione più perfetta. I più antichi monumenti della specie ci presentano ancora un tal sistema come credo popolare e stabilito. Il nord, il sud, l'est, l'ovest, recano la loro testimonianza unanime in tal senso. Che cosa può opporsi a una evidenza così piena?" (David Hume, Storia Naturale della Religione)

"Se l'utopia non si è spenta, né in religione, né in politica, è perché essa risponde ad un bisogno profondamente radicato nell'uomo. Vi è nella coscienza dell'uomo un'inquietudine che nessuna riforma e nessun benessere materiale potranno mai placare" (Ignazio Silone, "L'Avventura di un Povero Cristiano")

"Per inspiegabile che sembri, la data di nascita di Cristo non è nota. I vangeli non ne indicano né il giorno né l’anno […] fu assegnata la data del solstizio d’inverno perché in quel giorno in cui il sole comincia il suo ritorno nei cieli boreali, i pagani che adoravano Mitra celebravano il Dies Natalis Solis Invicti (giorno della nascita del Sole invincibile)" (Nuova Enciclopedia Cattolica dell’Ordine Francescano, 1941).

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Prima di diventare celebre come “compleanno di Gesù”, la data del 25 dicembre è stata giorno di festa "universale", per i popoli di culture e religioni molto distanti tra loro, nel tempo e nello spazio. Le origini comuni di questi antichi culti vanno ricercate in ciò che è “principio” della vita sulla Terra e che “dal principio” è stato oggetto di culto e di venerazione: il sole.

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Agli albori dell’umanità, esisteva un ricco calendario di feste annuali e stagionali e di riti di propiziazione e rinnovamento. I popoli nel periodo primitivo della loro esistenza erano intimamente legati al “ciclo della natura” poiché da questo dipendeva la loro stessa sopravvivenza. Al tempo, la vita naturale appariva indecifrabile, incombente, potente espressione di forze da accattivarsi; era un mondo magico. L’uomo antico si sentiva parte di questo mondo, ma in posizione di debolezza. Per questo, attraverso il rito, cercava di entrare in sinergia con queste forze oscure.

Al centro di questo ciclo c’era l’astro che scandiva il ritmo della giornata, la “stella del mattino” che determinava i ritmi della fruttificazione e che condizionava tutta la vita dell’uomo. Il sole era dunque venerato come forza misteriosa e vitale: vederlo perdere forza d'inverno e ridurre il suo corso nel cielo, era un’esperienza tragica, vista come una minaccia alla propria sopravvivenza. Che doveva essere esorcizzata con opportuni riti. Da qui ebbero origine le più antiche feste collegate al solstizio d’inverno. Durante queste feste venivano accesi dei grandi fuochi (usanza che si ritrova nella tradizione natalizia di bruciare il ceppo nel camino la notte della vigilia) che dovevano ridare forza al sole indebolito. Questi rituali avevano a che fare con la fertilità ed erano quindi legati alla riproduzione. Da qui l’usanza, nelle antiche celebrazioni, di danze e cerimoniali propiziatori dell’abbondanza e in alcuni casi, come negli antichi riti celtici e germanici, ma anche romani e greci, di accoppiamento durante le feste.

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Il termine solstizio viene dal latino “solstitium”, che significa letteralmente “sole fermo” (da “sol”, sole, e “esistere”, stare fermo). Se ci troviamo nell’emisfero nord della terra, nei giorni che vanno dal 22 al 24 dicembre possiamo infatti osservare come il sole sembra fermarsi in cielo, fenomeno tanto più evidente quanto più ci si avvicina all’equatore. In termini astronomici, in quel periodo il sole inverte il proprio moto nel senso della “declinazione”, cioè raggiunge il punto di massima distanza dal piano equatoriale. Il buio della notte raggiunge la massima estensione e la luce del giorno la minima. Si verificano cioè la notte più lunga e il giorno più corto dell’anno. Subito dopo il solstizio, la luce del giorno torna gradatamente ad aumentare e il buio della notte a ridursi fino al solstizio d’estate, in giugno, quando avremo il giorno più lungo dell’anno e la notte più corta. Il giorno del solstizio cade generalmente il 21, ma per l’inversione apparente del moto solare diventa visibile il terzo/quarto giorno successivo.

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Il sole, quindi, nel solstizio d’inverno giunge nella sua fase più debole quanto a luce e calore, pare precipitare nell’oscurità, ma poi ritorna vitale e “invincibile” sulle stesse tenebre. E proprio il 25 dicembre sembra rinascere, ha cioè un nuovo “Natale”. Questa interpretazione astronomica può spiegare perché il 25 dicembre sia una data celebrativa presente in culture e paesi così distanti tra loro. Tutto parte da una osservazione attenta del comportamento dei pianeti e del sole, arte che gli antichi conoscevano bene. Ad esempio, a Maeshowe (Orkneys, Scozia) si erge un tumulo datato (con il metodo del carbone radioattivo) 2750 a.C. All’interno del tumulo c’è una struttura di pietra con un lungo ingresso a forma di tunnel. Questa costruzione è allineata in modo che la luce del sole possa scorrere attraverso il passaggio e splendere all’interno del megalite, illuminando in questo modo il retro della struttura. Questo accade al sorgere del sole e al solstizio d’inverno.

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Il 25 dicembre è dunque associato al giorno di nascita e ai relativi festeggiamenti di divinità solari risalenti anche a secoli prima di Cristo: il Sole è invocato come ipostasi (incarnazione), epifania (annunciazione) del dio che crea e governa il cosmo. I mosaici e gli affreschi raffiguranti immagini del dio egizio Horus in braccio a Iside ricordano l’iconografia cristiana della Madonna col bambino, tanto da indurci a credere che in epoca cristiana, per ovvi motivi, alcune rappresentazioni di Iside e Horus, spesso raffigurato come un bambino con la corona solare sul capo, furono opportunamente “revisionate”;

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Il dio indo-persiano Mitra era stato partorito da una vergine, aveva dodici discepoli e veniva soprannominato “il Salvatore”; nel giorno corrispondente al 25 dicembre odierno, nel 3000 a.C. circa, veniva festeggiato il dio Sole babilonese Shamash. Il dio solare veniva chiamato Utu in sumerico e Shamash in accadico. Era il dio del Sole, della giustizia e della predizione, in quanto il sole vede tutto: passato, presente e futuro. Successivamente, comparve il culto della dea Ishtar e di suo figlio Tammuz, che veniva considerato l’incarnazione del Sole. Allo stesso modo di Iside, anche Ishtar veniva rappresentata con il suo bambino tra le braccia. Attorno alla testa di Tammuz si rappresentava un’aureola di 12 stelle che simboleggiavano i dodici segni zodiacali.

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Anche in questo culto il dio Tammuz muore per risorgere dopo tre giorni; nei giorni del solstizio d’inverno, si svolgeva in onore di Dioniso una festa rituale chiamata Lenaea, “la festa delle donne selvagge”: veniva celebrato il dio che “rinasceva” bambino dopo essere stato fatto a pezzi; Bacab, il dio Sole nello Yucatan, si credeva che fosse stato messo al mondo dalla vergine Chiribirias; il dio Sole inca Wiracocha veniva celebrato nella festa del solstizio d’inverno Inti Raymi (festeggiata il 24 giugno perché nell’emisfero sud, essendo le stagioni rovesciate, il solstizio d’inverno cade appunto in giugno); nell'antico Messico, alla stessa data, si celebrava la nascita del dio Quetzalcoatl; sempre al solstizio d'inverno nasce il dio atzeco Huitzilopochtli; gli scandinavi festeggiavano il dio Freyr, figlio di Odino e di Freya; sempre un 25 dicembre nascono Bacco in Grecia e Adone in Siria (tratto da "Le Radici Pagane del Natale", di Elena Savino).

W. Williamson (pseudonimo di Scott-Elliot, autore fra l’altro di una “Storia dell’Atlantide”), ne "La Legge Suprema", scrive: "...alcuni dei primi Padri della Chiesa Cristiana asseriscono che la grotta di Betlemme, in cui si celebravano i misteri di Adone, fosse quella in cui era nato Gesù".

La nascita di Cristo venne sostituita al giorno dedicato al culto solare perché, come scrive Gibbon in "Decadenza e Caduta dell'Impero Romano": "I Romani (Cristiani) ignorando... la data reale della sua (di Cristo) nascita, fissarono la festa solenne al 25 Dicembre, il solstizio d'inverno o Brumale, quando i pagani celebravano, ogni anno, la nascita del Sole".



Nel 337 papa Giulio I (nell'immagine) ufficializzò la data liturgica del Natale da parte della Chiesa cristiana come riferito da Giovanni Crisostomo nel 390: «In questo giorno, 25 dicembre, anche la natività di Cristo fu definitivamente fissata in Roma.»

La Chiesa delle origini sovrappose le celebrazioni cristiane alle vecchie ricorrenze pagane. Per fare pochi esempi: la festa di San Giorgio ha rimpiazzato l'antichissima festività della Parilia; i festeggiamenti di San Giovanni Battista hanno sostituito la festa dell'acqua, che era celebrata a mezz'estate; la festività dell'Assunzione della Vergine ha preso il posto delle celebrazioni di Diana. Halloween diventò la festa di Ognissanti e via di seguito.

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Ma le similutidini non riguardano solo la nascita bensì anche la morte e la resurrezione del dio o uomo divino. Scrive Williamson: "…noi troviamo che Krishna, Osiride, Tammuz, Adone, Mitra, Ati, Bacco-Dioniso, Baldur, Quetzalcoatl e Gesù discendono tutti nella tomba (ed alcuni nelle regioni infernali) e che il periodo tra la morte e la risurrezione è generalmente di tre giorni, mentre la risurrezione avviene di regola all'equinozio di primavera, o a pochi giorni di distanza da esso".



Mitra, nato, come Cristo, il 25 di Dicembre, fu pianto nella tomba dai suoi discepoli nel periodo che corrisponde alle festività pasquali. Essi gioendo affermavano: "Rallegratevi… Iniziati; il vostro dio è risorto dalla morte. Le sue pene e le sue sofferenze saranno la vostra salvezza" (Dupuis, "Origine di Tutti i Culti").

Il dio Ati, che era celebrato nell'antica Frigia con gli l'appellativi di "Figlio unigenito" e di "Salvatore", era simbolizzato con un agnello. Frazer scrive: "Ati era per la Frigia, quello che Adone era per la Siria. Come per Adone… la sua morte e risurrezione erano, ogni anno in primavera, commemorate con una festa. (…). Le cerimonie celebrate alla festa di Atis non sono perfettamente conosciute… sembra che la celebrazione della sua risurrezione seguisse immediatamente quella della sua morte" ("The Golden Bough", in it. "Il Ramo d'Oro").

In Irlanda, la religione dei Celti celebrava il dio Samhain di cui si racconta che risorse dalla morte dopo tre giorni. Il dio Bacco, ucciso dai Titani, veniva fatto risorgere da Giove, dopo tre giorni.

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Analogamente sotto le altre sue sembianze di Dioniso è detto: "…subito dopo la sua sepoltura, egli risuscitò dalla morte e salì al cielo" (Macrobio, "Commentarium in Somnium Scipionis").

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Infine, scrive ancora W. Williamson: "Nel Nord abbiamo Baldur il bello, il dio bianco, giusto e benefico, che i missionari cristiani trovano rassomigliare a Gesù. Egli muore ucciso da una freccia scoccata dal cieco Hoerder, dio delle tenebre. Questa freccia era fatta con legno di vischio. Baldur giace morto per 40 giorni, …alla fine di questo periodo si risveglia e regna. (…) La rozza e superficiale allegoria qui è abbastanza chiara: a 68 gradi di latitudine il sole è morto per 40 giorni, ucciso dalle tenebre dell'inverno. La freccia di legno di vischio era il primo indizio di una nuova vita proveniente dalla morte stessa (e attraverso la soglia di essa), poiché il vischio era chiamato del pari 'la pianta del freddo e gelido inverno' ed il 'ramo salutare'. Baldur era anche chiamato 'Figlio dell'Uomo'. (…) egli risorse, come era stato profetizzato dalla terza Sibilla del Volospa: 'I campi non seminati daranno il loro prodotto. Tutti i dolori saranno sanati. Baldur ritornerà' ".


Fonte: - DOC PDF - Dies-Natalis<---


[Modificato da +maranatha+ 24/12/2011 23:03]
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